Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  gennaio 22 Lunedì calendario

«In tv ci vai se hai un amante potente». Intervista ad Anna Falchi

Fierezza scandinava e passionalità romagnola. Dai manifesti pubblicitari (molto prima di Belen), alle riviste patinate, ai film, fino al Teatro Ariston. Pur essendo per metà finlandese, Anna Falchi è un monumento all’italianità più sensuale; è la bellezza immarcescibile di un’epoca, che si rinnova in teatro e nelle tv private oggi con la grinta e la voglia di fare di sempre. La incontriamo alla fine di una stagione di successo in palcoscenico con La banda degli onesti. 
Anna, questo impegno teatrale l’ha stancata? 
«Allora, diamoci del tu. Non sopporto il lei, ti prego». 
Va bene, come preferisci. Sei stanca? 
«No, anzi. Mi sono goduta il lusso di fare teatro solo a Napoli, che oltre ad essere la città-palcoscenico per tradizione è anche il mio posto del cuore. Certo, è stato faticoso allenare la memoria: una palestra dura, ma utile. È andata molto bene: mi sono rimessa in gioco e per me è stato un ritorno emozionante. Da tanti anni non facevo più teatro pur avendone voglia, perché una bambina da crescere non è compatibile con questo lavoro». 
E la piccola Alyssa come ha preso il tuo ritorno sulle scene? 
«Bene. Abitiamo a Roma, il che mi ha permesso di fare avanti e indietro. Sono andata su per il compleanno della bambina e poi l’ho portata con me a Napoli nel ponte dell’Immacolata. Alyssa ha avuto una folgorazione per il teatro: tutte le sere veniva a vedere lo spettacolo». 
Dunque, seguirà le tue orme? 
«Se così fosse, mi dispiacerebbe». 
Ma come? 
«Punto primo: i bambini devono fare i bambini. Secondo: io non avevo il fuoco sacro da piccola. La voglia di lavorare mi è venuta per necessità. A me dispiacerebbe se Alyssa intendesse fare l’attrice, perché questo lavoro richiede un carattere particolare e non dà sicurezza; bisogna essere molto forti. Io nasco lottando e nella vita mi sono dovuta guadagnare ogni cosa fin dall’infanzia. Lei è abituata diversamente. Quando avrà l’età giusta per scegliere lo farà liberamente, ma io cercherò di dissuaderla». 
Perché dici di aver lavorato per necessità? 
«La mia famiglia aveva problemi economici: eravamo mia mamma, mio fratello ed io. Ho dovuto iniziare senza aver finito il liceo: era l’unico modo di guadagnare. Comunque, sono stata ripa-
gata subito: a diciannove anni ho avuto la fortuna di incontrare persone disposte a darmi una chance. All’epoca il mondo dello spettacolo aveva ancora una sua purezza, ma negli anni tutto è cambiato». 
Ti riferisci allo scandalo molestie? 
«Ne parlavamo ieri sera a cena, tra amici. Dopo questo polverone, le cose forse sono cambiate per sempre, ma anche le donne hanno commesso degli errori.
In alcuni casi credo siano state ascoltate le testimonianze sbagliate: registi e produttori sono stati processati nelle tv italiane senza aver subìto neanche una vera denuncia. L’abuso di potere da parte di certi uomini è innegabile, ma lo sono anche le donne condiscendenti. Purtroppo, secondo me c’è di peggio. Molto peggio». 
A cosa ti riferisci? 
«Sacerdoti e insegnanti mi spaventano davvero. Quelli che dovrebbero essere i punti di riferimento per i nostri figli (e invece si rivelano orchi) fanno orrore». 
Tra l’altro, un anno fa (in tempi non sospetti) tu già parlavi di «carriere costruite sotto le lenzuola»... 
«Per fare tv oggi ti ci vuole un potente, come manager o come amante. È una realtà sotto gli occhi di tutti, ma nessuno fa nulla. I dirigenti hanno bisogno degli agenti per costruire i palinsesti, mentre prima accadeva il contrario: è un meccanismo rotto». 
