Libero, 20 gennaio 2018
«Via la mia foto dalle sigarette»
La storiella è questa. Maurizio Plescia vive a Casamicciola (in Campania, a nord di Ischia) e fa il commerciante. Ha una fidanzata colombiana e periodicamente la raggiunge in Sudamerica. Ogni tanto ha problemi respiratori e prende un farmaco a cui, però, il suo fisico d’un tratto reagisce male, anche perchè ha un principio di polmonite. Si scopre che il farmaco contiene una sostanza a cui è allergico e insomma, deve ricoverarsi in ospedale (clinica Farallones) e finisce tutto intubato, una scena tipicamente non bellissima da vedere. Poi succede questo: a sua totale insaputa, qualcuno lo fotografa mentre dorme. E si vede che la foto piace a qualcuno – l’intubato, ripetiamo, è totalmente ignaro – perché lo scatto in qualche modo perviene all’Unione Europea che da tempo impegnata a trovare la maniera di terrorizzare i fumatori in ogni modo possibile. Sui pacchetti di sigarette compaiono già da tempo scritte sempre più minacciose (“non fumare”, “il fumo provoca cancri orrendi”, manca solo “sei un coglione”) e sta per passare la normativa che prevede le immaginette-choc, quelle luttuose e schifose che occupano la prevalenza del pacchetto. La Comunità Europea sceglie, tra altre, le seguenti immagini: gengive e denti marci; bara di neonato con genitori in lacrime; uomo con gamba amputata; giovane su sedia a rotelle; occhi cecati; collo con un buco nero sul gargarozzo; donna che scatarra sangue nel fazzoletto; orrendo tumore alla lingua; disabili e infartuati in tutte le posizioni, per letto o per terra. Ma ce n’è anche un’altra, di immagine: è quella di Maurizio Plescia, ricoverato e intubato. Finisce nel mucchio. Il criterio, parentesi, è puramente discrezionale e politico. Sarebbe come mettere foto di gente maciullata sulle portiere delle auto, o immagini di adipe e colesterolo sulla confezione del burro, e fegati cirrosi sul vino. Ma la campagna inizia e prosegue – anche se i fumatori tutto sommato se ne fottono – e passa un po’ di tempo: milioni di fumatori familiarizzano con le immagini, compreso chi, come lo scrivente, compra le sigarette a stecche e ogni volta si ritrova la stessa immaginetta per dieci pacchetti. Il problema è che, un giorno, se ne accorge anche Maurizio Plescia – non sappiamo neppure se fosse un fumatore – che appunto si ritrova una propria foto con lui intubato e orrendo in decine di milioni di pacchetti di sigarette. Senza saperne niente: nessuno l’ha mai avvertito. Lui sa solo che quello lì è lui, sdraiato su un letto d’ospedale: non c’è dubbio. Peraltro il suo problema, coi danni provocati dal fumo, non c’entrava un accidente: ma ogni singolo pacchetto gli attribuisce una patologia invalidante mai avuta prima (ictus e invalidità) e insomma, roba da toccarsi i coglioni per qualche milione di volte, anche perché siamo nel napoletano e a scaramanzia non scherzano. Il nostro intubato decide quindi di rivolgersi a un avvocato, visto che cade dalle nuvole (di fumo) e non ha mai dato il consenso per una cosa del genere. Parrebbe una passeggiata legale, a quel punto. Figurarsi. C’è di mezzo la Comunità Europea e, nel caso, una multinazionale del tabacco come la Philip Morris. Ma non solo: in giro per il mondo ci sono altri ex intubati che pure dicono: quello sono io. E vogliono soldi e risarcimenti pure loro. Un esercito di intubati. Uno è della Galizia. Uno dice che la foto gliel’hanno scattata a Santiago. Un altro dice che è la foto di suo padre morto di ictus. Un’altra dice che no, quello è suo marito morto nel 2015. Un incubo che, per essere risolto, necessita di un sacco di tempo e di una perizia comparativa firmata da un esperto del settore, che finalmente conferma: è proprio lui, è Maurizio Plescia da Casamicciola. Segue messa in mora della Philip Morris con rimpallo burocratico con l’Unione Europea (vera responsabile del pasticcio, pare) e insomma, parte finalmente una trattativa per giungere a una transazione che eviti un lungo e soprattutto inutile processo. Se Maurizio Plescia ottenesse un centesimo per ogni volta che, in questi anni, si sarà toccato sotto la cintura – presumiamo – potrebbe campare di rendita.