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 2018  gennaio 23 Martedì calendario

Di che equità parlano i paperoni di Davos se la disparità cresce?

Sotto una fitta neve e con cinquemila militari a garantire la sicurezza, a Davos si ritrovano come ogni anno i potenti della terra per discutere dell’economia mondiale. Da oggi e fino a venerdì nel resort di lusso sulle alpi svizzere sono attesi settanta fra capi di Stato e di governo, trentotto leader di organizzazioni internazionali, duemila tra economisti e manager. Il programma del meeting prevede ritmi serrati: colazioni alle sette, pranzi in piedi, cene accompagnate da lunghe e impegnative discussioni. Sono previsti panel sull’economia e sulla fame nel mondo ma anche seminari su «un giorno da rifugiato» e le lezioni di yoga all’alba. Il tema principale di questa 48aedizione del World Economic Forum è quello delle disuguaglianze. Anzi, più precisamente: «Creare un futuro condiviso in un mondo frammentato». E questo è il primo paradosso.

• Perché?
Perché il mondo sta andando in tutt’altra direzione. Basta dare un’occhiata al rapporto che l’Ong Oxfam ha reso noto proprio alla vigilia del vertice di Davos. Questo rapporto dice che il 2017 ha portato con sé un incremento della ricchezza a livello globale. Ma l’82% di questa crescita è andato a finire solo nelle mani dell’1% della popolazione, mentre a 3,7 miliardi di persone che costituiscono la metà più povera del mondo non è arrivato un solo centesimo. Due terzi della ricchezza dei Paperoni di tutto il mondo non deriva dal loro lavoro ma è ereditato o arriva da rendite monopolistiche, cioè sono il risultato di rapporti clientelari. Inoltre, da marzo 2016 a marzo 2017, il numero di miliardari è aumentato al ritmo impressionante: uno ogni due giorni. Non di meno, si allarga sempre di più la forbice tra l’1% dei ricchi che possiede più del 99% restante. E proprio questo 1% a Davos ogni anno si ritrova per lanciare proclami e dipingere scenari che puntualmente non si avverano. Ricordo che nessuno si accorse della crisi economica e finanziaria in arrivo, così come nessuno nel 2016 prese in considerazione la possibile vittoria di Trump.


• A proposito, Trump ci sarà?
È atteso venerdì, per la chiusura del Forum. La sua presenza è stato in dubbio a causa dello shutdown ma con l’accordo raggiunto ieri ha confermato la sua presenza. È dal 2000, con Bill Clinton, che un presidente statunitense non si presenta a Davos. E può scommetterci che gli stessi manager, banchieri ed economisti che lo guardavano con la puzza sotto al naso fino a un anno fa, ora lo ascolteranno con sguardi seri perché, dalla sua, Trump ha la forza dei numeri. L’economia americana funziona e la sua riforma fiscale è una benedizione per le grandi aziende e farà risparmiare centinaia di miliardi ad alcuni dei partner strategici del World Economic Forum, come Google o Microsoft. Ecco il secondo paradosso: Trump è l’esempio lampante del politico populista sospinto dalla classe media impoverita dalla crisi e fiaccata dalla globalizzazione che chiedeva protezionismo, stop alle delocalizzazioni e ai flussi commerciali incontrollati. E ora si presenta a Davos con una platea riconoscente per una politica fiscale che sta rendendo i ricchi sempre più ricchi. Da quando la riforma fiscale di Trump è legge, più di settanta banche americane hanno annunciato aumenti di bonus ai manager. Le stime sugli utili delle società quotate a Wall Street sono salite del 75%. 


• Chi ci sarà a contendere la scena a Trump?
Un ruolo da star lo avrà il primo ministro della democrazia più popolosa del mondo, l’indiano Narendra Modi. Infatti, il padrone di casa, Klaus Schwab, gli ha riservato l’onore di aprire i lavori. Per l’Europa i più attesi sono il presidente francese Macron e Angela Merkel che si presenta forte dell’accordo per una grande coalizione con l’Spd. 


• E l’Italia?
Gentiloni parlerà domani, dopo Merkel e Macron. Probabilmente il nostro premier troverà un clima positivo visti i segnali di ripresa economica confermati dal Fondo monetario internazionale che ha alzato le stime di crescita per il nostro Paese, con un’espansione dell’1,4% nel 2018 e dell’1,1% nell’anno successivo (+0,3 e +0,2 punti percentuali in più rispetto alla precedente previsione). Il Fmi parla di «una spinta più forte dalla domanda esterna e dall’export». Numeri che possono farci sorridere. Eppure…


• Eppure? 
Anche da noi le diseguaglianze sono in crescita. I numeri del rapporto Oxfam sono impietosi. I 14 italiani più ricchi (da Giovanni Ferrero a Leonardo Del Vecchio) possiedono beni per un ammontare di 107 miliardi di dollari, ovvero il 30% di quello che detiene tutta la popolazione più povera. Non è un caso che l’Italia si collochi al ventesimo posto per diseguaglianza dei redditi nella classifica mondiale. È vero che qualcosa è stato fatto: l’indice delle diseguaglianze è entrato nel Def, è stato introdotto il reddito sociale. Ma ciò che salta agli occhi è che la povertà sta crescendo anche tra chi un lavoro ce l’ha. E Oxfam ieri ha inviato una lettera aperta ai partiti per sapere cosa intendono fare in tal senso su tre temi: lavoro, spesa pubblica e politiche fiscali. Sono certo che le promesse elettorali saranno straordinarie.