La Lettura, 21 gennaio 2018
In Norvegia alla ricerca di Ibsen
Ibsen, il gigante, uno degli autori più tradotti al mondo, che ha saputo scardinare la scena esibendo la complessità dell’animo umano e disegnare con preveggenza figure femminili che tentano nuovi sguardi, è finalmente apparso sulla mia strada, sognato, voluto. Condivido con il regista Luca Micheletti un percorso ampio e ricchissimo che ci porterà alla realizzazione di due spettacoli prodotti dal Teatro Franco Parenti di Milano grazie ad Andrée Ruth Shammah: Rosmersholm e Peer Gynt. Queste occasioni così intrise di teatro mi hanno spinto (paradosso!) ad allargare lo sguardo creando itinerari drammaturgici paralleli, che rendono il progetto una sfida e allenano la mia fantasia d’attrice ad aggiungere tasselli inaspettati, aperture, voli.
Lo scorso agosto sono partita per la Norvegia con la fotografa Valentina Tamborra, curiosa di toccare con mano luoghi mitici che erano solo evocati sulla pagina, di pronunciarne i nomi, di perdermi nella natura, di trovare «sul posto» le mie donne ibseniane. Ne ho vestiti i panni e le ho accostate al presente di persone e paesaggi e al passato dell’autore. Ne è nato Nient’altro che finzioni, un diario che «ri-racconta» Peer Gynt mischiando invenzione e realtà, fotografie e pensieri. Il viaggio ha ripercorso le tappe che Ibsen aveva toccato nel 1862 e che avrebbero costituito la base dell’opera.
Come in una seduta psicoanalitica sono emerse in me ombre della femminilità ibseniana, piaghe profonde nascoste. C’è qualcosa di misterioso nel passato di queste donne, di perturbante, sempre lì lì per deflagrare, per minare l’ordine costituito apparente. Ha a che fare con il rapporto col passato dello stesso Ibsen, con il fallimento di suo padre, con il figlio illegittimo che ebbe a diciott’anni, con la donna che lui abbandonò?
Il passato ritorna, emerge dagli specchi d’acqua, dalle ombre dei boschi, per chiedere il conto. Un fardello di non-detto che un’attrice deve trovare il modo di portare in scena mantenendo uno squilibrio fecondo. Mi specchio in un vecchio armadio e vedo Rebekka West che rimuove il desiderio, ma non riesce ad annichilirne la violenza che avrà conseguenze nefaste in casa Rosmer; e in una tinozza di legno mentre mi lavo e rido ritrovo la rimozione di mamma Åse che la spinge a crescere il figlio Peer rifugiandosi nel racconto, per dimenticare il suo fallimento economico ed esistenziale.
Sfioro la sposa rapita e poi abbandonata sui monti da Peer, quando resto sola nella tundra fuori da un recinto. Abbraccio la sua figurazione onirica gemella, la donna verde figlia del Re dei Troll, dopo aver urlato al cielo nella libertà selvaggia di una cascata. Tocco lo spirito della natura, l’ombra dell’umano, il bestiale e poi mi perdo in una notte solitaria a Bergen, abbandonata nel mio lato oscuro tra birre, ricordi e sigarette.
La donna angelo, Solvejg, la trovo mentre sorseggio un caffè guardando l’alba e aspetto anch’io il ritorno di Peer per tutta la vita. È umano o divino un simile aspettare? Scende una lacrima. Mille e mille traghetti su cui salgo e viaggio, la donna casa, il paese natale da cui si fugge per ritornare. Ibsen odia i norvegesi, ma dopo un esilio volontario di anni torna in patria da integrato, da modello: lo scrittore con le chiavi del parco del re. L’autore che ha mostrato le crepe della costruzione borghese ne diventa l’imperatore.
E infine nei piccoli cimiteri mi fermo a parlare alla morte, la donna di tutti, che livella e non perdona, soprattutto chi non ha avuto il coraggio di migliorarsi. Le donne di Ibsen sono incarnazioni di un femminile in contrasto, carnale, vivo, minaccioso che è bene allontanare, ma che si vendica aspettando fuori dalla porta per far crollare il velo di finzione su cui si regge la vita borghese che nasconde la macchia sotto il tappeto buono. Rebekka, Åse, Ingrid, la Donna Verde, Nora, Hedda, Ellida e le altre… come portarle in scena tutelando la loro tenerezza, la loro tristezza, la loro complessità?
Il progetto Nient’altro che finzioni sarà in mostra a Milano presso NonostanteMarras a cura di Francesca Alfano Miglietti e Patrizia Sardo Marras. La mostra sarà riproposta al Teatro Franco Parenti nel quadro di questo Percorso Ibsen. Tra pochi giorni, sul palco del Franco Parenti, diretta da Luca Micheletti, sarò Rebekka West, l’eroina di Rosmersholm. In aprile debutterà Peer Gynt. E mentre guardo tutti questi rami che dal tronco Ibsen fioriscono liberi penso che Rosmersholm fu cavallo di battaglia di Eleonora Duse, che votò il suo genio al norvegese, recandosi addirittura in Norvegia per incontrarlo di persona, senza successo. Indubbiamente ho avuto in Eleonora la migliore dei precedenti.