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 2018  gennaio 22 Lunedì calendario

APPUNTI SU DAVOS PER GAZZETTA

POVERTA’: RAPPORTO OXFAM, 1% PIU’ RICCO POSSIEDE PIU’ DEL RESTANTE 99% = 

Da marzo 2016 a marzo 2017 numero di miliardari e’ aumentato al ritmo di 1 ogni 2 giorni Roma, 22 gen. (AdnKronos) - Si allarga la forbice tra i più ricchi e i poveri del mondo. L’82% dell’incremento di ricchezza netta registrato tra marzo 2016 e marzo 2017 è andato all’1% più ricco della popolazione globale, mentre a 3,7 miliardi di persone che costituiscono la metà più povera del mondo non è arrivato un solo centesimo. A rilevarlo è il nuovo rapporto choc di Oxfam "Ricompensare il lavoro, non la ricchezza", diffuso oggi alla vigilia del meeting annuale del Forum economico mondiale di Davos. Il dossier rivela come "il sistema economico attuale consenta solo a una ristretta élite di accumulare enormi fortune, mentre centinaia di milioni di persone lottano per la sopravvivenza con salari da fame". Da marzo 2016 a marzo 2017, segnala il dossier, il numero di miliardari è aumentato al ritmo impressionante di 1 ogni 2 giorni. Su scala globale, tra il 2006 e il 2015 la ricchezza a nove zeri è cresciuta del 13% all’anno, 6 volte più velocemente dell’incremento annuo salariale, di appena il 2%, che ha riguardato i comuni lavoratori. Il Rapporto segnala che i due terzi della ricchezza dei ’paperoni’ di tutto il mondo non deriva dal loro lavoro ma è ereditato o arriva da rendite monopolistiche, cioè sono il risultato di rapporti clientelari. E la La disuguaglianza desta seria preoccupazione anche in Italia. A metà 2017 il 20% più ricco degli italiani deteneva oltre il 66% della ricchezza nazionale netta, il successivo 20% ne controllava il 18,8%, lasciando al 60% più povero appena il 14,8% della ricchezza nazionale. La quota di ricchezza dell’1% più ricco degli italiani superava di 240 volte quella detenuta complessivamente dal 20% più povero della popolazione. Nel periodo 2006-2016 la quota di reddito nazionale disponibile lordo del 10% più povero degli italiani è diminuita del 28%, mentre oltre il 40% dell’incremento di reddito complessivo registrato nello stesso periodo è fluito verso il 20% dei percettori di reddito più elevato. Nel 2016 l’Italia occupava la ventesima posizione su 28 paesi Ue per la disuguaglianza di reddito disponibile. (segue) (Ada/AdnKronos) ISSN 2465 - 1222 22-GEN-18 10:00 NNNN


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Davos:Forum sotto la neve,valanghe artificiali per sicurezza 

Stasera attese nuove precipitazioni nevose (ANSA) - GINEVRA, 22 GEN - Edizione bianca per il World economic forum 2018: le copiose nevicate su tutta la fascia alpina svizzera hanno ricoperto di un manto nevoso di circa tre  metri la stazione sciistica di Davos che si appresta ad accogliere da domani i prestigiosi ospiti del Forum: capi di stato e di governo, ministri e leader politici, imprenditori e accademici di tutto il mondo. Le forti nevicate rischiano di rappresentare un problema per la viabilità e i trasporti, anche se la situazione sul fronte della neve si è lievemente allentata nel pomeriggio e le strade di accesso alla località sono ora aperte, ha riferito l’agenzia di stampa elvetica Ats. Per maggiore sicurezza su diversi pendii sono state provocate valanghe artificiali, ha annunciato il comune, e circa due dozzine di persone sono state sfollate. Stasera sono attese nuove precipitazioni nevose per altri 20-30 centimetri: grazie all’aumento delle temperatura la coesione del manto nevoso è però destinata ad aumentare e il pericolo di slavine non dovrebbe aggravarsi, precisa l’Ats. (ANSA). Y4Y-RF 22-GEN-18 18:26 NNNN


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ALESSANDRO BARBERA, LA STAMPA 21/1 –

