Corriere della Sera, 20 gennaio 2018
Test del sangue per otto tumori. «In futuro diagnosi precoce»
Basterà un giorno fare un prelievo di sangue per scoprire se si ha un tumore? Un passo avanti significativo in questa direzione l’hanno compiuto ricercatori della Johns Hopkins University di Baltimora (Usa), che hanno pubblicato sulla rivista Science i risultati di un loro studio su un test in grado di individuare nel sangue tracce di otto tipi differenti di tumori (ovaio, fegato, stomaco, pancreas, esofago, colon retto, polmone e seno).
L’analisi è stata condotta su 1.005 pazienti che avevano già ricevuto la diagnosi di uno dei tumori (non ancora in fase metastatica) ed erano già stati operati, confrontati con 812 persone sane.
Un progresso notevole rispetto a esperimenti precedenti, anche se, come sottolineano gli stessi autori dell’indagine (tra i quali l’italiano Massimo Falconi, direttore del centro del Pancreas dell’Ospedale San Raffaele di Milano), serve tempo perché l’esame si riveli utile sulla popolazione sana. Che un test sappia scovare tumori in stadio avanzato non significa che possa scoprirli anche in fase iniziale o addirittura quando non abbiano ancora dato sintomi. Il sistema utilizzato (CancerSEEK), infatti, è stato efficace intorno al 40 per cento dei casi quando la malattia era in stadio precoce (stadio I), mentre la sua precisione è cresciuta con l’aumentare della gravità del tumore.
Esistono comunque già diversi test che vanno alla ricerca di «segnali» dei tumori in sangue, urine o saliva. Questo tipo di indagine, non a caso, viene chiamata biopsia liquida, a differenza della biopsia tradizionale, che consiste nel prelievo di cellule o di frammenti di tessuto da una sospetta area tumorale in un determinato organo.
«Oggi con un prelievo di sangue si possono analizzare cellule che si staccano dal tumore (Cellule tumorali circolanti, Ctc) o frammenti di materiale genetico (Dna tumorale circolante, ctDna) che si riversano in circolo, per ottenere importanti informazioni sulle caratteristiche genetiche della patologia e, di conseguenza, pianificare un trattamento il più adeguato e diversificato possibile per ciascun paziente», spiega Antonio Russo, direttore del reparto di Oncologia al Policlinico Giaccone di Palermo e autore di un volume appena pubblicato negli Stati Uniti sull’argomento. «La biopsia liquida (come questo nuovo test) per ora non serve ancora per fare diagnosi precoce, però è già uno strumento molto utile per trovare biomarcatori che ci permettono di scegliere la terapia più adatta e modificarla nel corso del tempo qualora non si dimostrasse più efficace a causa dei cambiamenti che dovessero intervenire nel tumore». Il tutto senza dover sottoporre il paziente a prelievi «solidi» ogni volta.
Esistono però già test di questo tipo in vendita per cifre variabili tra i 500 e i due mila euro (CancerSEEK ha un prezzo attorno ai 500 dollari, ma non è commercializzato in Italia) che promettono di poter «dare la caccia» a cellule cancerose nel sangue di persone sane, senza sintomi. A che cosa servono davvero? «La ricerca di mutazioni del Dna tumorale rilasciato in circolo potrebbe rivelarsi utile in futuro, oltre che per monitorare la malattia, anche per anticipare la scoperta di un tumore quando non è ancora visibile con le metodiche diagnostiche che abbiamo a disposizione, come per esempio Tac o Risonanza magnetica – sottolinea Russo —. Ma occorre distinguere chiaramente fra cosa possiamo fare già oggi, cioè usare la biopsia liquida per scegliere il farmaco giusto per certi tumori, e che cosa invece è ancora oggetto di sperimentazione, ovvero l’utilizzo come mezzo di diagnosi precoce o come alternativa, in generale, alla biopsia dei tessuti».