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 2018  gennaio 25 Giovedì calendario

Caso Regeni, l’inchiesta

Caro Direttore, 
a distanza di due anni dal sequestro, al Cairo, di Giulio Regeni, una breve riflessione su alcuni aspetti dell’indagine. 
La cooperazione
La circostanza che i tragici fatti siano avvenuti in Egitto ha avuto come naturale conseguenza il fatto che spetti, innanzitutto, alle autorità di quel Paese il diritto, ma anche il dovere, di svolgere le indagini. Noi – magistrati e polizia giudiziaria italiani – possiamo solo collaborare e supportare le attività degli inquirenti egiziani, anche con proposte e sollecitazioni; non possiamo, invece, immaginare di raccogliere fuori dall’Egitto elementi decisivi per la individuazione dei responsabili.
La collaborazione con i colleghi egiziani è un unicum nell’esperienza della cooperazione giudiziaria. Per la prima volta, credo, un Procuratore Generale di un altro Paese è venuto in Italia, pur in assenza di trattati, per condividere i risultati delle sue attività d’indagine e noi siamo andati al Cairo con lo stesso scopo: in tutto ben sette incontri. E di questo devo ringraziare, anche pubblicamente, il Procuratore Nabeel A. Sadek.
Quando, come in questo caso, non esistono accordi e convenzioni internazionali, una cooperazione giudiziaria così impegnativa e complessa può avvenire solo se parallelamente viene attivata una concreta collaborazione tra i due governi. Senza dubbio, su questo ha giocato un ruolo fondamentale la spinta della opinione pubblica, anche internazionale.
Le indagini
Nella nostra attività di magistrati, siamo chiamati ad agire nel rispetto di determinati criteri e modalità, nonché sulla base della nostra consolidata cultura giuridica; non sempre è stato facile entrare nella mentalità del mondo arabo e misurarci con un ordinamento giuridico dalle regole processuali e prassi investigative del tutto differenti. Solo per fare un esempio, per non spezzare il filo della collaborazione abbiamo dovuto prendere atto dell’impossibilità giuridica di essere presenti quando i colleghi del Cairo ascoltano i testimoni. 
In altre occasioni gli ostacoli sono stati, almeno in parte, superati. Anche qui un esempio: avevamo chiesto subito che ci venissero consegnati i dati del traffico di cella di alcune zone del Cairo nelle date cruciali del 25 gennaio e del 3 febbraio 2016 (la scomparsa di Giulio e il ritrovamento del corpo), ma la normativa egiziana non lo consente. Il problema è stato in parte risolto con la consegna della relazione dei loro consulenti, anche se è pacifico che ottenere i dati grezzi e analizzarli direttamente, sarebbe stato per noi ben diverso.
Tra tutte queste difficoltà oggettive, abbiamo comunque lavorato e – credo di poter dire – raggiunto risultati concreti, dapprima per evitare che le indagini finissero su binari sbagliati (come un’inesistente attività di spionaggio da parte di Giulio, o la responsabilità di una banda di criminali comuni) e, successivamente, per fissare alcuni punti fermi nel cui quadro dovranno inserirsi i prossimi approfondimenti sull’omicidio. Innanzitutto il movente, pacificamente da ricondurre alle attività di ricerca effettuate da Giulio nei mesi di permanenza al Cairo; è inoltre emerso con chiarezza il ruolo di alcune tra le persone che Giulio ha conosciuto nel corso di tali ricerche, persone che lo hanno tradito. Ed è stata anche messa a fuoco l’azione degli apparati pubblici egiziani che già nei mesi precedenti avevano concentrato su Giulio la loro attenzione, con modalità sempre più stringenti, fino al 25 gennaio. 
Si tratta di punti fondamentali per proseguire l’inchiesta e – soprattutto – di un approdo condiviso con i colleghi egiziani. Un risultato che due anni fa non era per nulla scontato poter raggiungere. Non intendiamo fermarci a questo, è ovvio. Anche se restiamo ben consapevoli della estrema difficoltà di questa indagine. Ancora un esempio, per meglio comprendere gli ostacoli superati e quelli ancora da affrontare. A dicembre, durante l’ultimo incontro al Cairo, abbiamo voluto condividere con i colleghi egiziani l’informativa, contenente la ricostruzione minuziosa di tutti gli elementi probatori raccolti sino a quel momento, stilata da Ros e Sco, che in questi due anni – va detto – hanno svolto un lavoro eccezionale per il quale meritano la nostra gratitudine.
In una indagine ordinaria, sulla base dell’informativa depositata la Procura avrebbe potuto già trarre alcune, seppur parziali conclusioni. Invece, la collaborazione tra i due uffici impone un percorso più lento e faticoso: condividere l’informativa, dare il tempo ai colleghi di studiarla e, quindi, valutare assieme a loro le successive attività da compiere. Un iter complesso, basato sul reciproco spirito di collaborazione. Un metodo che non può avere la speditezza che tutti noi desidereremmo. Ma è l’unico possibile. Qualunque fuga in avanti da parte nostra si trasformerebbe in un boomerang in grado di vanificare quanto fin qui con fatica costruito.
Cambridge
Vi è poi da sottolineare come, dato che il movente dell’omicidio va ricondotto esclusivamente alle attività di ricerca di Giulio, è importante la ricostruzione dei motivi che lo hanno spinto ad andare al Cairo e l’individuazione delle persone con cui ha avuto contatti sia nel mondo accademico, sia negli ambienti sindacali egiziani. Per questo le evidenti contraddizioni tra le dichiarazioni acquisite nell’ambito universitario e quanto emerso dalla corrispondenza intrattenuta da Giulio (recuperata in Italia dal suo computer) hanno imposto di effettuare accertamenti anche nel Regno Unito, resi possibili dalla efficace collaborazione delle Autorità d’Oltremanica. I risultati di tali attività – anche di perquisizione e sequestro di materiale – a un primo esame sembrano utili e sono allo studio dei nostri investigatori. 
La famiglia
Nel corso di questi 24 mesi, abbiamo incontrato molte volte i signori Regeni. Siamo rimasti impressionati dalla dignità con cui questi genitori hanno affrontato la tragedia e dal loro incessante impegno nella ricerca di verità e giustizia. Da parte nostra possiamo assicurare che proseguiremo con il massimo impegno nel fare tutto quanto sarà necessario e utile affinché siano assicurati alla giustizia i responsabili del sequestro, delle torture e dell’omicidio di Giulio.
Procuratore della Repubblica di Roma