Corriere della Sera, 21 gennaio 2018
La Turchia bombarda i curdi in Siria: via all’operazione «Ramo d’ulivo»
Gli alti comandi di Ankara hanno battezzato «Ramo d’Ulivo» l’operazione militare avviata nelle ultime ore contro le milizie combattenti curde attestate nella zona di Afrin, il pugno di villaggi curdo-siriani posto una ventina di chilometri a sud del confine con la Turchia orientale. Già venerdì erano iniziati i tiri di artiglieria. Ieri si sono aggiunti i raid aerei turchi, che vengono coadiuvati via terra da alcune milizie dell’«Esercito libero siriano», composto da elementi dei gruppi sunniti nati dalla rivoluzione contro il regime di Bashar Assad oggi armati e sostenuti da Ankara. Da parte curda sono segnalati un numero ancora imprecisato di vittime.
A detta di Recep Tayyip Erdogan, che ha già fatto capire di volere estendere l’attacco contro altre zone curde in Siria, l’offensiva è mirata a debellare quelli che definisce «gruppi terroristi» legati a suo dire a filo-doppio al Pkk, lo storico Partito dei lavoratori curdo considerato tradizionalmente dal governo di Ankara addirittura più pericolo dei jihadisti di Isis. «Dobbiamo riportare la pace ai nostri confini», afferma il presidente turco. Ma la conseguenza più evidente del nuovo fronte è l’apertura dell’ennesimo focolare di crisi in un Paese già sconvolto da sette anni di guerra, che dalla primavera del 2011 hanno causato centinaia di migliaia di morti e oltre dieci milioni tra profughi e sfollati. Damasco reagisce con durezza e minaccia di far intervenire aviazione e fanterie per contrastare i raid turchi. E la situazione è complicata dalle implicazioni internazionali, compresi i rischi di frizioni militari tra il contingente russo presente nel Paese a sostegno del regime di Damasco e sull’altro fronte i circa 2.000 militari americani inviati per assistere i 30.000 combattenti curdi nella guerra contro Isis.
Al momento Mosca sta dialogando con Ankara e promette di restare neutrale nella speranza di allontanare la Turchia dagli alleati della Nato. E ieri il ministero della Difesa russo ha annunciato che i militari hanno lasciato la zona di Afrin, in modo da «impedire eventuali provocazioni ed escludere qualsiasi minaccia alla vita e alla salute dei militari russi». Anche Washington mantiene un silenzio imbarazzato, dopo che negli ultimi giorni aveva promesso nuovi aiuti ai curdi, scatenando le critiche furiose di Erdogan.