Angela Merkel, Emmanuel Macron, Theresa May, Justin Trudeau, Paolo Gentiloni, Jean-Claude Juncker e (forse) anche Donald Trump. E poi il primo ministro indiano Narendra Modi, il presidente brasiliano Michel Temer, l’argentino Mauricio Macri, Benjamin Netanyahu, Re Hussein di Giordania. Da lunedì nel Cantone dei Grigioni si incroceranno la metà dei leader dei venti Paesi più grandi del mondo, almeno cinque dei sette membri del G7. L’anno scorso la scena a Davos se l’era presa il cinese Xi Jinping, accolto fra un po’ troppi applausi come alfiere del mondo aperto mentre la May rassicurava i banchieri sulle conseguenze della Brexit. Memore di quelle immagini imbarazzanti, l’Occidente ricco e democratico si riprende la scena. Cinquemila militari, 341 dispositivi di sicurezza, quasi duemila uomini e donne di business, settanta fra capi di Stato e di governo, trentotto leader di organizzazioni internazionali. Se non cambia idea all’ultimo momento (di recente è capitato per un viaggio a Londra) Trump porterà con sé almeno due ministri - Rex Tillerson e Wilbur Ross - oltre al fedelissimo genero Jared Kushner. In ogni caso: nell’era di «America First», dei muri e dei fili spinati, il quarantottesimo World Economic Forum fa il pieno per la gioia di chi a Davos possiede un immobile.  

Gli alberghi e gli appartamenti sono strapieni da giugno. Il piccolo viale pedonale si è già trasformato in un centro direzionale: via panettieri e parrucchieri, da lunedì le austere botteghe svizzere si trasformano nei temporary store di Facebook, Google, Accenture, Generali e di decine e decine di multinazionali. Per garantirsi uno spazio nei cinque giorni scarsi del vertice ciascuna di loro ha sborsato fra i 25 mila dollari necessari ad affittare una sala e il mezzo milione per una palazzina a due piani. E’ una vetrina per tutti: Greenpeace ha già trasportato in Paese un’enorme statua della dea Giustizia per ricordare chi combatte per la libertà e le diseguaglianze. Il programma è fatto per accontentare tutti: si va dai seriosissimi panel sull’economia, la fame nel mondo e i vaccini fino ai seminari «un giorno da rifugiato» e le lezioni di yoga all’alba. 

Colazioni alle sette, pranzi in piedi, cene accompagnate da lunghe dissertazioni: una delle più affollate l’organizza l’ormai anzianissimo George Soros. Raramente in questa stagione la temperatura va sopra lo zero, la neve abbonda (c’è chi trova il tempo per sciare) ma al coperto non c’è da annoiarsi fra serate messicane, giapponesi e russe. Il tema di quest’anno è «creare un futuro condiviso in un mondo frammentato». Uno dei molti rapporti del Forum racconta che chi fa impresa teme anzitutto disoccupazione e inettitudine dei politici. Saranno tutti a Davos per dire di stare sereni? 


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BARBARA ARDU’, LA REPUBBLICA 22/1 –

