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 2018  gennaio 23 Martedì calendario

Carte nascoste, reticenze, accordi. «Tutte le bugie sulla Moby Prince»

«La Commissione si dichiara stupita che a 26 anni dal disastro della Moby Prince molte dichiarazioni rese in sede di audizione siano convergenti nel negare evidenze o nel fornire versioni inverosimili dell’accaduto». La nebbia che non c’è mai stata faceva comodo a tutti. Doveva esserci, ad ogni costo. 
P er costituire un alibi, per dare la colpa ai morti che non potevano più difendersi. E coprire così sotto una coltre di bugie le responsabilità, le negligenze, le convenienze, di quasi tutti i soggetti coinvolti nella tragica notte della Moby Prince. Dieci aprile 1991, il traghetto che si schianta contro la petroliera Agip Abruzzo all’uscita dal porto di Livorno. Centoquaranta vittime. Nessun responsabile. «L’attività di indagine della Procura è stata carente e condizionata da diversi fattori esterni». Come le «enormi pressioni cui sembra essere stata oggetto». 
I lavoriNon si salva nessuno, nella bozza di relazione finale della Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause del più grande disastro della marineria italiana nel dopoguerra, che domani a Roma presenterà le proprie conclusioni. Neppure la magistratura dell’epoca. In due anni di lavoro, i parlamentari guidati dal senatore Silvio Lai hanno avuto spesso la sensazione di essere presi per i fondelli dai testimoni che avevano convocato. Non si sono rassegnati. Quesiti, consulenze tecniche, perizie. Non tutti i punti oscuri sono stati chiariti. «Ma affermiamo con sicurezza di aver raggiunto una ricostruzione decisamente più vicina alla realtà storica. Non tutta la verità ma di sicuro una verità più ricca». Al punto che la Procura di Livorno ha già aperto una nuova inchiesta, «atti relativi contro ignoti». Dice Loris Rispoli, presidente di «140», l’associazione delle vittime, che si tratta di un risarcimento. «I pm lavorarono malissimo. Speriamo che ora si possa chiarire davvero, partendo dal lavoro della Commissione». 
Le novità Sono elencate in cinque punti. 1) «Si esclude che la nebbia sia stata la causa delle tragedia... Non c’è stato, prima del disastro, un fenomeno atmosferico di generale riduzione della visibilità in rada». 2) «Il comando della petroliera non ha posto in essere condotte pienamente doverose». Il traghetto rimase incagliato per alcuni minuti nella motocisterna. «C’era il tempo per valutare la situazione e dare le corrette comunicazioni ai soccorritori». 3) «Dalla Capitaneria di porto di Livorno non partirono ordini precisi per chiarire entità e dinamica dell’evento e per ricercare la seconda imbarcazione». Ovvero la Moby Prince. I soccorsi si concentrarono soltanto sulla petroliera. «Ci fu impreparazione e inadeguatezza». 4) «Ci sono punti non congruenti», questo l’eufemismo usato dai relatori, «sulle attività della petroliera e sul suo tragitto compiuto prima di arrivare a Livorno». 
L’accordo «Ci si è chiesti se la rapidità con cui si è giunti ad accordi fra compagnie e armatori non abbia contribuito da subito ad abbassare il livello di attenzione sulla tragedia». Il quinto e ultimo punto è anche il più scabroso. Ci è voluto l’intervento della Guardia di finanza per recuperare il documento da un broker delle isole Bermuda, dov’era custodito. Il 18 giugno ‘91, a Genova, viene siglato un accordo tra Navarma, proprietaria di Moby Prince, e Snam-Agip spa, armatore della petroliera. Le due parti rinunciano a qualunque pretesa di indennizzo reciproco. Sono passati appena due mesi dalla strage. Ancora non si sa nulla. Ma non si attendono gli esiti dell’inchiesta della magistratura, appena agli inizi. «In solo due mesi, gli armatori e le loro compagnie assicuratrici si accordarono per non attribuirsi reciproche responsabilità, non approfondendo eventuali condizioni operative o motivazioni dell’incidente attribuibili ad uno dei due natanti». I parlamentari sottolineano come Moby Prince fosse assicurata con una estensione della polizza ai «rischi di guerra», benché navigasse solo nell’alto Tirreno. L’armatore Vincenzo Onorato ha detto che la pratica era abituale. I consulenti della commissione sostengono che invece «non era giustificata». «Anomalo appare anche il fatto che a fronte di una valorizzazione a bilancio del 1991 di circa 7 miliardi di lire, il traghetto fosse assicurato per 20 miliardi, cifra liquidata nel febbraio del 1992. A indagini preliminari ancora in corso». 
Le cause La commissione parla di «una possibile alterazione della navigazione» della Moby Prince. L’allora ministro dell’Interno Vincenzo Scotti ha riferito di un appunto della Polizia che confermava le tracce di esplosivo «a uso civile» rinvenute nel locale a prua del traghetto. Ma dal lavoro della commissione non emergono conferme. Solo l’ipotesi, corroborata dal fatto che prima dell’impatto le luci d’allarme della Moby Prince erano accese, di «un evento inatteso» sul traghetto, che ha portato come conseguenza il blocco del timone. «Non si può quindi escludere un’avaria». 
La petroliera «Negli anni, sulla posizione dell’Agip Abruzzo sono state fornite plurime indicazioni quasi sempre incompatibili una con l’altra. I consulenti della commissione hanno individuato ben 19 diverse coordinate, punti dichiarati o rilevati prima o subito dopo la collisione». Le nuove indagini della Marina militare portano almeno qui alla verità. «La suddetta nave era in zona interdetta alla navigazione e in divieto di ancoraggio». Era dove non doveva essere, con un carico sconosciuto. Ma da dove arrivava? Snam ha sempre sostenuto che giunse direttamente dall’Egitto dopo 5 giorni di viaggio. Il sistema di controllo della Lloyd List Intelligence, al quale la commissione ha avuto accesso, racconta invece di soste mai dichiarate a Fiumicino e Genova, prima di Livorno. «La dichiarazione di provenienza fornita da Snam è in contrasto con i dati ufficiali». Un falso. «La commissione ritiene che il comportamento di Snam-Eni sia connotato di forte opacità». Tutti avevano qualcosa da nascondere, dopo quella notte. La Capitaneria di porto «non ha valutato la gravità della situazione», anche per «incapacità». Non è un dato da nulla, davanti a 140 vittime, molte delle quali erano ancora in vita dopo la collisione. Agip Abruzzo e Moby Prince avevano i loro segreti, e le loro compagnie un accordo segreto. Quindi più nebbia per tutti. Per coprire i morti, e soprattutto i vivi.