La Stampa, 22 gennaio 2018
L’Eroica, il ciclismo dei pionieri esce dall’album dei ricordi. Una gara su bici d’epoca e in divise d’antan in cui non importa chi vince
Ciclisti d’antan. Romantici del pedale. O semplicemente «eroici». Il passatempo di pochi nostalgici è diventato sport alla moda. «L’Eroica» nacque come gara cicloturistica non competitiva nel 1997 in provincia di Siena, zona del Chianti, su idea di Giancarlo Brocci, medico che non riusciva a curare la propria passione per il ciclismo pionieristico. La corsa rievoca infatti l’epopea degli eroi del pedale, su bici senza cambi e pesanti come cancelli, lungo percorsi sterrati, tra maglie di lana e borracce di metallo. All’inizio «L’Eroica» era cimento per pochi attempati pedalatori, ma in 20 anni è diventata la nuova moda dei ciclofili a caccia di emozioni antiche, su bici d’epoca dalle precise caratteristiche «storiche»: telaio in acciaio, leve del cambio sul tubo obliquo, fili dei freni esterni al manubrio, fermascarpe a gabbia, ruote con almeno 32 raggi, cerchi a profilo basso.
Questi sempre più numerosi e anacronistici sopravvissuti si divertono come matti, ma intanto promuovono la bici come semplice mezzo di locomozione, meglio se poco performante, espressione di uno sport atavico, manifesto per la salvaguardia di natura e ambiente, traino per il turismo e risposta (perché no?) a certe aberrazioni del ciclismo professionistico e amatoriale, spesso ostaggio di metodi di allenamento estremi e del doping. Sembra una corsa a ritroso nel tempo, un pezzo di antiquariato sportivo (tanto che ci si ritrova alle gare anche per scambiarsi pezzi di bici antiche e vecchie divise). Eppure nell’ultima edizione de «L’Eroica», lo scorso ottobre a Gaiole in Chianti, erano in 7 mila al via, di oltre 60 Paesi, disseminati su 5 percorsi di diversa difficoltà: passeggiata (46 km), corto (75), medio (115 e 135), lungo (209). Una festa dall’alba alla sera, una Woodstock a pedali di 3-4 giorni, tra filari e cipressi, ribollite e fiaschi di Chianti, lana e cuoio, pane e finocchiona.
Il gusto dell’impresa
«La gente eroica è speciale perché ha valori comuni – dice il fondatore Giancarlo Brocci -. Ha riscoperto la fatica, il sudore, la polvere, la genuinità, la natura, senza l’incubo della dieta da fachiro o dei watt da produrre a ogni scatto. Non importa chi vince, tanto che il primo al traguardo non ha nessun premio. Contano l’avventura, la solidarietà, l’imprevisto, il gusto dell’impresa, l’amicizia che nasce dalla condivisione delle difficoltà». Altro che sport, «L’Eroica» è filosofia di vita. Che ha già fatto proseliti nel mondo. Il ciclismo professionistico ha cercato di appropriarsene, creando una gara dallo stesso nome e sugli stessi percorsi. Ma Brocci ha tutelato il marchio originale e l’ha poi esportato all’estero: un Made in Italy che funziona dal Giappone agli Usa, dal Sud Africa alla Gran Bretagna, dall’Olanda alla Spagna, dalla Germania all’Uruguay. Fra gli eroici della domenica capita di trovare anche ex campioni del pedale, come Felice Gimondi, Erik Zabel, Alessandra Cappellotto, o i loro eredi, come Norma la figlia di Gimondi, Serena la nipote di Malabrocca, Michela la pronipote di Girardengo. Ma a Gaiole in Chianti si sono visti cimentarsi su bici antiche anche dei vip «infiltrati», come Luis Enrique, tecnico di calcio ed ex di Roma e Barcellona, o Piero Pelù, cantautore dei Litfiba. Di recente «L’Eroica» ha aperto le iscrizioni a chi non dispone di una bici d’epoca, costruita cioè prima del 1987, ma il diploma di «eroico» viene rilasciato solo ai puristi. «E comunque – conclude Brocci, sorridendo – vogliamo solo chi sia abbastanza matto da accettare i disagi di una gara d’altri tempi e abbastanza intelligente da sorridere della propria passione e delle crudeltà che nasconde».
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L’intervistsa
Michela Mora Moretti Girardengo, 40 anni, vive ad Albissola, in Liguria, e lavora come avvocato civilista a Savona. È la pronipote del grande Costante Girardengo, il primo Campionissimo del ciclismo, e dal bisnonno ha ereditano la passione per le bici antiche.
Quante Eroiche ha disputato?
«La prima volta fu nel 2014, per cercare notizie sul mio bisnonno. Poi non ho più smesso».
Con look «eroico» necessario?
«Mi feci prestare maglia di lana e bici d’epoca, fu una bella sfacchinata perché non ero abituata a pedalare in quelle condizioni. Ma me ne sono innamorata».
Ci spiega il fascino de L’Eroica?
«Libertà, natura, profumi, paesaggi, polvere ma anche amicizia, cibi, storia, cultura, fatica».
Quale percorso ha fatto?
«Il più breve, ma è stata dura lo stesso, sono dovuta scendere spesso dalla bici e spingere. Ho una Wolsit del 1920, con due soli rapporti nella ruota posteriore, per cambiare bisogna scendere dalla bici e girare la ruota, come facevano i campioni di allora».
È una corsa o qualcosa di più?
«Molto di più. Ci si ritrova due o tre giorni prima, c’è chi dorme in sacco a pelo, in auto, in camper. Tutti si aiutano e portano qualcosa, cibi, vini, piatti, ma anche strumenti per suonare e far festa. È una Woodstock della bicicletta, nella quale si conoscono un sacco di persone».
Ha mai indossato all’Eroica una maglia del grande Girardengo?
«Ho portato una maglia giallo-nera della Opel che il mio bisnonno usava su pista negli Anni 20 in Germania. Ne avevo anche una tricolore, ma l’ho donata al Museo di Novi Ligure».
Ci spiega il segreto del grande successo de L’Eroica?
«La semplicità, l’amicizia, la solidarietà, la capacità di divertirsi con poco, senza rivalità fra i partecipanti né invidie, in uno scenario impagabile. È unica».