La Stampa, 22 gennaio 2018
Il fabbro diventato famoso con il rompicapo ispirato a Napoleone
«Inventore io? No, meglio ideatore» dice Bruno Lerda, fabbro cuneese, che 20 anni fa ha inventato un curioso rompicapo che sta in una mano: a metà strada tra il «gioco del 15» e il tangram, l’antico gioco cinese a cui si appassionò anche Napoleone esiliato a Sant’Elena.
L’ha chiamato «Dumura», gioco in dialetto piemontese. Dopo averne venduti 30 mila pezzi in tutta Europa, ora l’ha trasformato in un’app, da scaricare sugli smartphone Android e iPhone.
Come nel «gioco del 15» ci sono tasselli multicolore da far scorrere e spostare su uno spazio rettangolare, come nel tangram le figure che si possono formare sono decine e le combinazioni possibili centinaia.
Bruno Lerda, che ha 63 anni e vive in una frazione che si chiama Ronchi, al confine tra Cuneo e Centallo, spiega: «Con il gioco del 15 basta leggere i numeri, mentre con il Dumura servono ragionamento e fantasia, pazienta e immaginazione, senso geometrico e memoria visiva. Per chi vuole provarlo c’è anche un sito internet, www.dumura.it».
Il fabbro spiega che l’idea del gioco gli è venuta in vacanza in costiera amalfitana con la famiglia, mentre era in spiaggia: «Serviva qualcosa per passare il tempo. Ne ho parlato con le mie figlie Katia e Gessica, che ogni tanto mi criticano per le mie passioni. A loro è piaciuta l’idea e poi l’ho realizzata e brevettata a livello europeo. All’epoca lo presentai al Salone internazionale delle invenzioni di Reggio Emilia e al salone delle invenzioni di Ginevra. Ora l’ho dovuto “trasportare” su un’app perché ormai tutti fanno tutto con il cellulare, non ci sono alternative».
Ma non è stata la sua unica invenzione. Parlando nella sua grande officina sotto casa, tra trapani professionali e saldatrici (sta lavorando a un cancello commissionato dal Comune di Valgrana) dice: «Sono fabbro come mio padre Lorenzo. Ma negli anni ’70 avevo fatto dei corsi per diventare programmatore elettronico. Nella campagna qui intorno si sono sempre coltivati i fagioli e avevo brevettato anche una macchina particolare per seminarli. Ne vennero costruiti un centinaio di esemplari, tutti venduti, dal Cile alla Germania. Ora non ce ne sono più e nemmeno io ho il prototipo: mi restano solo i progetti. Qual era il segreto? Il sistema di alimentazione: nelle altre macchine era lineare, io invece avevo utilizzato cuscinetti, così era maggiore la mobilità e il movimento molto più fluido».