C’è chi ha fatto grandi numeri, chi meno, ma a livello globale il 2017 ha portato un incremento della ricchezza. Siamo cresciuti, il Pil mondiale è salito.Dovremmo stare tutti un po’ meglio. Non è così perché l’82% di questo aumento è andato a finire solo nelle mani dell’1% della popolazione. I Paperoni mondiali, che la rivista Forbes mette in fila ogni anno. Sono 2.043, ma come mai si era visto nella storia il loro numero aumenta a ritmo esponenziale.La denuncia arriva da Oxfam, capofila di tutta una serie di organizzazioni non governative, che presenterà il nuovo Rapporto 2018 a Davos, di fronte ai Grandi della terra e ai loro governanti, perché è la loro attenzione che vuole. Tra marzo 2016 e marzo 2017, scrive Oxfam, ogni due giorni è “nato” un miliardario. E la sua nascita è frutto dello sfruttamento intensivo del lavoro su scala globale. Come dire che il lavoro non paga più, paga solo la ricchezza ed è questa che viene ricompensata. Da qui nascono le diseguaglianze che sono in aumento. Alla metà della popolazione mondiale più povera, della nuova ricchezza non è andato nulla. Ma attenzione perché i poveri secondo la Banca mondiale sono coloro che vivono con meno di due dollari al giorno. Un limite che sale se si vive in una grande città dell’Occidente. In Italia si è poveri, ci dice l’Istat, se non si superano i 600 euro in una città del Nord e 400 in una del Sud.Eppure anche da noi le diseguaglianze sono in crescita.È la globalizzazione della povertà, spinta da un sistema economico che non ricompensa più il lavoro, ma la ricchezza. Che si fa in fretta, spostando lavoro e capitali da un Paese all’altro, paradisi fiscali compresi. E che alla fine si eredita. Nei prossimi 20 anni le 500 persone più ricche del pianeta, lasceranno ai loro rampolli oltre 2.400 miliardi di dollari, più del Pil dell’intera India, dove vivono 1 miliardo e 300mila persone. L’unica consolazione è che spesso i rampolli distruggono in fretta grandi fortune e mandano all’aria gloriose imprese.Un quadro desolante e puntuale che Oxfam presenterà a Davos, dove il problema non è sconosciuto. Grandi e governi si sono accorti da tempo che il sistema economico ha smesso di fare il suo dovere: più cresce il Pil, è il leitmotiv degli economisti, più persone ne avranno benefici.Se viene redistribuito però. «Nel 2016 — è scritto nel rapporto le 50 più grandi corporation mondiali hanno impiegato lungo le loro filiere una forza lavoro fatta di 116 milioni di “invisibili”, il 94% di tutti i loro occupati». Senza contare i 40 milioni di persone schiavizzate tra cui 4 milioni di bambini. Quelli che spaccano pietre o cercano rottami tra le grandi discariche alle porte delle metropoli. E qualcuno ormai lo si vede anche in Italia, perché anche da noi le diseguaglianze sono in crescita, da anni. Il 20% dei Paperoni italiani detiene il 66,41% della ricchezza nazionale.Ai più poveri va lo 0,09%, nemmeno un numero intero, ma un decimale. Un declino iniziato ben prima della crisi del 2008.Dal 2006 al 2016 i più poveri hanno visto scendere la quota del reddito nazionale disponibile, cioè della ricchezza prodotta, del 28%, mentre il 20% più ricco è tornato ai livelli del 2016, anzi è riuscito ad agguantare qualcosa.Non è un caso che l’Italia si collochi al ventesimo posto per diseguaglianza dei redditi nella classifica mondiale. E gli italiani la percepiscono, tant’è che in un’indagine del 2016 il 75% dei connazionali dichiarava che il reddito percepito per il lavoro svolto non era equo. «Qualcosa è stato fatto — dichiara Roberto Barbieri, direttore italiano di Oxfam — l’indice delle diseguaglianze è entrato nel Def, l’introduzione del reddito sociale è una buona cosa, anche se non sufficiente. Ciò che salta agli occhi però è che la povertà sta crescendo anche tra chi un lavoro ce l’ha. Le soluzioni? Ci vogliono regole nel commercio mondiale, nella finanza, premi per chi produce in modo responsabile e bisogna fissare un salario minimo per quei lavori che sono fuori dai grandi contratti nazionali». Oxfam oggi invierà una lettera aperta ai partiti per conoscere cosa vogliono fare in tal senso su tre temi: lavoro, spesa pubblica e politiche fiscali. Sarà sul sito online di Oxfam e verrà monitorata ben oltre il voto.

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PAOLO BARONI, LA STAMPA 22/1 –

