Corriere della Sera, 20 gennaio 2018
È giusto negare ogni contatto con la famiglia d’origine? Sul caso del figlio della coppia dell’acido
1 Perché la Cassazione ha deciso che il bimbo di Martina Levato e Alexander Boettcher non può essere affidato ai nonni?
Il bambino ha 2 anni e mezzo. Da più di un anno vive con una coppia ritenuta ido-nea a crescerlo, e da allora non incontra più la famiglia d’origine. Strapparlo adesso alle persone che riconosce come genitori, al di là delle considerazioni giuridiche, l’avrebbe fatto soffrire in mo-do traumatico – spiega Carlo Trionfi, psicoterapeuta all’Istituto Minotauro di Mi-lano —. Alla sua età quel bimbo comprende, ha conso-lidato certi affetti. Ha bisogno di vivere in un ambiente sta-bile. Uno strappo avrebbe destabilizzato la crescita. Il conflitto giuridico non deve mai dimenticare l’età evolu-tiva della persona che è al centro della contesa.
2 Sono opportuni contatti con la famiglia d’origine?
L’interesse del minore deve essere perseguito in termini concreti, non astratti. L’eco dei media in questo caso è stata enorme, preclude qual-siasi via di mezzo. A 21 anni, con il consenso di un ma-gistrato, il ragazzo potrà avere accesso al fascicolo e cono-scere le sue origini. Ma sarà più strutturato e se vorrà potrà affrontare la storia della sua famiglia biologica.
3 È giusto caricare i genitori adottivi di un tale segreto?
Qualche volta, per non investire le coppie di un se-greto troppo grande, si nas-conde persino a loro la «pro-venienza» del bimbo. Le istituzioni vogliono dare al minore la possibilità di co-minciare da zero, senza ipoteche ritenute troppo pesanti. In questa fase, la protezione prevale sul diritto a conoscere una verità con cui comunque, prima o poi, qualunque essere umano ha bisogno di fare i conti.
4 Crescere un figlio avrebbe potuto fare bene alla Levato?
Un figlio – chiude Trionfi – non può essere strumento di redenzione del genitore.