Corriere della Sera, 24 gennaio 2018
Due Americhe in Vaticano
«Si è rotto il C9». In Vaticano, le tensioni sulla pedofilia che hanno portato a una presa di distanza scritta del cardinale di Boston, Patrick O’Malley, dalle parole di Francesco in Cile, vengono analizzate al di là dell’episodio: anche perché il Papa ha cercato di chiudere una vicenda scivolosa chiedendo scusa alle vittime almeno per il termine usato. Invece di mancanza di prove, ha ammesso, «avrei dovuto parlare di evidenza» contro il vescovo di Osorno, Juan Barros, che comunque non ha rimosso. L’aspetto più sorprendente dell’intera vicenda è stata però la decisione di O’Malley di prendere carta e penna e stilare un comunicato per dissociarsi dal pontefice argentino. «È comprensibile», ha scritto, «che le parole del Papa siano fonte di grande dispiacere per le vittime di abusi sessuali da parte del clero».
Pesa il fatto che l’arcivescovo sia a capo della diocesi-simbolo dei reati di molestie negli Stati Uniti: quella da dove partì nel 2001 lo scandalo che avrebbe investito prima l’America e poi l’Europa; portato alle dimissioni del cardinale Bernard Law, e a cause miliardarie contro la Chiesa cattolica. In più, O’Malley presiede la commissione istituita da Francesco a tutela dei minori: un organismo in attesa di rinnovo che ha avuto vita tormentata, con le dimissioni dell’inglese Peter Saunders e poi di Maria Collins, due vittime di abusi. Ma questo non rende meno sconcertante quanto è accaduto.
Finisce per gettare un’ombra anche sull’evoluzione del cosiddetto C9: il Consiglio dei nove cardinali del mondo creato all’inizio del papato per delineare la geopolitica vaticana e la riforma della Curia; analizzare con Jorge Mario Bergoglio le tendenze di fondo della Chiesa; e abbozzare le soluzioni. In quattro anni e mezzo, il ruolo del C9 si è appannato. Il cardinale George Pell, australiano, è stato costretto a un congedo più o meno temporaneo per difendersi da accuse in un processo per abusi nel suo Paese. Óscar Rodríguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa in Honduras e coordinatore del Consiglio, si è dovuto difendere quando è stata diffusa la notizia che percepisce un lauto stipendio dall’università dell’Honduras. E lo statunitense O’Malley, con il suo messaggio di dissociazione, ha aperto una falla culturale: non tanto con Francesco ma sul modo di affrontare gli abusi nella Chiesa.
Si tratta di un tema che finisce per evocare una divergenza tra episcopati del Nord e del Sud America, e si riflette di nuovo all’interno del C9. Ne fa parte, infatti, anche il cardinale di Santiago del Cile, Francisco Erràzuriz Ossa. Da tempo nella cerchia papale si discute su come rinnovare il Consiglio. Il fatto che si riunisca solo quattro volte l’anno per tre giorni, mentre in realtà le riunioni sono più brevi e senza un’agenda preparata, non ne hanno favorito l’incisività. Il segretario del C9, monsignor Marcello Semeraro, redige verbali nei quali è complicato sintetizzare spunti eterogenei. E ora, una divergenza così plateale sul tema degli abusi sessuali rischia di trasformare il «Gabinetto di pace» di Bergoglio nel parafulmine delle tensioni tra episcopati.
Soprattutto, il destino incerto del C9 promette di essere additato strumentalmente dai nemici del Papa come l’emblema di riforme lasciate a metà o mal riuscite: dalla Curia alle finanze vaticane, in bilico tra veleni e involuzione. Magari sottolineando anche la partecipazione non sempre oceanica in alcune tappe dell’ultimo viaggio. A pochi sfugge che la presa di posizione di O’Malley appare il sintomo di un malessere covato silenziosamente per mesi. Sottolinea l’insoddisfazione per il modo in cui il Vaticano ha declinato la «tolleranza zero» nei confronti degli abusi sessuali: sebbene sia Francesco, sia il predecessore Benedetto XVI abbiano cercato di spezzare la cultura del segreto e la mentalità che rendono difficile la soluzione del problema.
Riemerge la difficoltà di fissare linee di comportamento valide per tutti. Il tema è troppo scivoloso e divisivo, e risente delle culture diverse nelle quali gli abusi, o presunti tali, si consumano; e delle correnti di pensiero contrastanti nella Chiesa. La scelta di O’ Malley di rendere pubblico il dissenso va inserita su questo sfondo. Arriva dopo segnali di resistenza alle scelte di Francesco, trasmessi dai vescovi statunitensi verso uno dei suoi pupilli: l’arcivescovo di Chicago e cardinale Blase Cupich. A novembre, la conferenza episcopale Usa ha bocciato Cupich come capo del comitato per le attività «pro life», preferendogli un conservatore. D’altronde, negli Usa, certi temi rimangono dirimenti. Il New York Times ieri ha attaccato frontalmente Francesco. E O’ Malley forse indovinava che le parole del Papa sarebbero state usate da chi vuole bollare la Chiesa come ambigua: accusa maligna ma sempre in agguato.