Corriere della Sera, 24 gennaio 2018
Le due sorelle del Minnesota, unite dal ghiaccio (e dal caso) ma divise dalle Olimpiadi
PECHINO Cognome Brandt, nome Marissa (la sudcoreana), Hannah (l’americana). Unite dal caso: Marissa, bimba nata da qualche parte in Corea, fu adottata da Greg e Robin Brandt del Minnesota quando aveva cinque mesi, nel maggio 1993. Due settimane dopo aver completato le pratiche di adozione, la signora Brandt scoprì di essere incinta di Hannah, che nacque a novembre del 1993. Due figlie, mentre avevano temuto di non averne nessuna. Una con i lineamenti asiatici, l’altra biondissima. Tutte e due americanissime del Minnesota, uno stato spesso coperto di neve dove gli sport invernali sono quasi religione. Ma anche la Corea a freddo non scherza: ai Giochi di Pyeongchang è prevista una media di 14 sotto zero.
Inconvenienti familiari? Nessuno, ma tanto divertimento quando ad Hannah fu detto che la sorellina era nata in cielo, beh, su un aereo a 10 mila metri d’altezza sul Pacifico, un modo un po’ fiabesco per farle capire che veniva da un’altra parte del mondo e per questo non le assomigliava tanto... Hannah, ricorda il papà ora, fu eccitatissima e continuò per anni a ripetere che avrebbe voluto essere lei la fortunata a nascere su un grande aereo, invece che in una clinica del Minnesota.
Cresciute insieme, inseparabili. Separate dall’hockey su ghiaccio: Hannah è attaccante di Team USA, la fortissima nazionale americana in partenza per le Olimpiadi. Marissa fa parte della pattuglia di ragazze di origine coreana ma nazionalità straniera reclutate da Seul. Così tre anni fa Marissa ha fatto al contrario il viaggio, Minnesota-Seul, è diventata cittadina della Repubblica di Corea e ora si prepara. All’inizio «esperienza terrificante, non capivo una parola, non conoscevo un solo carattere di coreano». Si è adattata, sta imparando la lingua, lei che parlava solo inglese, dice di apprezzare la cucina locale: bulgogi (manzo marinato) mandu (ravioli), il bibimbap (riso mescolato). E anche il taekwondo (sport dove ci si picchia forse meno che nell’hockey).
Un’avventura frutto di una serie di casualità: sempre inseparabili le due sorelle, ma a Marissa non piaceva giocare a hockey, preferiva il pattinaggio artistico; cambiò disciplina per seguire Hannah, che invece anche per danzare usava i pattini solidi da hockey. Dicono che Hannah è fortissima; Marissa un po’ meno, giocava per il suo college mentre la sorella era in nazionale. Poi la chiamata da Seul. Marissa è destinata a fare storia anche perché le Due Coree si mescoleranno ai Giochi nell’hockey femminile. Ha qualcosa da dire anche sulle nordcoreane che saranno aggregate alla squadra: «Le abbiamo incontrate e battute 3-0 l’anno scorso, mi sono sembrate un po’ fredde».
Un sogno? Non di vincere l’oro olimpico, impossibile, magari può farcela la squadra americana della sorella. Marissa vorrebbe però incontrare i genitori naturali e spera che la popolarità che le regalano i Giochi possa aiutarla. Sulla maglia la ex signorina Brandt, ora fornita di passaporto di Seul, avrà il suo nome coreano: Park Yoon-jung. «Perché quando ho vestito la maglia blu e ho sentito l’inno ho capito che sono coreana».