Libero, 19 gennaio 2018
San Marino rischia di saltare in aria
Il sistema bancario di San Marino è al collasso. Lo certifica il Fondo Monertario Internazionale comunicando che le sei banche ancora in attività dopo la ristrutturazione di due anni fa, hanno in pancia complessivamente sofferenze per 1,8 miliardi pari al 118% del Pil.
È quanto si legge nelle dichiarazioni diffuse a conclusione della missione Fmi guidata da Kazuko Shirono. Alle autorità della piccola Repubblica più che un invito viene rivolto un ultimatum.
Dovranno applicare le procedure previste dai bail in. Quindi inizialmente dovranno essere azzerati il capitale e il valore delle obbligazioni. Subito dopo le autorità di controllo dovranno varare una profonda riforma del sistema per adeguare la governance agli standard europei. Nel mirino del Fmi c’è la stessa Banca centrale di SanMarino ma soprattutto la Cassa di Risparmio il cui salvataggio, fra il 2012 e il 2016 è già costato alle casse pubbliche oltreb 500 milioni.
Certo l’operazione di risanamento non sarà indolore. Il governo della piccola Repubblica dovrà recuperare, attraverso tagli di spesa e nuove tasse, le risorse necessarie a irrobustire le banche. Il Fmi non fornisce cifre sul fabbisogno ma, secondo le voci che circolano servono da 500 a 900 milioni. Cifre molto rilevanti per un’economia minuscola come quella del Titano.
La certificazione del buco dipende dalla percentuale di recupero delle sofferenze. Le previsioni non sono all’insegna dell’ottimismo. Gran parte dei crediti marci, infatti, appartiene a clientela estera e rappresenta l’eredità avvelenata di vecchie gestioni. Ottenere i rimborsi non sarà facilissimo. Significa che a il governo dovrà mettere mani al portafoglio in maniera robusta.
Un’operazione assai poco popolare. Alzare le imposte per tirare fuori dai guai le banche non è proprio la ricetta migliore per alimentare il consenso. Tanto più che l’intervento verrà effettuato in larga misura attraverso l’introduzione dell’Iva.
San Marino, quindi, rischia di perdere i benefici fiscali che, finora avevano caratterizzato la sua economia. Quale futuro se l’area “no tax” viene ridotta in modo significativo? Tanto più che, fra le sie ricette il Fmi indica anche un’imposta patrimoniale.
Fisco e banche erano il motore di San Marino. E adesso che il Fmi chiede una profonda revisione che cosa resterà? Dalla rocca del Titano commentano le notizia con toni concilianti. Nessuna contrapposizione con il Fmi. Un portavoce spiega che il governo in carica ha già avviato il lavoro di riorganizzazione lungo direttrici che coincidono con quelle indicate dai collaboratori di Christine Lagarde. Dunque piena sintonia fra la rocca del Titano e gli uffici di Washington. Tanto più che il rapporto fra debito e Pil è pari al 55%. Dunque c’è spazio di manovra all’interno del bilancio pubblico. Ciò non toglie il nervosismo sia alto. Vengono al pettine, nodi che si sono intrecciati negli anni mescolando scarsa trasparenza e interessi politici dei partiti di sinistra tradizionalmente al governo. La crisi economica ha fatto il resto. In Emilia Romagna sono saltate le Casse di Rimini e Cesena assorbite da Cariparma mentre la Cassa di Cento finirà nell’orbita della Popolare di Sondrio. Difficile che le banche di San Marino si salvassero. Comunque non tutto è peduto se ieri è stata annunciata la vendita del Credito Industriale Sanmarinese ai sauditi.