“Prima”, per esempio quando hai fatto Sanremo? 
«Sì. Pippo Baudo mi ha dato fiducia e per me è stata una bellissima esperienza». 
Anche Sanremo è cambiato da allora? 
«Non lo so. Per me Sanremo è legato a Pippo. I presentatori di oggi non hanno rapporti con le stelle internazionali, mentre Pippo chiamava Madonna ed Elton John al cellulare. Ha telefonato anche a me per l’ingaggio: proprio lui, personalmente! Un vero professionista, pratico in tutte le lingue. I suoi successori non sono così forbiti. Pippo era lo star system: la tv non è più fatta da personaggi di quella caratura». 
Anna, ma quando tu eri valletta all’Ariston in gara c’era Fiorello, l’allora tuo fidanzato. Sbaglio? 
«No, non sbagli: era il 1995». 
Credi di avergli portato bene? 
«Sinceramente, ero più concentrata su me stessa e sulla svolta che la mia carriera avrebbe avuto dopo il Festival. Ero una ragazzina, mentre Fiorello un uomo grande e già arrivato: gli esiti del Sanremo non avrebbero compromesso il suo percorso; io, invece, mi giocavo ogni cosa. In quel momento davo la priorità al lavoro». 
Una professionista tosta... 
«Ma anche appassionata. Faccio tutte le cose con dedizione, anche se non mi viene riconosciuto». 
Perché? 
«Non mi fanno rientrare nelle tv generaliste. Lavoro solo con piccole e medie imprese. Per esempio, su Telenorba dal 15 febbraio condurrò due nuovi programmi. Sono molto popolare, ma le reti nazionali non mi danno opportunità. Eppure in onda c’è gente senza uno straccio di curriculum». 
Cosa farai su Telenorba? 
«Mi occuperò di cucina in una striscia quotidiana A tavola con Anna e in un programma serale che promuoverà il territorio e i prodotti locali pugliesi, A casa con Anna». 
Mentre alla tv generalista cosa ti piacerebbe fare? 
«Mi vedrei bene a La prova del Cuoco». 
Prima hai detto che metti passione in tutto quello che fai: anche nei calendari? 
«Ho l’onore di essere stata la prima italiana, dopo molte top model straniere, a posare per il calendario di Max. Oddio, ora che ci penso: forse ho fatto un po’’ troppi calendari». 
Quanti? 
«Cinque (ride, ndr)! Non mi nascondo dietro un dito parlando di forme d’arte: non sono stata mai a letto coi potenti, ma ho sfruttato il corpo per bellezza; quando sfoglio i miei calendari oggi, mi vedo bella e sono contenta. All’epoca non c’era photoshop: bastavano una luce indovinata e un trucco professionale. I fotografi mi svegliavano alle tre del mattino per andare sul set. Bellissimo! Oggi anche nella fotografia vedo tanto appiattimento». 
Rivedi volentieri la mitica Poppea di SPQR? 
«Mi fa tanto ridere. È un personaggio romagnolo che mi somiglia molto». 
A proposito di Romagna, non posso evitare di chiederti di Fellini: si innamorò di te? 
«Non esageriamo. Avevo fatto un provino con lui a Cinecittà per uno spot pubblicitario: pioveva e lui si soffermò molto su di me; sentì il mio accento romagnolo. In più io sono mezza finlandese e la sua Anita Ekberg svedese. Rimase colpito. Lui mi disegnava durante il colloquio e quando mi richiamò a casa, facendo prendere un colpo alla mia mamma, disse di avermi sognata: “Signorina, ha dimenticato il suo ombrello”, spiegò. Voleva scherzare: in realtà mi aveva scelta per lo spot». 
Anna, l’attualità ci obbliga a un congedo dolente. 
«Oddio». 
Il tuo ex marito Stefano Ricucci è appena stato assolto e qualche giornalista sul web scrive di doverti porgere delle scuse. 
«No, guarda: sono vecchie e profonde ferite. Cose più grandi di noi. Non importano le scuse. Preferisco evitare di parlare per non sbagliare nei confronti di me stessa».