il Fatto Quotidiano, 23 gennaio 2018
La Quarta Gamba(dilegno)
“Raccolgo l’appello dell’Espresso sottoscrivendolo senza se e senza ma. Lo sforzo che dobbiamo compiere come responsabili dei partiti è presentare una classe dirigente preparata credibile e autorevole. Per le liste chiederemo ai candidati il casellario giudiziario e i carichi pendenti”. Chi parla è Lorenzo Cesa, ex Dc, ex Ccd, ex Udc, ora leader di “Noi con l’Italia” detta anche “quarta gamba del centrodestra”. L’appello è il “Manifesto per una politica trasparente” lanciato dall’Espresso e firmato dai leader di tutti i partiti, esclusa ovviamente Forza Italia, per chiedere candidati di specchiate “qualità personali e morali” e di provata “trasparenza, legalità, indipendenza e moralità pubblica”, ben oltre il requisito minimo di incensuratezza. E Cesa ci sta, “senza se e senza ma”. Chissà se è lo stesso Cesa che l’8 marzo 1993, consigliere comunale a Roma e portaborse del ministro dei Lavori pubblici Gianni Prandini (per gli amici “Prendini”), fu arrestato dopo un paio di giorni di latitanza per corruzione aggravata nell’inchiesta della Procura capitolina sulle tangenti Anas. Appena giunto a Rebibbia, il Cesa scoprì che anche il pool di Milano lo cercava per un altro miliardo e mezzo di lire di mazzette. Così confessò in tre memorabili interrogatori la sua promettente carriera di tangentaro. Poi gli tornarono alla mente altri episodi che gli inquirenti non avevano ancora scoperto e richiamò il gip per metterli a verbale, con un linguaggio degno più di Pietro Gambadilegno che di un uomo politico. Testuale: “Intendo puntualizzare alcuni episodi che non ho riferito al pm. Episodi analoghi a quelli che mi sono stati contestati e che non ho riferito perché, per comprensibili ragioni, ero stordito e frastornato. Oggi mi sento più sereno e intendo svuotare il sacco…”. Un sacco bello pieno, dopo anni trascorsi in Federlazio, in commissione urbanistica del Comune e in Anas. La prima mazzetta non si scorda mai, infatti Cesa ha una memoria di ferro, specie sulla forma e sul colore delle buste (meno, sul contenuto): “Intendo partire dal primo episodio che ricordo: un mio paesano di Arcinazzo, dipendente della società Gico dell’ingegnere Ugo Cozzani, mi disse che l’ingegnere voleva parlarmi… Ci si incontrò dopo una ventina di giorni… si trattava di fare una strada che doveva collegare la strada che stava costruendo con il nuovo stabilimento Fiat in Basilicata… mi sollecitò la definizione della pratica all’Anas… Ebbi modo d’incontrarmi con il ministro Prandini al quale segnalai la pratica… e mi sentii rispondere che dovevo chiedere al Cozzani il 5 per cento dell’importo dell’appalto”.
Prosegue Cesa: “Dopo qualche Cda i lavori furono affidati al Cozzani… con il quale mi incontrai in piazza del Popolo… Io prelevai la borsa che mi consegnò contenente il denaro e di cui non contai il quantitativo… Da solo mi portai nell’ufficio del ministro, nelle cui mani consegnai la capiente borsa in plastica rigida di colore grigio piuttosto spessa… Detta operazione si ripeté una seconda volta… Ovviamente ricevetti delle contropartite politiche da parte del ministro che sovvenzionava le nostre iniziative politiche”. Secondo episodio: “Il titolare dell’impresa Monaco… mi disse che aveva dei lavori stradali in Basilicata ed era in attesa dell’affidamento… La pratica era pendente all’Anas… Ne parlai col ministro il quale… mi rispose che dovevo chiedere il 5 per cento. Il Monaco… portò nel mio studio privato una busta di carta rigida sigillata contenente il denaro destinato al ministro e da me a questi consegnata senza neppure aprirla”.
Terza mazzetta: “Vittorio Petrucco, titolare della Icop Spa, mi disse che era in attesa dell’affidamento di due lavori… Dopo qualche Cda la pratica fu approvata… Il Petrucco ritornò da me e mi disse che lui riteneva di mantenere rapporti diretti con il sottoscritto, anche per eventuali ulteriori affidamenti di lavori per cui, mentre i suoi soci avevano provveduto a versare il quantum convenuto con il loro canale, lui pensava di versare il quantum di sua spettanza a me perché lo destinassi al ministro Prandini… Quanto alle modalità di versamento, ricordo che una prima volta il Petrucco… mi consegnò una cartella rigida contenente denaro, il cui importo non mi fu detto né io lo contai. Cartella che io, senza nemmeno aprirla, portai al ministro… La seconda volta mi telefonò, venne di nuovo nel mio studio privato con una cartella analoga alla prima, era sigillata con dello scotch, e che parimenti portai al ministro… Vi fu una terza dazione di denaro… Ancora una volta consegnai nelle mani del ministro la cartella, il cui importo non fu da me controllato”.
Rinviato a giudizio, il corrotto reo confesso Cesa lascia la politica e si mette in proprio. Nel 2001 viene condannato in Tribunale a 3 anni e 3 mesi per corruzione aggravata nello scandalo Anas con Prandini (6 anni e 4 mesi). Ma in appello, nel 2003, tutto si blocca per un cavillo: la Corte d’appello di Roma “scopre” all’improvviso che il Tribunale dei ministri che ha rinviato a giudizio Prandini, Cesa & C. non poteva svolgere funzione di gup. Il processo deve ricominciare da capo, ma non ripartirà mai, perché gli atti verranno giudicati inutilizzabili e i reati dello scandalo Anas (mazzette per 30 miliardi di lire) finiranno in prescrizione. Cioè impuniti. Intanto, sempre nel 2003, l’amico Pier Ferdinando Casini si avvale di una società di Cesa, la società Global Media, per organizzare il congresso dell’Udc. Nel 2004 gli offre un seggio al Parlamento europeo e nel 2006 se lo porta alla Camera come segretario del partito. Che, non a caso, ha per motto “Io c’entro”. Ora l’uomo che “svuotava il sacco” firma il Manifesto per una politica trasparente. Senza se e senza ma. Con una postilla: “Esclusi i presenti”.