Corriere della Sera, 20 gennaio 2018
Le accuse tardive a Woody Allen
Secondo un grande comico americano, Dave Chappelle, «la cosa che fa più ridere di solito è anche quella più cattiva». E nella tristezza di questi mesi, con le rivelazioni sulle molestie, gli abusi e gli stupri nel mondo di cinema e tv americani, almeno c’è stato, ieri, il titolo molto cattivo della rivista satirica The Onion a strappare un sorriso: «Aspirante attrice sogna, un giorno, di potersi pentire di aver lavorato per Woody Allen». Cresce di giorno in giorno l’elenco degli attori e delle attrici che, potendo tornare indietro, non lavorerebbero più con Woody Allen: Colin Firth, Timothée Chalamet, Rebecca Hall, Griffin Newman, Greta Gerwig, Mira Sorvino si sono pentiti pubblicamente di aver recitato per Allen, accusato di aver molestato la figlia Dylan quando aveva sette anni. La questione non è ovviamente la solidarietà, doverosa e lodevole, con le vittime di abusi. Il problema è che le accuse contro Allen sono di 25 anni fa, indagate da polizia e giudici e riportate dai media (Dylan, oggi 32enne, le ha ripetute tre giorni fa alla Cbs : «Perché non dovrei volerlo distruggere?», e poi ha pianto). Dire oggi, come ha fatto Marion Cotillard, «ero ignorante in materia di quel che aveva fatto o non fatto, oggi scaverei più a fondo», può portare qualcuno a ipotizzare che tra le buone intenzioni ci sia anche un pizzico di ipocrisia. Intorno a Allen non c’era gossip all’interno dell’industria del cinema come nei casi, per esempio, di Harvey Weinstein e Kevin Spacey: c’erano atti dei tribunali, perizie, due decenni e mezzo di copertura mediatica (i due riassunti più completi degli argomenti di accusa e difesa sono, per chi legge l’inglese, un lungo articolo di Maureen Orth per Vanity Fair americano e l’autodifesa di Allen sul New York Times ). Nessun attore ha mai lavorato con Allen, prima o dopo quel 4 agosto 1992, per soldi (i budget sono piccolissimi, la paga è il minimo sindacale): l’hanno fatto per la qualità di sceneggiatura e regia. E, magari, anche perché sui cast di Allen sono diluviate attraverso i decenni nomination all’Oscar e statuette, più che per qualunque altro regista. Sostenere di non sapere che Allen fosse stato accusato di un crimine orrendo è assurdo. Pentirsi è ovviamente degno di rispetto. Donare la paga a associazioni anti molestie è altrettanto lodevole. Ma proprio in casi come quello di Chalamet, ex sconosciuto oggi favorito all’Oscar per Chiamami con il tuo nome di Luca Guadagnino, e Gerwig, lanciatissima con Lady Bird, non si può non prendere atto che rinnegare Allen significa anche fare un’ottima scelta di relazioni pubbliche. E lanciare un messaggio all’Academy.