La Stampa, 25 gennaio 2018
I 70 anni di Baryshnikov: la stella brilla ancora
Una giornata intera a spiare da un palco del Teatro Petruzzelli di Bari. A seguire di nascosto il passo a due da Giselle con Michail Baryshnikov e Alessandra Ferri per il film Dancers di Herbert Ross. Era un mattino di ottobre del 1986 e Misha era nervoso «perché il salto non gli riesce come al solito», spiegava la sua assistente. Al pomeriggio, invece, salti prodigiosi e buon umore. Il giorno successivo, il ballerino, 38 anni, nel massimo splendore della forma, diceva a La Stampa: «Presto lascerò la danza classica, sono vecchio, dirigerò l’American Ballet Theatre, farò più film. Voglio stare di più con la mia famiglia».
Trentadue anni dopo, mentre sta per compiere 70 anni (sabato 27), Misha non si è ancora ritirato dalle scene: ora però recita le poesie del premio Nobel Josif Brodsky, suo compagno di emigrazione a New York negli Anni 70: entrambi avevano lasciato Pietroburgo in circostanze drammatiche. Il recital Brodsky/Baryshnikov è in programma a luglio a Venezia, sarà alla Fenice dal 13 al 15.
È il punto di arrivo di un percorso in cui Baryshnikov è sempre stato fedele al suo ideale di perfezione: non è mai uscito in scena se non conscio di poter dare il massimo. Dal 1974, anno in cui decideva di lasciare la sua compagnia, il Mariinskij, per restare in America, ha attraversato come una stella di prima grandezza il firmamento del balletto, del cinema, di Broadway. Ha mostrato agli americani che cos’è la danza accademica coniugando l’esecuzione dei passi più virtuosistici con l’eleganza e l’agilità. Apollineo e sexy, idolo di ragazzine e giovanotti.
In quel 1986 i memorabili exploit in Don Chisciotte o Giselle stavano per finire. Misha intendeva mettere in valore la danza americana del 900 con il White Oak Dance Project: i grandi di ieri da riscoprire e i giovani da lanciare. È stata una seconda stagione di successi: il divo ha voluto rendere all’America in termini artistici di quello che aveva ricevuto.
Con platee ancora pienissime e osannanti e signore che si chiedevano «Ma perché non fa il classico?» come è successo al Regio di Torino un po’ di anni fa. Il cinema ha scoperto presto la sua capacità di occupare da padrone lo schermo. Ecco Due vite e una svolta e poi Il sole a mezzanotte. In tv con il suo accento russo ha avuto buon gioco a prestare il volto al personaggio di Aleksandr Petrovsky in Sex and the City. In teatro arriva con La metamorfosi, da Kafka, e In Parigi, dove impersonava un emigrato russo negli Anni 30. Poi le collaborazioni con Bob Wilson. Ultima, Letter to a Man: la sua voce che recita brani dei diari di Nijinsky mentre sta per sprofondare nella follia, vale tutto lo spettacolo. Il ritorno alle origini continua. Un anno fa la richiesta di cittadinanza lettone (di famiglia russa, è nato a Riga), ora lo show su Brodsky, con cui strinse una profonda amicizia, tanto che il poeta gli dedicò la poesia Michail Baryshnikov, che inizia così: «Il balletto classico è un castello di bellezza».