Paolo Baroni

Anche in Italia i ricchi sono sempre più ricchi e la forbice tra chi sta meglio e le fasce meno abbienti della popolazione si allarga ogni anno di più. Anche la nostra è infatti un’economia profondamente diseguale: da noi, infatti, secondo l’ultimo rapporto Oxfam «Ricompensare il lavoro, non la ricchezza» lanciato alla vigilia del meeting annuale di Davos, i 14 italiani più ricchi (da Giovanni Ferrero a Leonardo Del Vecchio, Berlusconi, Armani e tutti gli altri) possiedono beni per un ammontare di 107 miliardi di dollari, cifra che corrisponde al 30% di quello che detiene tutta la popolazione più povera.
A livello europeo il nostro Paese risulta 20esimo su 28 Paesi per il livello di disuguaglianza nei redditi individuali. Anche da noi la distribuzione della ricchezza netta nazionale ( 10.853 miliardi di dollari) è alquanto variegata. Il 20% più ricco detiene infatti oltre il 66% della ricchezza nazionale ed un altro 20% il 18,8%, lasciando così al 60% più povero degli italiani appena il 14,8% della ricchezza nazionale. Più si sale nella scala sociale e più le differenze aumentano: il 5% dei ricchi possiede il 40% della ricchezza nazionale, ossia 44 volte quella del 30% più povero. Rapporto che sale a 240 volte se si confronta lo stato patrimoniale netto dell’1% più ricco degli italiani che detiene il 21,5% delle ricchezze. Nel 2015, rileva Oxfam, il 20% più povero in termini di reddito dei nostri connazionali disponeva solo del 6,3% del reddito contro il 40% posseduto dal 20% più ricco.
Reddito pro-capite
Lo scenario non cambia se si prende in considerazione il reddito disponibile pro-capite nazionale: in Italia dal 1988 in poi, è aumentato di 220 miliardi di dollari ma quasi la metà dell’incremento (il 45%) è finito alla fetta più ricca degli italiani. In pratica il 10% più ricco della popolazione ha accumulato un incremento di reddito superiore a quello della metà più povera, che nell’arco oltre 20 anni ha ottenuto solamente un aumento dell’1%, ovvero 4 dollari pro-capite in più l’anno. Se si alza lo sguardo allo scenario mondiale, dove ogni due giorni sale alla ribalta un nuovo miliardario e dove nei due terzi dei casi patrimoni tanto cospicui sono più frutto di eredità e di rendite monopolistiche (e quindi di rapporti clientelari) che altro, i divari si fanno ancora più esasperati: l’1% più ricco della popolazione possiede infatti quanto il restante 99%. E ovviamente si arricchisce sempre di più: l’82% dell’incremento di ricchezza netta registrato nel mondo tra marzo 2016 e marzo 2017 è andato in tasca a pochi Paperoni mentre al 50% più povero – 3,7 miliardi di persone - non è arrivato nulla.
Lavori precari
Oxfam denuncia forti incongruenze soprattutto nel campo del lavoro, sempre più sotto-retribuito, precario e pieno di abusi, a partire dagli Usa dove un giorno da amministratore delegato di una grande corporation vale come un anno di salario di un dipendente. Più in generale il 56% della popolazione mondiale vive con appena 2-10 dollari al giorno e almeno 1 su 3 tra i lavoratori dei Paesi in via di sviluppo vive in condizioni di povertà. «Oggi il 94% degli occupati nei processi produttivi delle maggiori 50 compagnie del mondo è costituito da persone invisibili impiegate in lavori ad alta vulnerabilità senza adeguata protezione – segnala la presidente di Oxfam Italia, Maurizia Iachino -. E un miliardario ogni due giorni non è sintomo di un’economia fiorente se a pagarne il prezzo sono le fasce più povere dell’umanità».


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LA REPUBBLICA 22/1 –

«Il ritmo con cui le diseguaglianze stanno crescendo nel mondo sta minando le basi della democrazia». E’ l’allarme che lancerà da Davos Winnie Byanyima, ingegnere aeronautico, ugandese in esilio e direttrice di Oxfam International.
Perché teme che la democrazia possa perire a causa delle diseguaglianze?
«Quando la ricchezza si concentra sempre più in poche mani, quelle dei miliardari che in alcuni casi posseggono quanto il Pil di un piccolo Paese e in quelle dei loro grandi manager, è naturale, che questi personaggi finiscano per influenzare il potere politico, se questo non è in grado di reagire. In alcuni casi l’identificazione tra ricchezza e potere è nei fatti, basti pensare al presidente Trump. Così alla fine il potere finisce per scrivere leggi su misura per i ricchi. Oggi miliardari e manager non ambiscono solo a guadagnare per andare in giro in Ferrari o in vacanza sullo yacht, no vogliono comprarsi la loro impunità».
Impunità da cosa?
«Da un sistema che gli garantisce di spostare lavoro là dove costa meno, di guadagnare in Borsa indipendentemente dalla ricchezza che producono, di parcheggiare i loro patrimoni nei paradisi fiscali, al riparo dalle tasse, quelle che invece servono a redistribuire la ricchezza».
Questo è il frutto della globalizzazione?
«No. La globalizzazione è un bene, ma in un sistema dove la politica non è distinta dal business, il sistema economico non funziona più. Le grandi diseguaglianze sono il sintomo del fallimento dell’attuale sistema economico. La classe politica dovrebbero pensare a tassare, e in modo progressivo, le ingenti ricchezze delle grandi corporation dove anche i vertici, finiscono per accumulare ricchezze sproporzionate rispetto ai salari dei loro dipendenti. Le faccio un esempio. L’amministratore delegato di una delle 5 più grandi aziende di fashion guadagna in quattro giorni quanto prende la lavoratrice della sua filiera produttiva in Bangladesh nel corso di tutta la sua vita di lavoro».

