La Stampa, 22 gennaio 2018
Brasile, dal lavoro al matrimonio. Sabato ha chiuso Lixao, la più grande discarica dell’America
Valdineide dos Santos Ferreira si è presentata con un impeccabile abito da sposa bianco all’altare improvvisato sulla gigantesca montagna di rifiuti del «Lixao Estrutural» di Brasilia. Un tappeto rosso, una tenda, un tavolo e dei fiori, ad attenderla lo sposo Deoclides Brito, collega di lavoro nella discarica più grande dell’America Latina e seconda al mondo, dopo quella di Giacarta, in Indonesia.
Valdineide ha 63 anni e da 40 lavora separando i rifiuti, Deoclides è molto più giovane e guidava uno dei camion della nettezza urbana; è stato, assicurano, amore a prima vista. Il matrimonio è stato celebrato giovedì scorso, due giorni dopo il Lixao è stato chiuso, destando non poche preoccupazioni per i quasi duemila raccoglitori di rifiuti che ci lavorano, facendo la raccolta differenziata alla fine e non all’inizio, in condizioni insalubri, con odori nauseabondi e danni irreparabili per l’ambiente.
Dopo anni di tira e molla il governatore di Brasilia ha deciso di chiudere e Valdineide ha pensato bene di celebrare qui uno dei momenti più importanti della sua vita. «Il Lixao chiude – ha detto davanti alla stampa locale convocata per l’occasione – ma voglio che tutti sappiano che questo posto ha la sua dignità: abbiamo lavorato onestamente ed è in queste condizioni qui è nata la nostra storia d’amore».
Il Lixao è un classico esempio di cattiva amministrazione, degrado e corruzione tutta brasiliana, anche se, in fondo, potrebbe essere scritta in tanti altri posti. La gigantesca montagna di 40 milioni di tonnellate è alta 55 metri, come un palazzo di 18 piani. Si trova a 15 chilometri dal cuore dell’urbe disegnata da Oscar Niemeyer; dalla sua cima si scorge il Parlamento e il Planalto, il palazzo presidenziale. La città-modello progettata negli anni Sessanta doveva funzionare come un avveniristico aereo che trainava la forza di una potenza in divenire, ma le idee socialiste di Niemeyer e di Lucio Costa non avevano calcolato che per mantenere in piedi la capitale di un Paese da duecento milioni di abitanti ci sarebbe voluto il sacrificio di migliaia di sottoproletari disseminati in città satellite sempre più degradate.
Brasilia è cresciuta in modo esponenziale e nessuno si è preoccupato di creare un sistema integrale di smaltimento. Per decenni centinaia di camion della nettezza urbana hanno scaricato i rifiuti nel Lixao con i catadores a lavorare come formiche per separare carta, plastica, ferro, vetro.
Nel 1998 vengono proibite a livello federale le discariche a cielo aperto e s’iniziano a cercare delle soluzioni alternative. I raccoglitori hanno protestato contro la chiusura, ottenendo un accordo di massima per la creazione di nove cooperative che lavoreranno nei nuovi magazzini della differenziata. Salario fisso di 350 reais al mese (90 euro) più una commissione sulla quantità di materiale riciclabile raccolto, in media 70 chili al giorno. A conti fatti, non si arriva nemmeno alla metà di quello che si guadagnava al Lixao, tant’è che molti stanno pensando di andarsene. «Molti miei colleghi – ha detto Valdineide alla “Folha de Sao Paulo” – riuscivano a pagare la scuola dei figli con quello che guadagnavano. Ora tutto cambierà».
Il Brasile è il quinto produttore mondiale di rifiuti, 80 milioni di tonnellata all’anno scaricate in buona parte in tremila discariche a cielo aperto. Un’illegalità diffusa e permessa dalle autorità; invece che organizzare uno smaltimento organizzato, il 60% dei municipi brasiliani non hanno nemmeno un piano per la differenziata, lasciano fare il lavoro sporco ai raccoglitori abusivi. Un business da 8 miliardi di euro all’anno che occupa informalmente almeno 350.000 persone.