la Repubblica, 22 gennaio 2018
L’Fbi fa arrestare due italiani. «Settecento morti per i loro farmaci»
Roma L’Fbi la considera la più vasta operazione antidroga fatta nello Stato del Tennessee. I numeri, in effetti, sono fuori scala: dodici milioni di dosi di narcotico spacciate in sei anni sottoforma di farmaci per il dolore, ventuno milioni di dollari di guadagno al nero, addirittura settecento pazienti morti «in conseguenza dell’assunzione di sostanze oppiacee prodotte da fornitori strettamente legati alla Urgent Care & Surgery Center Enterprise». Azienda, questa, gestita da due sconosciuti italiani ritenuti ora i capi della banda criminale.
Venerdì scorso in Italia ci sono stati due arresti passati completamente sotto silenzio. A Capranica, in provincia di Viterbo, i finanzieri hanno messo le manette ai polsi di Luca Sartini prelevandolo a casa della madre. Ufficialmente disoccupato, 58 anni, Sartini era ritornato nel nostro Paese nel maggio del 2017 dopo aver vissuto per lungo tempo a Miami. Contemporaneamente a Roma è stato portato in carcere Luigi Palma, detto Jimmy, 51 anni, anche lui rientrato dalla Florida in primavera.
Ad entrambi i finanzieri hanno mostrato le tre pagine del mandato di cattura internazionale emesso il 4 gennaio scorso dal tribunale di Knoxville, in Tennessee, che li accusa di traffico di stupefacenti, corruzione, riciclaggio e truffa. Non però di omicidio colposo, nonostante nel provvedimento, che Repubblica ha potuto consultare, le autorità americane abbiano riportato l’agghiacciante dato del decesso di settecento pazienti della Uscs Enterprise «in conseguenza dell’assunzione di sostanze oppiacee prodotte da fornitori strettamente legati all’azienda». Un comunicato del Dipartimento di Giustizia chiarisce un po’ meglio i termini della questione. «Una significativa percentuale di quelle morti, direttamente o indirettamente, è il risultato di overdose di farmaci oppiodi prescritti dalla Uscs».
Sartini e Palma, insieme ad altre tre persone, erano gli amministratori della Ucsc Enterprise che tra l’aprile 2009 e il marzo 2015 ha gestito una rete di cliniche per il trattamento del dolore cronico – le cosiddette pill mills – in Tennessee e in Florida. In quel periodo, secondo l’Fbi, hanno distribuito dodici milioni di pillole di ossicodone, ossimorfone e morfina, potenti e pericolosi analgesici diventati per l’eccessiva diffusione un’emergenza nazionale negli Stati Uniti. Anche Prince ne faceva uso, tant’è che nella camera dove lo ritrovarono senza vita nel 2016 c’erano flaconi di Fentanyl, un oppioide sintetico che stordisce più dell’eroina.
L’indagine dell’Fbi è partita quando si sono resi conto che molti tossicodipendenti, fingendosi pazienti, affollavano le cliniche di Sartini e Palma. Venivano mandati da piccoli spacciatori locali ( l’ Fbi ne ha identificati 140), a volte arrivavano in comitiva con i pullman sostenendo lunghi viaggi pur di avere l’antidolorifico. E lo pagavano caro. «I due italiani – si legge nel mandato di cattura – riuscivano a piazzare la merce a costi altissimi. Le cliniche rifiutavano di essere pagate attraverso le assicurazioni, volevano i contanti per ricette che erano, da un punto di vista terapeutico, ingiustificate». Per una visita dovevano sborsare anche 350 dollari e molti dei dipendenti con i quali avevano a che fare non erano neanche qualificati.
La frode al Sistema sanitario americano si completava grazie ad alcuni medici compiacenti che sfruttavano l’autorizzazione della Dea, l’Agenzia federale antidroga, per ottenere i farmaci a base di oppio. I fondi neri, infine, erano riciclati grazie a società fittizie e conti correnti bancari su cui sono transitati in sei anni 21 milioni di dollari.
Il giochino si rompe nel marzo 2015, quando Sylvia Hofstetter, manager di un paio di cliniche del dolore tra Lenoir City e Knoxville e sodale dei due italiani, viene arrestata. L’Fbi le stava addosso da mesi. Davanti alla corte, la presentano come «la più grande trafficante di droga che abbia messo piede in un aula dell’East Tennessee». A quel punto il castello crolla: gli investigatori poco alla volta risalgono a Sartini, Palma e ad altri quattro complici della presunta associazione criminale. Gli italiani rimangono ancora per un paio d’anni negli Stati Uniti ma nel maggio scorso capiscono che non è più aria per loro e tornano in Italia. Li hanno presi venerdì scorso.
Il Dipartimento di Giustizia ha già avviato la pratica per l’estradizione. L’arresto di Sartini e Palma, eseguito dalla Guardia di Finanza su input del Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia, dovrà essere convalidato dalla Corte d’Appello di Roma. L’America li rivuole.