il Fatto Quotidiano, 25 gennaio 2018
Indagati&Impuniti Spa
Visto che criticare una sentenza, specie se ci sono di mezzo il Fatto e la trattativa Stato-mafia, costa 150 mila euro (per fortuna solo in primo grado: confidiamo nell’appello), misurerò bene le parole. Anzi premetto che tutti i giudici penali, civili e contabili sono giustissimi, bravissimi, indipendentissimi, onestissimi, insensibilissimi al clima politico, dunque pressoché infallibili, al punto che non si vede perché perder tempo e denaro con tre gradi di giudizio. Però c’è un “ma” grosso così, che sottoponiamo ai candidati alle elezioni perché, volendo, riempiano eventuali vuoti normativi. Sempre più spesso escono sentenze così bizzarre da richiamare non tanto il principio costituzionale “La legge è uguale per tutti”, quanto il detto romano “Gira e rigira, er cetriolo va sempre ’nculo all’ortolano” e il celebre “E io pago!” di Totò. L’ultima è il colpo di spugna sull’insider trading di Renzi&De Benedetti, nemmeno indagati a Roma. La penultima l’ha raccontata il nostro Iurillo: l’archiviazione a S. Maria Capua Vetere dell’inchiesta sulla deputata Pd Camilla Sgambato e sull’ex segretario Pd casertano Raffaele Vitale. I due erano finiti indagati dopo l’arresto dell’ex sindaco dem Biagio Di Muro, per avere raccomandato una signora a un concorso pubblico. La donna, G.D.S., compilò la sua domanda, ma – come disse il presidente della commissione giudicatrice, intercettato – “si era reso necessario consigliarle di farsi sponsorizzare politicamente”.
Lei andò a botta sicura: “Avrebbe attivato – scrive il pm nella richiesta di archiviazione – il segretario Pd Vitale, che a sua volta avrebbe attivato Sgambato, che avrebbe segnalato il suo nominativo all’allora sindaco Di Muro”. Gli interessati ovviamente negano, ma il pm non crede alle loro versioni (sono indagati e possono mentire): “Le complessive acquisizioni investigative impongono di ritenere che Vitale, tra l’altro legato da rapporto anche amicale con Pasquale Stellato (figlio della Sgambato e segretario nazionale dei Giovani dem, ndr), e la Sgambato si siano interessati o siano stati interessati per la vicenda D.S.”. Purtroppo però non si sa “in termini certi il tipo di intervento che Vitale e Sgambato ponevano in essere”. E qui parte una sottile distinzione fra spintarelle lecite e illecite. Le lecite sono quelle “politiche” dei papaveri Pd che intervennero “affinché si valorizzasse il profilo professionale della candidata (capacità, preparazione, competenza)”. Le illegali sono invece quelle con la “richiesta di trovare la soluzione affinché con modalità illecite la selezione venisse alterata per favorire la loro segnalata”.
Quindi, par di capire, per raccomandare lecitamente uno e fargli saltare la fila dei non raccomandati più bravi di lui, occorre l’astuzia “politica” di non chiedere “modalità illecite”: basta dire di promuovere Tizia o Caio. Sarà poi la commissione ad avvertire il candidato a trovarsi un santo in Paradiso. Lecitamente, si capisce. In questo caso non si può neppure parlare di raccomandazione: solo di “segnalazione politica” che, “pur rappresentando una condotta censurabile sotto il profilo dell’etica morale/politica, non può assumere penale rilevanza”. E così vissero tutti felici e contenti: i politici che hanno chiesto il favore, i commissari che l’hanno fatto, la tipa che l’ha ricevuto e i magistrati che non verranno tacciati di giustizia a orologeria (hanno solo archiviato 40 giorni dopo l’interrogatorio della deputata, giusto in tempo per consentirle di ricandidarsi intonsa). E pazienza per i poveri ortolani che, non avendo santi Pd in paradiso democratici, sono rimasti disoccupati. La sentenza fa il paio con quella che ha assolto Clemente Mastella e la sua signora perché non c’è prova che abbiano estorto nomine di fedelissimi al governatore Bassolino e al manager di un ospedale. Però partecipavano alla “illecita lottizzazione degli incarichi tra i partiti sulla quale si fondavano gli equilibri interni alla maggioranza” della giunta Bassolino. Avete letto bene: “illecita”. Come si può assolvere chi fa cose “illecite”? In Italia si può: quelle nomine furono chieste contro i “criteri di merito” e “in violazione del principio di buon andamento ed imparzialità della PA sancito dall’art.97 della Costituzione”, ma “il fatto (accertato, ndr) non costituisce reato”. Illecito, ma lecito. Non è meraviglioso?
Terza perla: la Corte dei conti del Lazio ha archiviato l’indagine su politici, dirigenti e funzionari sulle opere costosissime e incompiute per i Mondiali di Nuoto del 2009 a Roma, tipo la cittadella dello sport di Tor Vergata con le “vele” di Calatrava (capolavoro di Caltagirone costato 608 milioni contro i 323 preventivati, dopo “ben sei atti aggiuntivi”). Il pm contabile, archiviando, descrive “una classe politica tesa a inseguire progetti faraonici senza predisporre adeguate coperture finanziarie e senza tenere conto delle reali possibilità di rispettare un cronoprogramma in linea con gli obiettivi”. Una combriccola di amministratori, dirigenti e costruttori affetti da “una grave incapacità programmatoria e gestoria sia sotto il profilo politico che tecnico”. Una “compagine amministrativa incapace di rispettare le regole della concorrenza e della buona gestione, prona ai desiderata del politico di turno e del mondo imprenditoriale con cui si confronta e ai cui interessi risulta spesso asservito”. Un perfetto ritratto della banda del buco spazzata via due anni fa dagli elettori romani, che ancora piagnucola per la perdita della mangiatoia olimpica del 2024. Ora però questi incapaci&impuniti potrebbero almeno smettere di dare lezioni di competenza e legalità a chi non riuscirebbe a fare i loro danni neppure se vivesse cento vite: accendano un cero a Santa Giustizia e riposino in pace.