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 2018  gennaio 23 Martedì calendario

Céline non va ripubblicato, il messaggio sarebbe ancora preso a esempio

La decisione dell’editore francese Gallimard di sospendere il progetto di ripubblicazione dei pamphlet antisemiti di Louis Ferdinand Destouches, in arte Céline (Bagatelles pour un massacre, L’école des cadavres e Les Beaux Draps) è il segnale che quegli scritti fanno ancora paura. Credo che questo avvenga soprattutto in Italia. Qui, all’indomani della fine del Secondo conflitto mondiale, fu quasi del tutto assente una seria riflessione sulla Shoah. Non è inutile ricordare che Primo Levi incontrò difficoltà a pubblicare nel 1947 la prima edizione di Se questo è un uomo; qualche anno prima gli italiani si erano persuasi di non essere mai stati fascisti. Oggi, a oltre settant’anni dalla caduta di Hitler e Mussolini, mentre sul piano storiografico gli studiosi faticano a orientarsi nel labirinto delle interpretazioni su nazifascismo e antisemitismo, prodotte da una letteratura ormai sterminata, nei curricula delle nostre scuole la Storia, in particolare quella del Novecento, continua a essere di fatto una disciplina marginalizzata. Le conoscenze distorte dimostrate dallo scrittore francese nei suoi libelli, i pregiudizi, le ideologie e i modi di pensare che continuano ad alimentare il mito negativo dell’”ebreo”, non si combattono con le censure preventive.
Lorenzo Catania
 
Caro Lorenzo, le dico subito che sosterrò la decisione di Gallimard: no a Céline, per quanto grande sia lo scrittore. Ma comincio dai suoi argomenti. Nel dopoguerra, e per lungo tempo, fu quasi del tutto assente la riflessione sulla Shoah. Il grande alibi è stato a lungo il silenzio dei sopravvissuti. Benché pochissimi siano tornati, è stato più facile uscire dal campo di sterminio che dalla umiliazione radicale della spoliazione di identità. C’è voluto tempo, la necessità di allontanarsi, il coraggio enorme di affrontare la voglia dei presunti innocenti di non sapere. Il libro di Primo Levi di cui lei parla è stato rifiutato da Einaudi, editore antifascista. È una prova che l’orrore della Shoah stava per sfuggire alla Storia, tra silenzio delle vittime e rapido travestimento non solo della “zona grigia” (coloro che hanno finto di non sapere) ma anche di eminenti responsabili che, dopo la Shoah, hanno incassato cariche e onori. Non credo che gli studiosi “fatichino a orientarsi nel labirinto delle interpretazioni su nazifascismo e antisemitismo” come lei suggerisce. Risponde definitivamente Umberto Eco nel suo “Il fascismo eterno” appena pubblicato (Nave di Teseo): “Il fascismo è sempre razzista, il razzismo è sempre fascista”. È vero però che “la Storia è una disciplina molto marginalizzata”. È una delle ragioni per cui ho scritto e firmato e portato al voto la legge 211 che istituisce il “Giorno della Memoria” (27 gennaio). Serve a ben poco perché la memoria raggiunge soltanto i giusti. Ma spiega la mia risposta su Gallimard. Sì, l’editore francese ha ragione, un’onda gigantesca di razzismo sta sradicando e deformando i sentimenti e il senso umano dell’Europa e di ciò che chiamavamo Occidente. Si è arrivati al punto da dare la caccia in mare alle navi di volontari che vanno a salvare i migranti che affogano. Il razzismo si espande e diventa politica condivisa dai governi. Una vasta popolazione europea, cieca e sorda, non vuole stranieri. Preferisce lasciarli morire, bambini inclusi, proprio davanti ai nostri confini chiusi. È gente (questi nostri colleghi e connazionali) che penserebbe subito a Céline come a un leader e al profeta dell’odio per il diverso che, dovunque sia, chiunque sia, va cacciato e abbandonato.