La Stampa, 21 gennaio 2018
Sartre, De Beauvoir e Lanzmann. Le lettere del triangolo amoroso
Correva il 1953. E Simone de Beauvoir, dal piccolo albergo dove alloggiava, il Doelen, ad Amsterdam, scrisse la sua prima lettera a Claude Lanzmann. «Amore mio, non sapevo che poteva essere così l’amore. Jean-Paul Sartre l’ho amato, certo, ma senza una vera reciprocità».
«E senza che i nostri corpi ci siano stati per niente. Nelson Algren? Mi ha sconvolto che mi amasse e anch’io l’ho amato tanto, ma soprattutto attraverso l’amore che aveva per me e senza una vera intimità.
Sì, caro piccolo mio, sei il mio primo amore assoluto, quello che si conosce una volta o mai». È la prima epistola della scrittrice e filosofa al regista di Shoah, il mitico film-documentario di oltre nove ore, uscito molto più tardi, nel 1985. La lettera è un testo d’amore struggente, perché sia chiaro, anche una femminista dai toni duri come era la de Beauvoir amava passionalmente.
Oggi Lanzmann ha 92 anni. Della sua storia con la de Beauvoir si sapeva, ne aveva scritto nella sua splendida autobiografia, La lepre della Patagonia, uscita nel 2010 per Gallimard (e in Italia per Rizzoli). Ma mai aveva parlato di questa corrispondenza, 112 lettere disseminate lungo i sette anni della loro storia d’amore, iniziata nel luglio 1952, quando Claude aveva 27 anni e Simone già 44. Lei era la donna di Sartre (ufficialmente lo rimase fino alla morte di lui, nel 1980) ed era già famosa. E lo diventerà ancora di più con la pubblicazione nel 1954 di I mandarini, romanzo ambientato nel dopoguerra dove, mediante personaggi immaginari, racconta la sua relazione con Algren, scrittore americano, ben inserito nei circoli dell’esistenzialismo parigino. Lui, a differenza di altri (e altre) amanti della donna, non riusciva a sopportare la relazione (soprattutto cerebrale) tra la de Beauvoir e Sartre: il loro «amore necessario», come lo chiamavano i due, che si veniva di volta in volta ad aggiungere agli «amori contingenti».
Lanzmann, invece, ci riuscì perfettamente. E si formò un vero «trio amicale». Le conversazioni del giovane Claude erano frequenti ed intellettualmente intense sia con Jean-Paul che con Simone. E poi c’era quell’amore travolgente, tanto che Lanzmann fu il solo partner con cui la de Beauvoir riuscì mai a convivere fisicamente e durante tutta la loro relazione, nell’appartamento all’11 bis della rue Victor-Schoelcher, a Parigi. Il legame, anche dopo, resterà forte. E Simone morirà il 14 aprile 1986, con accanto Claude e la sua figlia adottiva, Sylvie Le Bon de Beauvoir, conosciuta quando era studentessa di filosofia, ammaliata dalla pensatrice. Il corpo di Simone verrà messo nella bara con al dito l’anello d’argento, dalle decorazioni inca, che Algren le aveva regalato la mattina dopo la loro prima notte d’amore. Tanto per chiudere un ciclo.
Ma ritorniamo alle 112 lettere di Simone a Claude. Lanzmann ha perso pochi giorni fa un figlio, Dominique, di appena 23 anni, morto di cancro. Sta facendo i conti con il tempo che passa. «Troppo tardi è diventato il leitmotiv della mia vita – ha confessato in un’intervista appena pubblicata da Le Monde -. Ed è ormai troppo tardi praticamente per tutti quei problemi che pensavo si sarebbero risolti da soli, come queste 112 epistole». Voleva pubblicarle e l’editore Gallimard era ben interessato. Ma, secondo la legge francese, il contenuto di una lettera appartiene a chi l’ha inviata (e, quindi, attualmente, all’erede di Simone, la figlia adottiva Sylvie). Claude possiede quelle epistole solo materialmente.
Ebbene, Sylvie, che pure ha dato nel passato il via libera alla pubblicazione della corrispondenza della de Beauvoir sia con Sartre che con Algren, non ha voluto stavolta acconsentire. E così Lanzmann ha deciso di venderle all’estero, alla biblioteca Beinecke dell’università di Yale, dove vari specialisti dell’opera della scrittrice sono già interessati a studiarle. E dove verranno probabilmente pubblicate. Intanto Le Monde ha già reso nota la prima lettera. Ma perché il niet di Sylvie? Lanzmann aveva criticato l’uscita delle altre lettere della de Beauvoir, giudicate troppo intime e troppo severe riguardo a troppe persone. Mentre stavolta si tratterebbe soltanto di filosofia e di amore. Uno struggente amore.