la Repubblica, 20 gennaio 2018
Quei vent’anni di promesse elettorali tradite
«In politica si chiama propaganda, nel commercio pubblicità». Dispensò in Romania, nell’aprile 2002, questa pillola di saggezza, direttamente al premier rumeno Adrian Nastase. Ma nel campo della réclame, va riconosciuto, Silvio Berlusconi non ha mai temuto rivali. «Diecimila poliziotti e carabinieri di quartiere. Lotta serrata all’immigrazione clandestina. Versamento Iva solo dopo il pagamento della fattura.Detassazione totale degli straordinari. Conferma bonus bebe. Meno tasse per la famiglia.Piano casa. Pensioni minime 800 euro per chi ha più di settant’anni. Libri di testo gratuiti per le famiglie meno abbienti. Completamento grandi opere. Fisco leggero per le aree svantaggiate. Riduzione ulteriore dell’Irap e del costo del lavoro. Riduzione Iva sul turismo».Recitava proprio così il volantino distribuito prima dell’politiche del 2006. E ancora non era arrivata la promessa dell’abolizione del bollo auto (2008). Né la busta, che provocò un tuffo al cuore di molti contribuenti che la scambiarono per una lettera dell’Agenzia delle entrate tanto poteva essere confusa con una vera comunicazione del Fisco, con su scritto: “Avviso importante – Rimborso Imu 2012”. Perché se la pubblicità è l’anima del commercio, la promessa è quella della politica. Magari ingannevoli, l’una e l’altra. Con la differenza che, in questo caso, per la prima c’è una sanzionepressoché sicura dell’Antitrust, mentre per la seconda di sicuri c’è invece un bel posto Parlamento: tanto è corta la nostra memoria.
Così ha buon gioco Berlusconi a dire ieri in televisione, la sua (Mattino5): «Prima moralità della politica è mantenere gli impegni elettorali. Io ho sempre mantenuto le mie promesse. Con Vespa ho firmato un patto mantenendo 4 dei cinque punti dell’intero contratto, come ha detto l’università di Siena».Ma mentre molti ricordano il celeberrimo contratto con gli italiani e i suoi cinque punti, quanti hanno a mente oggi che cosa effettivamente dissero gli esperti dell’ateneo di una città rossa e quindi perfino «a me non amico», come soggiunse l’ex Cavaliere? E cioè che l’80 per cento delle promesse erano state, sì, rispettate. Solo sulla carta, però. Sotto forma di disegni di leggi presentati e lasciati poi morire. Così sono buoni tutti, fece capire alla Zanzara di Radio24 l’autore dello studio, Maurizio Cotta. Mentre invece in fondo al contratto firmato in diretta tivù a “Porta a Porta” c’era scritto: “Nel caso che al termine di questi cinque anni di governo almeno quattro su cinque di questi traguardi non fossero stati raggiunti, Silvio Berlusconi si impegna formalmente a non ripresentare la propria candidatura alle successive elezioni politiche”.Raggiunti, sia chiaro, non proposti. L’italiano è lingua precisa. E vediamo, allora, che ne è stato di questi cinque punti.
1) L’abbattimento della pressione fiscale con due sole aliquote di cui la massima al 33%, e l’abolizione della tassa sulle successioni?Attuata solo la seconda delle due promesse. La prima, un flop: sia per la parte che riguarda le due aliquote, ma anche per quella relativa alla pressione fiscale, passata secondo l’Istat dal 41,3 al 40 per cento fra il 2000 (ultimo anno intero del quinquennio dell’Ulivo) e il 2005 (ultimo del successivo governo Berlusconi). E la statistica non tiene conto del fatto che il taglio delle tasse di 7 miliardi nel 2005 fu compensato pressoché integralmente dall’aumento di bolli e altre entrate impositive.
2) L’introduzione del poliziotto di quartiere con la “forte riduzione del numero di reati?” Nel 2000, anno precedente al secondo governo Berlusconi, il numero dei reati era per l’Istat di 2 milioni 563.100. Nel 2005, l’ultimo completo dei quinquennio berlusconiano, ne vennero denunciati 2 milioni 752.514: +7,3 per cento.
3) L’innalzamento delle pensioni minime ad almeno un milione di lire al mese? L’aumento venne limitato agli ultrasettantenni con un reddito familiare totale inferiore a 6.800 euro annui. Il Sole24ore accertò che la misura aveva toccato appena un terzo della platea potenziale.
4) Il dimezzamento del tasso di disoccupazione con la creazione di almeno un milione e mezzo di posti di lavoro? Nel 2000, ultimo anno completo dell’Ulivo, la disoccupazione (Istat) era al 7,7 per cento, e nel 2005 era scesa al 6,2 per cento: 1,5 punti in meno, non la metà. Sempre nel 2000 si registrarono 21 milioni 596 mila posti di lavoro, saliti alla fine del 2005 a 22 milioni 407 mila: +811 mila, metà di quanti promessi.
5) L’apertura dei cantieri per almeno il 40 per cento degli investimenti previsti dal piano decennale delle grandi opere?Alla fine del 2005, i dati del Cipe e dell’Anas dicevano che l’avanzamento dei lavori previsti dalla legge obiettivo era fermo a un miliardo 670 milioni: circa l’1,5 per cento del totale. Altro che 40.
Adesso Berlusconi propone di abbattere le tasse e tagliare le aliquote fiscali con la flat tax (1), accrescere la sicurezza (2), aumentare le pensioni minime a mille euro al mese per tredici mensilità (3), debellare la disoccupazione (4) e costruire il Ponte sullo Stretto di Messina (5).
Il tempo passa, e l’auto è sempre la stessa. Soltanto più usata. E un bel po’: 18 anni sono trascorsi da quella serata nel salotto di Bruno Vespa. Se “il contratto con gli italiani” del 2001 fosse stato onorato fino in fondo, quell’auto sarebbe da un pezzo allo sfasciacarrozze.