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 2018  gennaio 22 Lunedì calendario

Mille euro in 10 minuti. Così uno stipendio finisce nelle super slot

Nove minuti e 42 secondi è quanto serve per giocarsi lo stipendio di un operatore di call center. Mille euro. Lorenzo se li fuma in una sala gioco di Rivoli, alle porte di Torino, una delle più grandi del Piemonte. Ha 46 anni e alcune imprese. Altre le ha perse, e così case, auto, oggetti di valore. È stato in cura, non ha risolto nulla. «Certi giorni gioco anche 30 mila euro. Se mi fermo è perché non ne ho più». Va in giro con un collirio in tasca. «A forza di stare davanti a quegli schermi ho sempre gli occhi secchi».
Un pomeriggio con lui serve a capire quanto ordinanze e leggi concepite per arginare la malattia del gioco d’azzardo rischino di stroncarne solo un angolino, oltretutto il più innocuo, lasciando indisturbati i piccoli casinò.
Le slot machine installate nei bar e nelle tabaccherie – quelle che con le nuove leggi potrebbero sparire – accettano monete da uno o 2 euro e consentono una vincita massima di 100 euro a sessione. Ogni puntata parte da un minimo di 10-25 centesimi e può variare da 6 a 12 secondi; non si può perdere più di un euro e 50 al minuto. Le videolottery che prosciugano il conto di Lorenzo accettano banconote fino a 100 euro, ma senza limiti, in compenso sono tarate per consentire una vincita massima di 5 mila euro a sessione, eccetto le poche volte in cui esce il jackpot di sala, che può arrivare a un massimo di 500 mila euro.
Ma soprattutto bruciano soldi a velocità impressionante. I primi cento euro vanno via in un niente: cinque linee, puntata massima di 2 euro su ciascuna, 10 euro ogni volta che la mano si abbassa sul pulsante. Tredici colpi, dieci perdenti e tre vincenti: 20 euro, poi 40, poi 20. Un minuto e tredici secondi dopo Lorenzo ha bruciato, di fatto, 180 euro.
Non fa una piega, cambia apparecchio e anche gioco: questo si chiama Just Jewel, si tratta sempre di sperare in combinazioni di simboli, disegni, carte. Inserisce 200 euro: 85 secondi dopo il credito è zero.
Il «casinò» di Rivoli occupa una palazzina: al piano terra c’è il bingo e una sala gioco; al primo piano altre slot. Si sta ammassati in pochi metri quadrati, gli apparecchi uno sull’altro. Eppure c’è un silenzio irreale, quasi ipnotico, rotto soltanto dai jingle degli apparecchi e i colpi dei giocatori. Ogni volta che la mano batte sul pulsante è una puntata, massimo 10 euro. «Guardali, sono in trance». Muti, fissano gli schermi impassibili, muovono solo una mano ripetutamente per puntare e puntare ancora. Quando hanno perso tutto, con un gesto lento, si sfilano il portafogli e prendono un’altra banconota. E quando il portafogli è vuoto, non c’è problema: al primo piano ci sono due Pos, al piano terra c’è uno sportello bancomat. La legge che la Regione Piemonte ha approvato due mesi fa vuole bandire le slot nei bar e tabacchi a meno di 500 metri dai bancomat. Ma qui sono dentro le sale gioco ed è tutto regolare, almeno per ora.
Dopo nemmeno dieci minuti Lorenzo ha polverizzato mille euro. Accanto a lui una coppia sui settant’anni: lui seduto su uno sgabello, lei in piedi gli tiene una mano sulla spalla. Non si dicono una parola. Quando i soldi sono finiti lei li tira fuori dalla borsa, li inserisce nella macchina e la mano di lui ricomincia a battere. Nessuna gioia per una vincita, nessuna per una perdita. Luci basse, gli addetti svuotano decine di posacenere pieni di mozziconi. Dentro questi stanzoni nessuno parla ma tutti consumano una sigaretta dietro l’altra.
Lorenzo, nel frattempo, ha puntato altri 100 euro. Ne ha vinti 600. Poi 1052. Dall’apparecchio esce una ricevuta: serve per incassare la vincita o reinvestirla nella stessa slot o in un’altra. Allora qualche volta si vince. «Guarda che siamo sotto. Prima ne avevo persi 1400». Chi non ha la sua dimestichezza perde la bussola. Per lui no. «Per vent’anni ho giocato nei casinò. Ero loro ospite: alberghi, cene. Ho giocato anche un milione in un colpo solo. Nel 2009 ho detto stop. Un anno dopo ho cominciato a giocare alle Vlt: pensavo fosse più facile addomesticare le mie pulsioni. Sbagliavo: perdevo la cognizione del tempo, non andavo più in azienda». Qualche anno fa ha avuto un aneurisma. «Avevo appena perso 30 mila euro, ero furioso». Ha trascorso due mesi in ospedale. «Ho capito che dovevo rallentare, raccontavo bugie alla mia famiglia». Ha provato a curarsi. «Non è servito. Cerco di limitarmi: amici e parenti mi controllano, non gioco grandi somme anche perché non le ho più».
 
Eppure continua a giocare. E a perdere. Un pomeriggio senza esagerare, 4 mila euro giocati. «Più perdi e più senti che devi recuperare. Allora alzi le puntate, giochi su più macchine. E perdi di più. Giocavo anche su quattro-cinque apparecchi contemporaneamente: 10 euro al colpo, 50 euro ogni due secondi. Sono macchine infernali: finché erano nei casinò era un conto, ma ora sono dappertutto. Sotto casa. E per tutti. Chi gioca nei bar ci mette tempo a rovinarsi. Lì c’è il titolare, magari qualche cliente ti conosce. In queste sale chi ti vede è nel tuo stesso vortice».
Mentre i Comuni adottano ordinanze per ridurre gli orari di gioco e il Piemonte ha deciso di bandire le slot nel raggio di 500 metri dai luoghi sensibili, le sale gioco prosperano lontane da scuole e ospedali, con i bancomat all’interno, e i Pos che accettano carte di credito, i parcheggi pieni di utilitarie e le stanze invase di pensionati e gente in tenuta da lavoro. In Italia 50 mila Vlt raccolgono giocate per circa 24 miliardi, tanto quanto le 400 mila slot dei bar. Eppure il governo sta per autorizzare l’apertura di 5 mila nuove sale videolottery.