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 2018  gennaio 19 Venerdì calendario

Ecco come sarà la scheda che troveremo al seggio. Occhio, sbagliare è facile

Adesso si capisce bene perché tra i partiti è iniziata la caccia al «candidato figurina». La sorte delle elezioni politiche del 4 marzo, a guardare la scheda elettorale con la quale voteremo, si deciderà azzeccando i candidati nei collegi uninominali. Saranno loro, i nomi che si contenderanno la vittoria nei 231 seggi della Camera e nei 109 del Senato eletti con il metodo maggioritario il primo vince, gli altri perdono a fare la differenza. Gli altri candidati, quelli che saranno inseriti nei listini bloccati dai quali usciranno gli eletti con il tradizionale riparto proporzionale 386 a Montecitorio; 193 a Palazzo Madama, cui aggiungere le circoscrizioni Estero sulla scheda saranno in secondo piano. Quasi nascosti. E visto che, al contrario di quanto accadeva con il Mattarellum, l’elettore non potrà optare per il voto disgiunto scegliere un candidato del collegio diverso dalla lista proporzionale pena l’annullamento del voto, ecco che tutto dipenderà dall’appeal del candidato del collegio. 
È questa una delle novità principali della scheda elettorale figlia del Rosatellum, la legge elettorale che disegnerà le nuove Aule di Camera e Senato. La scheda, come ricorda l’edizione on line del Foglio, è stata diffusa mercoledì pomeriggio all’interno del Manuale elettorale che contiene le norme per le prossime elezioni politiche. Una volta entrati nella cabina elettorale, gli italiani si troveranno di fronte la sfilza dei “nomi acchiappavoti” che correranno per vincere la gara nel collegio. Basta essere attratti da un nome di grido, in grado di spiccare sugli altri, che il gioco è fatto. A quel punto, avendo fatto un segno sul nome più noto e scritto più in grande, in misura «doppia» rispetto ai candidati nel proporzionale a cascata il consenso deve essere diretto anche al sottostante listino, i cui componenti, tuttavia, sono scritti con caratteri molto più piccoli. A molti di loro, del resto, basterà non fare praticamente nulla per staccare il pass per i seggi di Montecitorio e Palazzo Madama, visto che tutto dipenderà dalla scelta iniziale per il collegio. Ecco perché, tra i partiti, è tutto un arrovellarsi sulle sfide apparentemente senza paracadute, in realtà molto meno cruente, visto che per molti candidati ci sarà la sicurezza di un recupero nel listino nei collegi. Ad esempio: se Luigi Di Maio, capo politico del M5S, correrà nel collegio uninominale di Pomigliano d’Arco, chi si prenderà briga di sfidarlo nel tentativo di riequilibrare una sfida destinata a influenzare il riparto proporzionale? 
Insomma, se pare difficile assistere a una conta dei voti stile Florida 2000 negli Stati Uniti, quando gli scrutatori furono costretti a mettere le schede in controluce per scorgere il segno dell’elettore, a marzo il rischio è quello, semmai, di scegliere d’impulso, sulla scorta del nome del candidato nel collegio e, in subordine, del simbolo del partito.