il Giornale, 24 gennaio 2018
Le «magnifiche 7» del Forum di Davos: buone soluzioni anche senza machismo
«Anche senza testosterone, noi possiamo produrre energia positiva e costruttiva per arrivare a delle soluzioni». Assomiglia molto a uno slogan femminista l’affermazione fatta ieri a Davos dalla co-presidente (insieme ad altre sei donne illustri: la premier norvegese Erna Solberg, l’amministratore delegato della Ibm Ginni Rometty, la direttrice del Cern Fabiola Gianotti, la numero uno della società energetica francese Engie, Isabelle Kocher, l’attivista indiana pro imprenditrici Chetna Sinha e il segretario generale della confederazione mondiale dei sindacati Sharan Burrow) del Forum Economico Mondiale, la direttrice del Fondo Monetario Internazionale Christine Lagarde.
Del resto, la scelta di affidare la presidenza collettiva di uno degli eventi tradizionalmente più maschili del mondo a un gruppo di sette donne autorizza a prese di posizione di sfida. Così, a Davos, si dibatterà anche di molestie sessuali, riservando un ruolo di rilievo al movimento MeToo, più che mai sulla cresta dell’onda nonostante siano numerose e altrettanto famose le donne che ne prendono le distanze giudicandolo una manifestazione di bacchettonismo 2.0: al centinaio di celebrità che avevano sottoscritto la denuncia delle attrici francesi Catherine Deneuve e Brigitte Bardot si è unita ieri la moglie del regista Roman Polanski, Emmanuel Seigner, che difende il marito (accusato di una violenza sessuale messa in atto quarant’anni fa) sostenendo che «le donne sono forti e possono dire no». Anche LaetitIa Casta ha fatto appello a «non demonizzare gli uomini».
Facile prevedere che l’imminente arrivo in Svizzera del presidente americano Donald Trump, il cui curriculum sembra fatto apposta per irritare le femministe, potrà creare qualche «incomprensione». Non mancherà chi noterà che nella delegazione americana, composta da 12 persone, le donne sono solo due.
Altro tema caldeggiato dalla presidenza collettiva al femminile è quello (più direttamente attinente all’economia) delle barriere che ostacolano la partecipazione delle donne al lavoro. La premier norvegese Solberg, che guida un governo «politicamente scorretto» di centrodestra, ha invitato ad «andare oltre il dibattito globale sulle molestie» per concentrarsi appunto sulle iniquità ai danni delle lavoratrici «che sono ancora grandi in molte società».
A dispetto delle orgogliose affermazioni di Christine Lagarde sulla rinunciabilità del testosterone per prendere decisioni positive, la presenza femminile al Forum di Davos è anche quest’anno nettamente minoritaria: supera di poco il 20 per cento del totale dei partecipanti. La composizione della delegazione attesa dagli Stati Uniti è un esempio di questa realtà, ma non è certo il solo.