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 2018  gennaio 23 Martedì calendario

Il popolo disperso di Sesto. L’ex rossa: «Qui la metà di noi non vota più»

SESTO SAN GIOVANNI ( MILANO) Da queste parti batte un cuore comunista. Peccato che l’ultima volta sia andato al mare, «l’ho visto con i miei occhi, un pullman bello pieno, io ho detto “ma che fate, ve ne andate?”. E loro, “sì sì, ce ne andiamo”». In altri tempi, ben altri tempi, «prima avrebbero votato, poi sarebbero partiti. Invece mi han fatto ciao». Vito Romaniello è un ex consigliere Pd di Sesto San Giovanni, e ricorda con rabbia lo scrutinio delle schede, «vedevo il mucchietto degli avversari salire, le nostre restare lì». Una sberla difficile da dimenticare. Dopo 72 anni di giunte Pci, Pds e Pd, ora ha un sindaco Di Stefano, Forza Italia, che ha già cancellato il progetto moschea, disdetto le convenzioni con le associazioni gay friendly, dedicato una strada a Craxi. In più, ha un assessore leghista alla Sicurezza che crede sinceramente negli Ufo perché «gli avvistamenti sono robe certe e serie».
Perciò a Sesto sono tutti nervosi, man mano che passano via le giornate di nebbia e si intravvede l’arrivo di marzo, la parola “astensionismo” fa venire i brividi e pure la febbre. Sesto ha 82mila abitanti e 59mila elettori. Da sempre l’affluenza è stata all’85 per cento, e persino 86,5 alle politiche 2006. A quelle del 2008 si è cominciato a scendere: 82,2.
Nel 2013, 77,5. E alle ultime amministrative si è scivolati al 50,9, cioè solo 31.230 cittadini sono andati a votare. Il Pd è al 20 per cento e ha 233 iscritti, niente se si pensa alle 16mila tessere Pci degli anni Cinquanta. Perciò capita di assistere a dialoghi pulp, tipo «perché non vuoi votare? Devi farlo». «Ma no, chissenefrega. Anzi vado e voto i cinque stelle».
«Ricordati che tuo padre lavorava alla Breda. Vuoi che vadano su i fascisti? Sei diventata fascista anche tu?». E giù discussioni e parolacce, in una città dove ciascuno, nella tormentata generazione di mezzo dei cinquantenni, è figlio prima di tutto di una fabbrica: Falck, Magneti Marelli, Breda, Osva, Gabbioneta, Spadaccini, Balconi, Attilio Franco, Ercole Marelli.
Molto acciaio, migliaia di operai, sotto un cielo nero di scarichi, vero smog come a Manchester e Londra quando ancora si usava il carbone.
P.P. chiede l’anonimato, come se fosse il testimone di un omicidio (e qualcosa del genere è successo, in effetti): «Vabbè, non sono andato a votare. Ho sempre votato a sinistra perché sono di Sesto, ovvio. Non ho votato la Chittò per protesta.
Da lei mi aspettavo decisioni secche, invece niente. E poteva ben fare delle cose». Di che fabbrica è figlio, P.P.? «Magneti Marelli, padre e madre operai, ho la sinistra nella pelle. Ci dicevano la Stalingrado d’Italia, a noi di Sesto». Ma una volta mostrato il pedigree, P. precisa che «a me Renzi non piace. Uno: non è stato eletto. Due: fa riferimento a sistemi di potere del passato. In più, si contraddice spesso e volentieri». Ed ecco i motivi dello scontento: «Io ho 50 anni e faccio il tecnico elettronico. Negli anni Ottanta, quando iniziarono a chiudere le grandi fabbriche per la crisi della siderurgia, per anni si ragionò su cosa fare di quelle aree. A un certo punto stava per arrivare Sky». Non se ne fece niente, Sky è a Rogoredo, allora periferia molto depressa, «e perché ci siamo lasciati scappare quell’occasione? E anche lo stadio nuovo del Milan. Puff, scomparso.
Ora dicono che verrà la Città della salute, vediamo. Ma non so se andrò a votare».
Wanda, di famiglia Breda, dice «io il comunismo ce l’ho nel dna, qui siamo la Leningrado d’Italia», così inciampando in un lapsus e subito aggiungendo «vedo gente che abita le case ex Gescal, con la Mercedes da 300mila euro. È giusto? Per me no». Gente significa immigrati, il 17 per cento della popolazione. Su loro, e sulla moschea più grande d’Italia, si è giocata l’ultima partita. Lo slogan «moschea finanziata dal Qatar» ha fatto vincere il centrodestra.
Rossella Giannotti, ex impiegata Siemens, di «padre comunista internazionalista», abita in una casa costruita dalla Lega delle cooperative «in una città che è Medaglia d’oro alla Resistenza», e si sente «anarchica, dal momento che i comunisti li hanno soppressi». Non sa se voterà Pd, se lo farà «dovrò turarmi il naso».
Fabrizio Fabrizi, ex ferroviere a Greco Pirelli: «Questa era la città più industriale d’Italia, più di Torino, ora è un dormitorio del terziario. C’era Alitalia, c’era Impregilo, se ne sono andati.
Restano gli ipermercati». Andrà a votare? «La sinistra mi ha rotto. È dalla scissione di Livorno che si dividono. Invece la destra nelle difficoltà si ricompatta. Vincerà».
Al centro commerciale Vulcano nessuno sa il perché di quel nome. Era uno degli stabilimenti Falck, con Concordia, Vittoria e Unione.
Al posto del grande forno della ghisa ci sono negozi e bar, e sotto i garage c’è un bel pezzo di storia che nessuno ricorda, un tizio fermato al volo dice «si chiama così perché piace ai bambini, no?». Un tale Franco, impiegato commerciale di 37 anni, ha votato Pd, «ma mi ha deluso su lavoro e immigrazione». Quindi, che vota?
«Lega o Forza Italia. Decido all’ultimo». Giorgio Oldrini, sindaco dal 2002 al 2012, (figlio di Abramo, sindaco dal 1946 al 1962, uno che faceva il tornitore alla Breda): «Perché succede questo?
Perché lo spirito di Sesto non c’è più dagli anni Ottanta, e la memoria purtroppo è una cosa labile. Non ci sono più i grandi partiti, che spiegavano e mediavano», perciò resta lo scontro tra i poveri. «Ciascuno pensa al suo presente. Uno cerca lavoro, non trova niente e si incazza con te», e sarà banale ma va proprio così.