Il Sole 24 Ore, 24 gennaio 2018
La rivoluzione blockchain investe le materie prime
Bitcoin concorrente dell’oro? In realtà è più probabile che finisca col rafforzarne la domanda, sia pure indirettamente, grazie alla diffusione della blockchain. La tecnologia, nata con le criptovalute, si sta facendo strada rapidamente nel settore delle materie prime: un settore in cui regnano incontrastate le valute tradizionali, a cominciare dal dollaro, ma in cui è sempre più sentita l’esigenza di tracciare e semplificare gli scambi, rendendoli più sicuri e più economici.
La blockchain è l’uovo di colombo. Funziona infatti come un immenso registro elettronico, in cui – senza il rischio di manipolazioni e tagliando i costi di intermediazione – si possono conservare e consultare un’infinità di informazioni, di tipo contrattuale e non solo.
L’ultima a scendere in campo per adottare la tecnologia è stata la London Bullion Market Association (Lbma). L’organismo che supervisiona il mercato londinese dell’oro fisico – una piazza con scambi per oltre 5mila miliardi di dollari all’anno – cerca proposte per sviluppare una blockchain in grado di certificare la tracciabilità del metallo, dalla miniera fino ai caveaux della City, in modo da evitare frodi e riciclaggio, ma anche per rassicurare gli investitori sul fatto che i lingotti non sono «insanguinati», ossia non sono serviti a finanziare guerre o terrorismo.
Anche il World Gold Council (Wgc), che rappresenta le società aurifere, si starebbe muovendo verso la blockchain, ma con uno scopo diverso: secondo indiscrezioni raccolte dalla Reuters potrebbe utilizzarla per promuovere la diffusione delle kilobar, barre da un 1 kg di oro comunemente accettate in Asia, ma non in Occidente, dove prevale il London Good Delivery Standard. La tracciabilità digitale delle kilobar –con dati certificati sull’origine e sulle caratteristiche – potrebbe favorirne l’accettazione come collaterale, contribuendo forse anche a rafforzare la domanda di oro.
Pochi giorni fa era stata De Beers ad individuare nella blockchain un sistema per contrastare la diffusione dei diamanti insanguinati, tanto più utile in un momento in cui il Kiberley Process si sta indebolendo (un’altra ong, Impact, ha appena abbandonato l’accordo, in polemica con la presunta inadeguatezza a garantire sulla provenienza delle gemme). Il ceo di De Beers, Bruce Cleaver, parla con entusiasmo della blockchain, che consente di custodire i dati in modo efficace e sicuro, su un network di computer: «È un enorme registro pubblico, immutabile come nient’altro al mondo. Ed è molto più resistente agli hacker rispetto ai sistemi basati su un singolo server».
Le stesse caratteristiche – insieme alla possibilità di tagliare i costi e ridurre i tempi delle transazioni – hanno convinto anche molte altre società nell’arena delle commodities.
Lunedì la società di trading Louis Dreyfus Corp. ha annunciato la prima transazione al mondo eseguita con blockchain nel settore dei prodotti agricoli: il test, effettuato con Ing, Société Générale e Abn Amro, ha riguardato 60mila tonnellate di soia «made in Usa» vendute alla cinese Shandong Bohi Industry.
Contratti, lettere di credito, certificati fitosanitari: tutta la “carta” viene eliminata nel nuovo mondo delle transazioni in stile Bitcoin. E ogni fase del processo può essere monitorato con facilità, riducendo la possibilità di contenziosi.
Nel settore dell’energia ci sono già esperienze ben collaudate, con le società italiane in prima linea. Enel con la tedesca E.On ha effettuato il primo scambio di elettricità via blockchain, con Enerchain, piattaforma sviluppata da Ponton e finanziata da una ventina di utilities europee.
Eni, con Bp e l’austriaca Wien Energie, è coinvolta fin dalla fase pilota di sperimentazione della piattaforma Interbit di Btl, impiegata per scambi di gas sul mercato europeo. Ora la compagnia italiana l’ha affiancata a ai sistemi di trading tradizionali, con l’obiettivo di impiegarla anche per petrolio e derivati. Nel frattempo l’iniziativa, ribattezzata OneOffice, si è allargata ad altre società, tra cui Total, Gazprom e Mercuria (che è stata la prima, circa un anno fa, a scambiare un carico di greggio con blockchain).
.@SissiBellomo