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FEDERICO FUBINI, CORRIERE DELLA SERA 22/1 –

L’ anno scorso applaudirono Xi Jinping, l’uomo forte del partito comunista cinese, come si fa con chi rappresenta la migliore speranza. Magari l’ultima, per quanto ne potevano sapere allora. I banchieri, i manager e gli investitori del World Economic Forum nel 2017 avevano accolto il leader di Pechino fra le nevi di Davos neanche fosse l’avvocato dei loro valori: mercati aperti, commercio internazionale, flussi di capitali. 

Xi fiutò l’occasione per difendere tutto ciò che Donald Trump, allora appena eletto, aveva avversato nella sua campagna per la Casa Bianca: il discorso del presidente cinese fu tutto contro il protezionismo; nel frattempo l’emissario di Trump a Davos, Anthony Scaramucci, spiegava in un’altra sala che era il momento di ridare speranza alle classi medie impoverite dalle delocalizzazioni. È seguito un anno nel quale decine di manager americani si sono dimessi dai gruppi di consiglieri della Casa Bianca, in rotta con lo stile e le idee del presidente.

Ma è incredibile quanta differenza facciano dodici densissimi mesi. Quando Trump arriverà a Davos tra qualche giorno, magari per pronunciare uno dei suoi discorsi pieni di rabbia, troverà davanti a sé una platea riconoscente. Gli stessi che un anno fa si emozionavano per Xi, oggi iniziano ad apprezzare una riforma fiscale americana che sembra talmente pensata per loro, che forse sono loro stessi ad averla scritta. O almeno ad aver guidato la mano dell’amministrazione e del Congresso. Sul rientro dei 1.300 miliardi di dollari di riserve delle grandi aziende americane, tenuti all’estero per eludere il fisco, è previsto uno sconto una tantum (prelievo fra l’8% il 15,5%) che farà risparmiare centinaia di miliardi ad alcuni dei «partner strategici» del World Economic Forum: Alphabet-Google, Cisco, Microsoft e Pfizer sono fra i maggiori beneficiari.

Quanto al taglio dell’aliquota sulle imprese dal 35% al 21%, gli effetti su altri «partner strategici» di Davos come Goldman Sachs, Jp Morgan, Bank of America o Morgan Stanley sono già stimati. Nell’immediato le banche dovranno svalutare alcuni crediti fiscali, ma già dal 2018 l’aliquota effettiva per Jp Morgan o Wells Fargo scende — di un terzo — al 19%. Da quando la riforma è legge, più di settanta banche americane hanno annunciato aumenti di bonus ai manager. Le stime sugli utili delle società quotate a Wall Street sono salite del 75%. Potrebbe non essere un male per l’economia americana, almeno nel breve periodo, ma è già chiaro a chi spettano i benefici diretti: al «top 1%» dei più ricchi che già prima controllava il 20% dei redditi del Paese (il doppio di 40 anni fa), mentre al 50% più povero resta il 12% (la metà di 40 anni fa). Jamie Dimon, leader di Jp Morgan e uomo di riferimento a Davos, è passato in pochi mesi dal disprezzo all’elogio pubblico di Trump. Il presidente magari leggerà poco e mangerà troppi hamburger, ma il momento per parlare al World Economic Forum lo sa scegliere benissimo: non appena la sua Casa Bianca è passata dal «bisogna che tutto cambi», al «perché tutto resti com’è». Anzi qualcosa di più.


