la Repubblica, 25 gennaio 2018
Quei miliardi di sgravi fiscali poco «green»
Tagliamo gli sconti Irpef per il veterinario per cani e gatti?
Eliminiamo quelli per le palestre o per qualche istituzione culturale dove si registrano ridondanti sovrapposizioni? Il tema del taglio delle tax expenditure, cioè gli sconti fiscali, è aperto da anni e sul metodo che dovrà essere adottato si è venuto a formare un certo consenso: eliminare quelle piuttosto congrue di cui beneficiano pochi soggetti molto influenti in Parlamento e sfrondare quelle che danno benefici microscopici a pioggia su una gran massa di contribuenti. Ragionamenti giusti, improntati su una selezione degli sconti fiscali basata sul criterio dell’efficienza, ma se si ha la pazienza di entrare nella giungla degli incentivi e delle agevolazioni fiscali, di scavare nelle pieghe nascoste dei bilanci, ci si accorge che un altro criterio virtuoso di selezione potrebbe essere adottato per sforbiciare spese fiscali ed incentivi: quello dell’utilità o del danno ambientale.
Se ne parla poco, soprattutto in campagna elettorale, perché l’argomento è delicato e traboccante di interessi. Ma la materia, paradossalmente, è già stata squadernata: basta leggere il «Catalogo dei sussidi ambientalmente favorevoli e dei sussidi ambientalmente dannosi». Un documento che non è figlio della solita indagine di associazioni ecologiste, ma è stato redatto dal ministero dell’Ambiente nel 2016 perché lo dispone una legge dello Stato (art.68 legge 28 dicembre 2015, n.221).
In base alle cifre del rapporto ogni anno lo Stato eroga sconti fiscali e sussidi diretti a settori che hanno in qualche modo conseguenze sull’ambiente per 41 miliardi: di questi 16,1 miliardi producono danni perché favoriscono consumi e pratiche inquinanti. In buona sostanza lo Stato finanzia incentivi dannosi nella battaglia contro il cambiamento climatico.
In un Paese dove le burocrazie, e spesso anche la comunità scientifica, faticano a prendere posizioni nette, il Rapporto, firmato dal ministro Gian Luca Galletti, cataloga centinaia di incentivi e sconti fiscali e li divide in due grandi categorie: «Sad» (Sussidio ambientalmente dannoso) e «Saf» (Sussidio ambientalmente favorevole).
Quali sono i più dannosi? Ce ne sono un po’ dovunque, cumulati negli anni, ma la parte del leone la fanno trasporti, energia e agricoltura. In tutto 16,1 miliardi all’anno. E in questa lista ben 10 miliardi riguardano l’energia. In prima fila c’è l’accisa scontata sul gasolio: 4,9 miliardi per fare in modo che il diesel costi il 23 per cento in meno della benzina: un fatto talmente macroscopico che il governo stava per intervenire nell’ultima legge di Bilancio.
Circa 1,5 miliardi di sconti sono dovuti ai carburanti degli aerei, completamente esenti dall’accisa. Al terzo posto il mondo dei Tir: 1,2 miliardi dovuto al rimborso dell’accisa, che va avanti da anni, e che riserva agli autotrasportatori uno sconto del 17,2 per cento sui carburanti. Segue l’agricoltura: 830 milioni di sconto che si traducono in un risparmio del 22 per cento sul gasolio e del 49 per cento sulla benzina. Poi ci sono i sussidi sulle quote di emissione: sono gratis per gli impianti industriali sottoposti all’Ets (Emissions trading scheme).
Nella lista anche l’esenzione dall’accisa per gli appartamenti che consumano meno di 3Kw mensili e che costano alla Stato 634 milioni all’anno. Infine lo sconto per le navi: il bunker fuel che contiene zolfo è esente dall’accisa. Si può rimediare?
Il rapporto dell’Asvis, l’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile, redatto sotto la supervisione di Enrico Giovannini, già presidente dell’Istat e già ministro del Lavoro, fornisce dei suggerimenti. Il primo è quello di rendere obbligatoria la verifica dell’impatto ambientale sui sussidi; eliminare le aliquote agevolate dell’Iva sui beni ad alto impatto ambientale, dai fertilizzanti azotati ai combustibili per la produzione di energia; rivedere le esenzioni dall’accisa sull’energia elettrica basata su combustibili fossili e sul gas.
Forse tutto non si potrà fare, ma imboccare questa strada farebbe bene all’ambiente e alle casse dello Stato.