Corriere della Sera, 21 gennaio 2018
Niente accordo, il governo Usa «chiude»
WASHINGTON Democratici e repubblicani continuano ad attaccarsi, ma anche a negoziare sulla legge di bilancio. Nel frattempo, dalla mezzanotte di sabato 20 gennaio il governo federale è paralizzato per mancanza di fondi: «shutdown». Se la situazione non si sblocca, 692 mila dipendenti pubblici, un terzo del totale, verranno messi in congedo temporaneo, senza stipendio, che potranno recuperare quando tutto sarà tornato alla normalità. I cittadini americani andranno incontro a qualche disagio e l’attività amministrativa subirà un forte rallentamento in tutti i settori, dall’ambiente alla giustizia, dall’istruzione al commercio. Ma i servizi essenziali restano garantiti: la difesa militare e la sicurezza, naturalmente, oltre al controllo del traffico aereo, la regolarità del pagamento di pensioni.
Lo strappo ha colto di sorpresa gli stessi senatori dei due partiti, convinti di poter trovare un compromesso. Nel primo pomeriggio di venerdì 19 gennaio il leader della minoranza democratica, Chuck Schumer, è stato ricevuto alla Casa Bianca da Donald Trump. Due ore di colloquio, con un vassoio di Diet Coke e di cheesburger. Quando è tornato al Congresso Schumer ha riferito ai colleghi: siamo molto vicini. Il Senato deve approvare le leggi di bilancio con una maggioranza qualificata: 60 seggi su 100. I repubblicani dispongono di 51 voti, più quello di John McCain che è rimasto a casa a curarsi. Ecco allora che la trattativa con i democratici è necessaria.
La priorità di Schumer è approvare la sanatoria per i «Dreamers», i circa 800 mila figli degli immigrati illegali. Finora erano protetti da una normativa ripudiata nel settembre scorso da Trump. C’è tempo fino al 4 marzo per evitare espulsioni di massa. I democratici spingono per una soluzione immediata. E il presidente sembra pronto ad accettare in cambio di finanziamenti per il Muro. «Gli ho garantito che poteva andare bene anche per noi», dirà poi nella notte Schumer.
Ma più tardi John Kelly, il capo dello staff della Casa Bianca, richiama «Chuck» e gli comunica che il pacchetto di misure non va bene, è troppo «liberal».
Poco prima di mezzanotte, osservando dalla tribunetta stampa, l’emiciclo del Senato sembra la piazza di un mercato. Ma non si riesce neanche ad approvare l’estensione del bilancio per un mese, come aveva fatto la Camera.
Ora la situazione è in stallo. Schumer ha chiesto a «Donald» un vertice con i leader parlamentari delle forze politiche. Il presidente ha risposto che finché i democratici continueranno a «giocare» con il bilancio federale, non ci sarà alcun negoziato. Nella notte italiana, il presidente Trump era ancora nello Studio Ovale: rinviata la partenza per Mar-a-Lago in Florida, dove lo aspettano per festeggiare il primo anno alla Casa Bianca.
Intanto a Capitol Hill si tratta su una mini-proroga del bilancio: tre settimane o anche meno.
Lo «shutdown» è stato accolto con aspro disappunto dall’opinione pubblica. In un sondaggio dalla «Cnn» il 56 per cento degli interpellati ha risposto che si sarebbe comunque dovuto evitare la paralisi del governo. C’è un altro dato forse ancora più significativo. Gallup, il più autorevole istituto demoscopico, attribuiva a dicembre un tasso di approvazione sull’opera del Congresso pari solo al 17 per cento.
Una percentuale che racconta di una crisi generale di rappresentanza sempre più profonda. Sullo sfondo la protesta delle donne, tornate a sfilare nelle principali città americane. Migliaia di persone a Washington, a New York, Denver, Chicago e Los Angeles. L’aspirazione è replicare i 3 milioni di manifestanti dello scorso anno. Trump segue via Twitter: «Tempo magnifico per tutte le Donne in Marcia. Partecipate e festeggiate i successi economici senza precedenti …e il più basso tasso di disoccupazione femminile degli ultimi 18 anni!».