Corriere della Sera, 21 gennaio 2018
In morte di Paul Bocuse
Il Patron è morto. Non si addormenterà più nella stanza di quando era bambino, quella che usava da sempre. Lo chef Paul Bocuse, l’uomo del mercato, come lo chiamavano nella sua Lione, è scomparso a 91 anni. Conservava dal 1965 le sue tre stelle Michelin. E con lui, forse, si perde un grande pezzo della cucina francese moderna.
Perché Bocuse è stato il personaggio simbolico che ha avuto il coraggio di creare la Nouvelle cuisine. Il cui manifesto resta il libro scritto dallo chef, «La cucina del mercato», stampato nel 1976 da Flammarion (e nel 2010 edito per la prima volta in Italia da Guido Tommasi). Arrivava tre anni dopo il celebre articolo dei due giornalisti Gault e Millau che lanciava il grido «Vive la nouvelle cuisine», dove i dieci comandamenti da loro enunciati davano uno statuto a un fenomeno ancora incerto. Una nebulosa di giovani cuochi che portavano in epigrafe dei loro menù il mercato innalzato a divinità della cucina. Addio polverosa cucina alberghiera. Addio salse che allungavano di giorni o settimane la vita dei piatti.
E fu proprio questo giovane cuoco di Collanges, sobborgo di Lione, a sancire il successo del New Deal della gastronomia francese. Fu Paul Bocuse, insomma, a definire i perimetri della Nuova Cucina. Che lui definiva così: «È la vera cucina, fatta dai migliori ingredienti».
Le sue tecniche furono d’ispirazione per tutta una generazione di giovani cuochi che voleva liberarsi dei legacci di una tradizione paludata e soffocante. Rispettare gli ingredienti. Non sottometterli a cotture sbagliate. Limitare le porzioni. Alleggerire i grassi.
Con la sua frase «tutte le mattine mi reco al mercato», Bocuse interpretò un personaggio: il Re della Nouvelle cuisine. Ciò gli assicurerà un posto nell’albero genealogico già abitato dagli Escoffier e dai Pont. E una fama imperitura. Meritevole di pellegrinaggi nel suo Auberge du Pont de Collonges, dove transiteranno tutti: da Fernandel a Jean Gabin, da Kennedy a De Gaulle.
Ma va ricordato che il concetto di mercato fu anche una scelta di politica gastronomica per tentare di svecchiare il paese così come Giscard d’Estaing, dopo la morte di De Gaulle, stava provando a fare su altri fronti.
L’operazione «diplomatica» di Bocuse realizzata col suo libro aveva radici anche nella volontà dell’Eliseo di riunire attorno a sé tutta la nuova generazione di giovani cuochi francesi. Lanciando un messaggio di novità, di freschezza. Insomma, una politicizzazione della cucina quantomai attuale.
Bocuse però riuscì nel miracolo di riunire in sé l’antico e il nuovo. La sua insalata di fagiolini freschi. I suoi prugnoli saltati al burro. Le sue pesche al Borgogna sono semplici. Eppure favolosi. Una cucina rural-chic che oggi farebbe gola a molti. Ma senza tanti fronzoli.
D’altronde, quando chi scrive si trovò a intervistarlo alla sua tavola, si sentì porre gentilmente solo un’unica domanda. Per tutto il pasto: «È buono?». Per poi aggiungere: «Bene, perché è questo che spetta a un cuoco: far bene da mangiare. Tutto il resto sono chiacchiere».