Corriere della Sera, 22 gennaio 2018
«Quattro ristoranti», le recensioni trasformate in un racconto tv
Come si spiega il successo di «Quattro ristoranti», il programma con Alessandro Borghese che è partito da poco con una nuova stagione su Sky Uno e che tiene in piedi il palinsesto di Tv8, il canale in chiaro di Sky dove è riproposto con vari appuntamenti in seconda visione?
Il caso è piuttosto curioso. Borghese viaggia per l’Italia chiamando a raccolta quattro ristoratori per ogni puntata: di norma provengono dallo stesso territorio oppure propongono lo stesso tipo di cucina, cosa che aiuta molto a costruire puntate monografiche, tipo «trattorie di carne» oppure «cucina regionale ligure rivisitata» e via così. I quattro si sfidano per eleggere il migliore in una gara a colpi di recensioni e punteggi. Ciascuno ospita gli altri tre, insieme a Borghese, per un pasto nel proprio locale, dove in segreto sarà valutato dai suoi sfidanti su vari aspetti, come location, menù, servizio in sala e conto. Chi riceve più punti dalle recensioni dei colleghi e da quella di Borghese vince cinquemila euro da investire in migliorie per il proprio ristorante. Non mancano commenti cattivi e sgambetti, soprattutto sul finale quando le carte vengono scoperte e i voti sono svelati.
A spiegare il successo del programma non basta il personaggio di Borghese, non basta la dinamica della sfida o l’interesse dilagante per il cibo.
«Quattro ristoranti» ha successo perché è riuscito a trasformare in racconto televisivo una delle più diffuse tendenze della società contemporanea, la mania della recensione, che sta cambiando in profondità, con effetti spesso incontrollati, il rapporto tra ristoratori e clienti. Tripadvisor, in fondo, non è altro che grillismo applicato alla ristorazione, il principio dell’uno vale uno esercitato nella valutazione del cibo e nella critica gastronomica, sostituendo il principio della competenza con il mito rischioso della democratizzazione e dell’orizzontalità delle opinioni.