la Repubblica, 22 gennaio 2018
«Salviamo la nostra casa nello spazio». L’appello dell’astronauta Michael Foale per la Iss: verrà abbandonata nel 2024
Professione: salvatore di stazioni spaziali. Michael Foale, astronauta anglo americano con ben 373 giorni vissuti nello spazio, ora può inserire nel suo curriculum anche questa qualifica da supereroe. Non contento di aver salvato nel 1997 la stazione spaziale russa Mir dalla peggiore collisione della sua storia, Foale dà oggi il via a una campagna per evitare l’abbattimento della Stazione Spaziale Internazionale.
Perché si progetta di abbatterla, nel 2024?
«Premetto che per me la Iss è l’ottava meraviglia del mondo, oltre che il maggiore risultato dell’ingegno umano. Portarla nello spazio è costato oltre 80 miliardi dollari e, considerando le ore di lavoro necessarie, possiamo pensare che non abbia richiesto minore sforzo delle piramidi. A questo si aggiunga la spesa per mantenerla e fare sì che ospiti astronauti e scienziati: costi che oggi sono circa un quarto del budget della Nasa (oltre che l’80 per cento dei budget di Giappone e Canada, e il 50 per cento dell’Europa). Le nazioni che vogliono lanciarsi nell’esplorazione della Luna o in missioni marziane avranno bisogno di risorse che oggi stanno investendo nella Stazione».
Non si può abbandonarla in orbita in attesa di tempi migliori?
«Se la lasciassimo a sé stessa, la stazione, che oggi orbita a 400 chilometri dalla Terra, in 4 anni – è la mia stima – inizierebbe a scendere verso di noi, e potrebbe precipitare in un luogo difficile da prevedere, che sarebbe distrutto.
Ecco perché il piano per affondarla nell’Oceano è il più sicuro. Io ho proposto alla Nasa, che però non è la sola a decidere, di farne precipitare una metà e spostare l’altra su un’orbita più esterna. A 800 chilometri di altezza, potrebbe restare senza equipaggio umano per almeno altri 30 anni. Anche perché a tale distanza le radiazioni sarebbero un pericolo. Per farlo basterebbe una sola missione cargo».
Cosa farà per salvarla?
«È difficile, perché bisognerebbe mettere d’accordo tutti – per di più in un momento in cui le tensioni tra Russia e Usa si riaccendono – e stabilire come ripartirsi l’impegno.
Farò tutto il possibile per sensibilizzare i Paesi e l’opinione pubblica. Anche per le opportunità che la Iss offre oggi alla ricerca scientifica e tecnologica. Basti pensare allo Spettrometro Magnetico Alfa che rivaleggia con il Large Hadron Collider del Cern nella caccia alla materia oscura. O alle tante ricerche scientifiche su osteoporosi, materiali speciali, nanofibre che stanno dando frutto».L’altra stazione spaziale, la russa Mir, nel ‘97 è riuscito a salvarla. Ci racconta?
«Quell’anno avrei dovuto passare cinque mesi a bordo con due cosmonauti russi: Vasili Tsibliyev e Alexander Lazutkin. Ma dopo cinque settimane tranquille, i russi decisero di tagliare i costi, non versando all’Ucraina i due milioni di dollari chiesti per il sistema radar Kurs, indispensabile per guidare i cargo spaziali fino all’attracco sulla Mir. Un dirigente russo ordinò a Vasili di allenarsi a guidare il cargo “Progress” senza radar, usando soltanto un joystick e uno schermo tv per misurare velocità e distanza. Senza radar, non fu possibile rallentare correttamente il cargo, che colpì il modulo Spektr della Mir a sei chilometri orari, aprendo una breccia nella parete di alluminio del modulo. Sentii un dolore alle orecchie, poi l’allarme. Andai a preparare la navicella Soyuz per abbandonare la Mir».
Avete avuto paura di morire?
«Non c’era tempo per avere paura.
Con Vasili e Alexander abbiamo isolato il modulo Spektr tagliando i cavi. Ma la Mir diventò buia e silente. La produzione di ossigeno per elettrolisi si era interrotta: la stazione aveva iniziato a ruotare e i pannelli solari non erano più orientati verso il Sole. Io capii che potevamo fermare quella rotazione accendendo i razzi della navetta di salvataggio Soyuz. Funzionò: riuscimmo a orientare i pannelli verso il Sole e a riavere l’elettricità.
A quel punto Mosca, dalla Terra, potè impartire i comandi per azionare i motori della Mir e fermare così quella deriva».