Libero, 19 gennaio 2018
Sonia Bergamasco: «Non è il maschio il nemico, ma il potere»
Il grande pubblico le è affezionato grazie a fiction di successo come Tutti pazzi per amore, Una grande famiglia e per essere la moglie del Commissario Montalbano. Nel suo curriculum film come La meglio gioventù, ma l’attrice Sonia Bergamasco ama soprattutto il teatro. Fino a domenica sarà a Milano, in Triennale al Teatro dell’Arte, con L’uomo seme, tratto dal libro di Violette Ailhaud e prodotto dal Teatro Franco Parenti.
Sonia, da dove nasce l’idea di questo spettacolo?
«Non si tratta in origine di uno spettacolo teatrale, ma di un racconto letterario. Tre anni fa un’amica mi regalò un piccolo libro: iniziai a leggerlo e ne fui subito rapita».
La trama sembra post apocalittica, invece appartiene al passato...
«La vicenda avviene a metà 800, ma c’è effettivamente qualcosa di post apocalittico: la fine della guerra e lo scenario di distruzione. In un villaggio nel sud della Francia, in Provenza, dopo l’ennesimo conflitto rimangono solo donne superstiti. Allora costoro stringono un patto per la necessità di rigenerazione: il primo uomo che arriverà sarà di tutte. Solo così la terra si ripopolerà. L’uomo seme è un racconto senza malizie e di grande forza espressiva; passa come un memoriale, dunque una storia vera ed è sicuramente verosimile che le donne si ritrovino da sole dopo una guerra a piangere la scomparsa di mariti, figli e fratelli».
A che scopo adattare alle scene questo testo?
«Perché il teatro è il mio amore e perché L’uomo seme è una storia di valore civile: non un racconto di genere, ma la percezione di un vuoto generato dalla violenza, dalla guerra e dagli abusi del potere napoleonico. Si descrivono la nostalgia dell’altro e il desiderio che tutto torni a scorrere nel ciclo naturale; un universo femminile complesso e nello stesso tempo semplice; la forza e il coraggio delle donne».
E il messaggio è?
«Meglio non lanciare mai messaggi, lasciando che sia la storia a parlare. Nel complesso si tratta di una fiaba musicale.
In scena c’è un albero teatrale dove le donne salgono, leggono e si addormentano: un albero abitato».
Non è curioso che uno spettacolo così femminile esca in pieno scandalo molestie?
«Una coincidenza. Lavoro a questo spettacolo da più di tre anni, dunque da molto prima che si sollevasse il polverone degli abusi. Portare in scena L’uomo seme è per me l’occasione per una rappresentazione complessa del femminile in cui la contrapposizione è tra la vita e il lavoro, non tra l’uomo e la donna: il nemico non è da incarnare nel maschio, ma nel potere dispotico, nella guerra e nella violenza».
Qual è la sua idea rispetto alle molestie nel mondo del cinema?
«Da una parte penso che nulla sarà più come prima e me lo auguro. Dall’altra bisogna ammettere che certi episodi non accadono da dieci o vent’anni, ma fin dal cinema delle origini. Credo sia fondamentale usare le parole giuste e inquadrare il vero nemico che è l’abuso di potere. Poi, certo, storicamente il potere è sempre appartenuto agli uomini, ma non bisogna banalizzare né rappresentare troppo semplicemente. Occorre parlare di persone: uomini e donne sono entità complesse».
Sonia, la popolarità televisiva e cinematografica l’aiuta a portare più gente in teatro?
«Può essere. Però non dobbiamo dimenticare che il palcoscenico ha un suo pubblico affezionato e competente: a Milano, per esempio, c’è una platea speciale, che riconosco. C’è un travaso e da parte degli spettatori avverto una curiosità transmediale».