la Repubblica, 24 gennaio 2018
L’amaca
Un vero e proprio classico del “vecchio” giornalismo era il soggiorno a scrocco (o il ristorante a scrocco) in cambio di una recensione compiacente, o di un articolo benevolente. C’erano poi – ci sono ancora – i corretti e gli integerrimi: ma la pratica del “giornalismo di scambio” è antica come la carta stampata. Ora fa sorridere che una giovanissima influencer irlandese sia stata messa alla porta da un albergo di Dublino perché pretendeva una stanza gratis in cambio della sua preziosa presenza, da corredare con un paio di scatti promozionali sul suo blog. Il direttore dell’albergo (che vorrei invitare a cena per congratularmi, scelga lui la città e il locale, pago io) non solo l’ha messa cortesemente alla porta, ma ha dichiarato indesiderabile la categoria dei blogger in generale: per recidere alle radici l’equivoco rapporto, evidentemente molto diffuso, tra pubblicità on line, magari non richiesta, e soggiorno a scrocco.
Chissà se la ragazza ha coscienza della decrepitezza del suo comportamento, che la assimila a predecessori quasi coevi di Gutenberg, gastronomi gottosi che si rimpinzavano a gratis in cambio dei “mi piace” dell’epoca, croniste della moda ben felici di lodare soprattutto le collezioni già presenti nei loro armadi. È proprio vero che la tecnologia cambia, e di molto, le nostre vite, ma a cambiare la nostra coscienza dobbiamo pensarci da soli.