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CORRIERE.IT –

Scrive Oxfam nel suo rapporto sulle disuguaglianze che sarà presentato al forum di Davos, che proprio a questo tema è dedicato nella sua edizione 2018, che nel corso dell’ultimo anno il numero dei miliardari è aumentato come mai prima: uno in più ogni due giorni. Attualmente nel mondo sono 2.043 miliardari (valore in dollari), e nove su dieci sono uomini . La ricchezza di questa élite si è accresciuta di 762 miliardi di dollari nell’arco di 12 mesi, un incremento che, a titolo comparativo, rappresenta 7 volte l’ammontare delle risorse necessario per far uscire dallo stato di povertà estrema 789 milioni di persone. Nel periodo 2006-2015 il reddito dei lavoratori comuni è aumentato in media del 2% all’anno, mentre la ricchezza dei miliardari ha goduto di un incremento annuo di quasi il 13%, cioè 6 volte di più. Di tutta la ricchezza globale creata nell’ultimo anno, l’82% è andato all’1% più ricco mentre il 50% meno abbiente non ha beneficiato di alcun aumento.


La prima italiana e gli altri paperoni tricolori

Maria Franca Fissolo, vedova di Michele Ferrero, tra i leader dell’industria dolciaria mondiale, è la prima italiana in classifica, con 25 miliardi di patrimonio, che oggi sono saliti a 32. Dopo lei troviamo al 50esimo posto Leonardo Del Vecchio con 17 miliardi; Stefano Pessina con 13,9 all’80esimo; Massimiliana Landini Aleotti al 133esimo con 9 miliardi: entrambi questi ultimi operano nel farmaceutico.


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REPUBBLICA.IT –

Sono quasi tre i metri di neve che hanno coperto Davos, in Svizzera, dove ha avuto inizio il World Economic Forum. Quest’anno tra i leader a partecipare all’evento anche Donald Trump - l’ultimo presidente Usa a presenziare il Forum era stato Bill Clinton nel 2000 - e il premier israeliano Netanyahu. Eccezionali le misure di sicurezza: oltre 5000 i soldati schierati a protezione dei punti sensibili della cittadina, cecchini in mimetica bianca piazzati in cima ai tetti della località sciistica alle prese con il maltempo dislocati tra i resort, gli alberghi e la sede del KongressZentrum dove si svolgono i lavori.


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TONIA MASTROBUONI, LA REPUBBLICA 22/1 –


