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 2018  gennaio 24 Mercoledì calendario

L’obbligo di intervenire sul debito

L’elevato rapporto debito pubblico/Pil che si è ormai attestato al di sopra del 130%, limita le nostre prospettive di crescita di lungo periodo e la nostra credibilità nell’euro area. La finestra, aperta dalla ripresa europea e dalla propensione del possibile governo tedesco di grande coalizione a sostenere uno sviluppo equilibrato nell’ambito dell’unione monetaria, offre all’Italia un’occasione imperdibile per avviare un percorso di graduale ma credibile riduzione. Innalzando il Pil e favorendo meccanismi di stabilizzazione, tale finestra permette di attuare gli aggiustamenti del bilancio pubblico senza interventi che sarebbero socialmente insostenibili. Le regole europee tracciano la strada più diretta, grazie alla quale il debito pubblico può essere messo in sicurezza. Si tratta di accumulare avanzi annuali del bilancio pubblico, al netto degli oneri per interessi, pari a circa il 4% del Pil nell’arco di almeno dieci anni. Ciò consentirebbe di ridurre il rapporto debito pubblico/Pil al di sotto del 100% e di rendere raggiungibile la soglia europea del 60%. Questa successione di avanzi primari non è, però, agevole da realizzare perché richiede tagli di spesa pubblica o aumenti di entrate fiscali mai realizzati con continuità in Italia. Detto in altri termini, per soddisfare la regola europea del debito pubblico, si dovrebbero imporre vincoli di bilancio più severi di quelli richiesti. Il rafforzamento dei compiti di stabilizzazione, che alcune istituzioni europee intendono attribuire all’Esm, il meccanismo europeo di stabilità, permette tuttavia di raggiungere risultati analoghi in circa 12 anni mediante aggiustamenti più contenuti. Il nucleo della proposta, formulata assieme a Bastasin e Toniolo alla Luiss (Il debito pubblico italiano: una proposta, www.sep.it), poggia su due elementi: la creazione di un fondo patrimoniale nazionale, costituito da attività vendibili del patrimonio pubblico; la copertura da parte dell’Esm delle differenze annuali fra l’aggiustamento del bilancio italiano, che sarebbe richiesto dalla regola europea del debito, e l’aggiustamento imposto dalla meno severa regola del deficit, che è effettivamente realizzato. Tale copertura annuale da parte dell’Esm non si configura come un finanziamento, che peserebbe sul debito pubblico italiano, bensì come un acquisto (temporaneo) delle quote del nostro fondo patrimoniale. In questo modo l’Italia diventerebbe in grado di ridurre il proprio rapporto debito pubblico/Pil al di sotto del 100% in un decennio; e, alla fine dei dodici anni di accordo con l’Esm, di spingere tale rapporto al di sotto del 90%. Nella nostra proposta si prevedono sanzioni per l’Italia, nel caso in cui non fossero rispettate ogni anno le meno severe regole europee o venissero sollecitate applicazioni flessibili. Una volta raggiunta la soglia del 90%, una parte del patrimonio pubblico italiano sarebbe di proprietà dell’Esm. Noi assumiamo che l’Esm voglia rivendere le sue quote del fondo patrimoniale e che l’Italia sia tenuta a riacquistarle. Dato l’ormai realizzato percorso virtuoso di aggiustamento del deficit, sarebbe agevole graduare tali riacquisti in modo da renderli compatibili con un’ulteriore discesa del rapporto debito pubblico/Pil verso la soglia del 60%. È invece più difficile valutare la praticabilità del nostro schema alla luce dei programmi elettorali dei partiti.