Il Sole 24 Ore, 25 gennaio 2018
Polonia rischio maggiore dopo Brexit per l’Europa
Si teme Brexit, ovviamente; ma anche la Polonia e i suoi rapporti con l’Unione europea. Poco sentiti, invece, e in modo equivalente, i rischi emergenti dalle elezioni italiane e dal confronto tra la Catalogna e il governo spagnolo. La platea di operatori convenuti a Parigi alla Conferenza sul rischio Paese di Coface ha idee piuttosto nette sulla distribuzione dei rischi in Europa.
In un sondaggio – dal valore ovviamente non rigorosamente statistico – realizzato durante i lavori della conferenza, l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione è considerata il rischio maggiore dal 68% delle persone, mentre il 16% indica le tensioni tra Polonia e Ue. Solo il 5% indica, in alternativa tra loro, la situazione spagnola e il voto italiano, che non preoccupano davvero neanche Coface, che tende a non enfatizzare troppo il peso del populismo. Il panorama politico frammentato (insieme, tra l’altro, alle disparità regionali, ma non le difficoltà delle banche, dove pure «i rischi non sono esclusi») restano tra i punti deboli del nostro Paese, ma la società di assicurazione crediti ha confermato a “moderato” (A3) il rischio paese e ad A2 la valutazione delle condizioni per le imprese.
A preoccupare davvero Coface su scala globale- ha spiegato Xavier Durand, il direttore generale – il rischio geopolitico e quello relativo all’indebitamento.
Violenza e debiti
Il primo riguarda in particolare i conflitti, raddoppiati negli ultimi anni, e gli attentati terroristici, trplicati. Il debito delle imprese private, tanto, è salito del 50% in dieci anni e ora la politica monetaria, ha aggiunto Durand, «ha uno spazio di manovra fortemente ridotto». Proprio in Francia, ha aggiunto il capo economista Julien Marcilly, il livello del debito delle imprese non finanziarie continua a salire e si avvia verso quota 140%, mentre negli altri Paesi europei e negli Usa viaggia al di sotto del 100% (al di sotto dell’80% in Italia e al di sotto del 60% in Germania). Un problema, questo, che è stato sollevato nel suo incontro a Versailles con i manager dei grandi gruppi anche dal presidente Emmanuel Macron, con l’obiettivo di attirare capitali esteri. Per Coface, in ogni caso, il rischio creditizio più elevato – almeno su fronte bancario – resta quello della Cina, che a inizio 2017 è stata declassata a B da A4 (nel 2015 era a quota A3)
Protezionismo, solo retorica
Meno importante sembra essere il rischio del protezionismo e non certo nel senso che una politica economica in questo senso non potrebbe avere effetti negativi sulla crescita. Il punto è che c’è ancora una certa distanza tra le parole e i fatti. Se è vero che negli Stati Uniti il numero delle iniziative politiche a sfavore del commercio internazionale è aumentato nel 2017 a 105, dai 59 del 2016 e gli 81 del 2015 – l’effetto Trump si è sentito... – nel resto del mondo è calato da 394 di tre anni fa a 315 del 2016 e a 178 dell’anno scorso. In totale si sono quindi contate 283 iniziative “protezionistiche” nel mondo l’anno scorso contro le 374 di due anni fa. Senza contare che, in base ai dati forniti da Coface, si può calcolare che dal 2009 al 2017 si è assistito a 139 iniziative anti-commercio l’anno negli Usa (143 l’anno durante la presidenza Obama), e 352 nel resto del mondo (491 globalmente). Il vento protezionista prende forza sul piano retorico, ma non ancora su quello delle concrete politiche. Lo stesso Trump, a sorpresa e malgrado tutto, è sotto la media. La conseguenza è che le previsioni di crescita del commercio mondiale di Coface per il 2018 sono pari al 3,7%, in moderata – ma non irrilevante – flessione dal 4,4% (stimato provvisoriamente) del 2017. Non moltissimo – la media 2002-2007 è stata del 7% annuo – ma comunque molto più dell’1,5% del 2016.
Rischi in Iran e Arabia Saudita
Sul piano strettamente politico, i veri temi caldi, secondo Coface, sono i tumulti in Iran (l’indice di rischio è al 71%, in Libano (65%), in Russia (64%), e in Algeria, in Brasile e in Messico (61%). La situazione in Arabia Saudita (indice salito al 65%) a causa della volatilità dei prezzi del petrolio ha portato Coface ad alzare il livello di rischio a C (alto), da B(abbastanza elevato). Migliora invece la Grecia (da C a B), la Corea de Sud (ad A2), l’Olanda (ad A1, il livello più basso), Singapore (ad A2) e anche l’Ucraina (a C da D).
Tra i settori, invece, migliorano posizioni 18 comparti, tra cui la metallurgia (i cui rischi passano a “elevati” da “molto elevati” in Italia) e l’industria automobilistica, in controcorrente solo in Gran Bretagna, a causa di Brexit.