Arriva la bomba-puzza». Qualcuno ha salutato così la notizia dell’arrivo nel rarefatto clima alpino del Forum economico mondiale di Donald Trump. Ma l’ennesimo incidente domestico, stavolta sul Bilancio, ha messo in forse la possibilità che il presidente americano raggiunga il gotha della politica e della finanza mondiale che da domani si riunirà per una settimana sulle montagne incantate di Davos. In ogni caso, se venerdì riuscirà a tenere il suo discorso davanti a una nutrita rappresentanza del famoso 1%, lo farà come messia del protezionismo e delle patrie chiuse, come una bestemmia in chiesa. Un anno fa, in un mondo già finito sottosopra causa Trump e Brexit e ascesa dei populismi, Davos aveva applaudito freneticamente, in un sussulto vagamente isterico, il premier cinese Xi Jinping come profeta del mondo libero. Quest’anno gli organizzatori sono riusciti a costruire un robusto contraltare all’arrivo di Trump, al cantore dei muri e del mondo dell’altroieri. E il contrasto sarà persino enorme rispetto al predecessore, quel Bill Clinton che approdò tra le Alpi svizzere nel 2000, perfettamente mimetizzato tra banchieri, finanzieri, sceicchi, primi ministri e rentiers.
Se Angela Merkel confermerà la sua presenza a Davos, mercoledì sarà la giornata del rinnovato orgoglio europeo. La cancelliera arriverà al Forum azzoppata da un’elezione andata male e da un lungo negoziato per il nuovo governo, ma con il via libera della Spd alla Grande coalizione, la speranza di un avvio della riforma dell’eurozona è più alla portata.
La cancelliera parlerà subito dopo Paolo Gentiloni e poco prima di Emmanuel Macron, e i tre saranno prevedibilmente festeggiati come baluardi dell’occidente liberale in un contesto di equilibri — anche europei — sempre più fragili. Il programma sembra anche aver interiorizzato la Brexit: Theresa May parlerà il giorno dopo i capi di governo di Italia, Germania e Francia, ossia giovedì. Nell’iperuranio di Davos, che ama dipingere scenari che raramente si avverano — all’inizio della Grande crisi nessuno la vide arrivare, nel 2016 neppure un’anima viva fu in grado di prevedere la vittoria di Trump né il sì alla Brexit e si parlò di tutt’altro, l’anno scorso i dibattiti si incentrarono sui populismi in assenza totale dei populisti — quest’anno si discetterà di alcuni temi “ caldi” che potrebbero avere anche importanti ricadute sociali come la rivoluzione digitale.
Nel contesto che persino nell’anemica eurozona viene definito non più di “ ripresa” ma di robusta “ crescita”, qualche incognita si staglia ancora all’orizzonte. Mentre i guardiani delle monete di Stati Uniti ed eurozona stanno cautamente archiviando le emergenze in una prospettiva di “normalizzazione” delle politiche monetarie, la persistenza della bassa inflazione sta ancora creando qualche grattacapo in Europa. Anche l’erraticità delle politiche trumpiane lascia ancora qualche interrogativo aperto, a partire dall’efficacia dell’ambiziosa riforma fiscale dalle dubbie coperture o dalle minacciate strette protezionistiche. Nel frattempo, non resta che dilettarsi sul futuro delle criptovalute, non senza un sapore di “crepuscolo degli dei” che sembra inghiottirsene il futuro, dopo la stretta cinese e sudcoreana. E in assenza di due pesi massimi della moneta come Mario Draghi e Janet Yellen, bisognerà chiedere al giapponese Kuroda e a uno dei più geniali banchieri centrali del mondo, il canadese prestato alla Banca d’Inghilterra, Mark Carney, cosa ne pensa delle “monete virtuali”. Alternative anarchiche fiorite proprio in contrasto con quel mondo di regolatori e regolati che a Davos si dà appuntamento ogni anno. Una nemesi.
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Davos: fiducia record fra Ceo globali, Italia al top 


Oltre metà top manager vede rosa prospettive ripresa e affari (ANSA) - DAVOS, 22 GEN - È record quest’anno per il numero di chief executive officer che a livello globale si dichiara ottimista rispetto all’assetto economico mondiale. E anche in Italia i Ceo ritrovano un forte ottimismo. È quanto emerge dalla 21ª Annual Global CEO Survey di PwC, analisi che fotografa il livello di fiducia nello sviluppo globale e del proprio business di circa 1.300 CEO in 85 paesi - tra cui 112 CEO italiani - presentata oggi alla vigilia del World Economic Forum di DAVOS. Il 57% dei Ceo a livello mondiale si dichiara fiducioso nella crescita dell’economia globale nei prossimi 12 mesi, il doppio rispetto a un anno fa. Un balzo della fiducia confermato dai Ceo italiani: il 59% ritiene che l’economia globale migliorerà nei prossimi 12 mesi, 23 punti percentuali in più rispetto al dato 2017 del 36%. Nicola Anzivino, Partner di PwC, spiega: "Le società italiane stanno chiudendo un buon 2017 e i budget 2018 sono tutti a segno positivo, i CEO italiani sono particolarmente ottimisti sulla crescita internazionale delle loro aziende e gli investimenti in innovazione stanno portando i frutti desiderati".(ANSA). DOC 22-GEN-18 18:45 NNNN


