La Stampa, 22 gennaio 2018
Cantina di Soave. Intervista al direttore generale Trentini: Al via il nuovo stabilimento. Abbiamo investito 92 milioni
La festa per i primi 120 anni di attività di Cantina di Soave in provincia di Verona, coincide con il completamento della svolta green che grazie ad un investimento di 92 milioni – «completamente autofinanziato» – che ha permesso di realizzare un nuovo stabilimento alimentato in parte da 437 pannelli fotovoltaici montati su un tetto di oltre 700 metri «che ci permetterà di triplicare la produzione delle nostre bottiglie portandole a circa 80 milioni», spiega Bruno Trentini, direttore generale di Cantina di Soave.
Perchè questa scelta?
«L’azienda ha avuto nei primi anni del Duemila una forte espansione a livello di base associativa, passando dai mille soci del 2005 agli oltre 2000 dell’anno scorso. Contemporaneamente la superficie vitata di proprietà è passata da 2000 a 6000 ettari, di cui l’80% doc e Docg. Questa crescita, legata anche ad acquisizioni, ci ha spinto a ripensare la fase industriale e di imbottigliamento diretta da parte dell’azienda che fino ad oggi produce 30 milioni di bottiglie, vale a dire il 20% del totale prodotto».
La svolta green è legata solo al risparmio energetico?
«No. Sono stati fatti, e continueremo a fare, interventi sul territorio per rendere sostenibile il nostro sviluppo sul nostro territorio. C’è la volontà di risparmiare sui costi dell’energia e i pannelli fotovoltaici garantiranno la produzione di energia rinnovabile utile al funzionamento del magazzino meccanizzato. Ma è stato anche studiato un nuovo sistema per la gestione delle acque meteoriche che fa sì che l’acqua piovana pulita venga introdotta nel terreno, e quindi nelle falde acquifere, e non venga dispersa nella fognatura. Lo stesso accadrà per le acque del piazzale-parcheggio».
Cantina di Soave produce anche vino biologico?
«Si, una piccola quota. Ma a proposito di biologico noi abbiamo un protocollo di difesa della vite praticamente tutto impostato sulla difesa biologica a cui lavorano nove agronomi che lo diffondono tra i nostri viticoltori. Per noi si tratta di un’investimento importante strettamente legato alla certificazione di qualità unico al mondo».
Direttore non sta esagerando?
«No. Cantina di Soave si avvale di un software messo a punto a partire dal 1997 e poi sviluppato negli anni con funzioni sempre più sofisticate. Lo ripeto si tratta di un sistema unico al mondo, che consente in tempo reale il monitoraggio di tutti i vigneti dei viticoltori sulla base di analisi del terreno, del meteo, della situazione sanitaria e di molti altri aspetti agronomici. Al momento del conferimento i grappoli vengono analizzati e selezionati sulla base di 17 parametri differenti. Questo sistema di controllo completo dal grappolo alla bottiglia garantisce standard qualitativi sempre più elevati».
Da dove arriva il fatturato?
«Il 53% deriva da prodotto a marchio, vero core business dell’azienda, contro il 47% determinato dalla vendita di prodotti a “private label. Nell’ultimo anno abbiamo registrato un aumento sia in volume che in valore del prodotto sfuso (+6%), soprattutto grazie alle vendite di vini Dop e Igp. Il valore dell’imbottigliato è cresciuto del 2% e rappresenta il 50% dell’intero fatturato».
Dove finiranno le nuove bottiglie?
«C’è particolare attenzione verso il mercato estero. L’obiettivo è di proseguire il percorso di crescita che ci ha portato ad essere presente con i nostri vini in più di 60 paesi. Oggi la quota export sul totale del fatturato di 118 milioni, è del 42%».
Quali sono i mercati dove esportate di più?
«Germania, Gran Bretagna, Paesi Scandinavi, Svizzera, Giappone, Sudamerica. Tra i mercati di riferimento per i vini bianchi, prevalentemente Soave e Pinot Grigio, è stata buona la crescita in Germania +20% ed Austria +16%. Per i vini rossi, a più alto valore aggiunto, c’è una sostanziale tenuta di Scandinavia e Svizzera».
La Gran Bretagna dopo la Brexit potrebbe aumentare i dazi rendendo più costoso esportare. Siete preoccupati?
«I dazi ci sono sempre stati e aumentano ogni anno. Nel 2017 sono aumentati ben due volte nel corso dell’anno e certamente aumenteranno anche nel 2018. È chiaro che questo ha inciso sul consumo di vino in Inghilterra, ma è un problema che riguarda tutti i vini di tutto il mondo ed è trasversale a tutta la categoria, per questo motivo non siamo particolarmente preoccupati».
Ci sono strategie per conquistare nuovi mercati?
«In futuro puntiamo su Asia e Stati Uniti dove dal 2010 c’è una sede vicino a Boston che gioca un ruolo fondamentale per la commercializzazione dei nostri vini negli Usa».
E il resto del prodotto?
«La strategia aziendale prevede di mantenere e valorizzare la vendita del prodotto sfuso che in parte finisce anche all’estero, ad esempio agli spumantisti tedeschi, non solo docg ma anche vini varietali».