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DAVOS: DA GENTILONI A BOLLE, TUTTI GLI ITALIANI DEL FORUM = 

Roma, 22 gen. -(AdnKronos) - Non solo politici, ma anche manager, scienziati e artisti nella ’delegazione’ italiana che - a quanto riporta il programma ufficiale - partecipa al World Economic Forum di Davos. Se l’attenzione maggiore è per il premier Paolo Gentiloni, che mercoledì 24 parteciperà prima alla 12,30 al dibattito "Stabilizing the Mediterranean" e quindi terrà uno Special Address alle 13,50, la creatività italiana si esprime nella prima mondiale del balletto ’Le Stagioni’ che - mettendo insieme Antonio Vivaldi e Astor Piazzolla - oggi alle 19 apre gli appuntamenti più glamorous del Wef. La messa in scesa, realizzata in partnership con Intesa San Paolo, vede sul pacoscenico l’étoile Roberto Bolle accompagnato dalle musiche dei Cameristi della Scala. La scienziata Fabiola Gianotti domani parteciperà alle 18 - assieme al direttore dell’Fmi Christine Lagarde - al dibattito ’Creating a Shared Future in a Fractured World’, mentre alle 14 altri due italiani, la politologa Sara Pantuliano, direttrice dell’Overseas Development Institute (Odi) di Londra, e Filippo Grandi, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), si confronteranno nel panel ’Reconnecting Refugees’. Alle 15 la Pantuliano parteciperà inoltre al dibattito su ’The Humanitarian Crises that will Shape 2018’. (segue) (Mge/AdnKronos) ISSN 2465 - 1222 22-GEN-18 17:41 NNNN


DAVOS: DA GENTILONI A BOLLE, TUTTI GLI ITALIANI DEL FORUM (2) = 

(AdnKronos) - Mercoledì è la volta della presidente dell’Eni Emma Marcegaglia che prima, alle 15,15, parteciperà al panel speciale sulla Russia e quindi alle 16.30 interverrà al dibattito su ’Future Shocks: Systemic Trade Tremors’ e infine alle 19 affiancherà il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan nella conferenza stampa ’A Fresh Start for Europe’. Il giorno dopo, giovedì 25, sarà la volta di alcuni manager italiani in trasferta’ come il Ceo di Zurich Mario Greco che alle 11 interverrà al panel ’Data Responsibility in a Fractured World’ mentre Vittorio Colao di Vodafone alle 16,30 parteciperà al confronto ’Big Tech, Big Impact’. La Gianotti sarà al fianco del premier canadese Justin Trudeau nel dibattito ’Creating a Shared Future through Education and Empowerment’ mentre alle 14,45 l’ad di Enel Francesco Starace interverrà al confronto su ’The Great Energy Transformation’. Infine, il finanziere Davide Serra di Algebris alle 15 fornirà il suo contributo al dibattito ’Beyond the Paradise Papers: Can Global Tax Avoidance Be Stopped?’. (Mge/AdnKronos) ISSN 2465 - 1222 22-GEN-18 17:41 NNNN


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Davos: fino a 5.000 soldati per sicurezza Forum 


(ANSA) - GINEVRA, 22 GEN - Con agenti delle polizie cantonali provenienti dai 26 cantoni della Confederazione e dal vicino Principato del Liechtenstein, affiancati da 4.400 soldati dell’esercito, il dispositivo per garantire la sicurezza dei prestigiosi ospiti del Forum economico mondiale (Wef) a Davos è pronto, hanno annunciato oggi il comandante della polizia dei Grigioni Walter Schlegel e il comandante responsabile delle truppe impegnate per il Wef Aldo Schellenberg. Durante la manifestazione, in programma da domani a venerdi’, la località alpina svizzera sarà blindata ed il costo delle operazioni ammonta a 9,5 milioni di franchi (circa 8 milioni di euro), ha riferito l’agenzia di stampa svizzera Ats. La prevista partecipazione venerdi’ del presidente statunitense Donald Trump al Forum, benché in forse a causa dei negoziati per revocare lo "shutdown", ha richiesto di collaborare con i servizi segreti americani. La collaborazione dura da due settimane ed è eccellente, ha detto Schellenberg. Durante il Forum, treni e strade di accesso saranno controllati e lo spazio aereo chiuso su un raggio di 25 chilometri, che comprende in parte anche i cieli austriaco e italiano, fino a 6.000 metri sopra il suolo. Intanto, le forti nevicate su tutta la Svizzera alpina potrebbero complicare l’arrivo a Davos degli invitati. Stamane, diversi collegamenti stradali e ferroviari erano bloccati. Y4Y-ACC 22-GEN-18 15:14 NNNN