Corriere della Sera, 20 gennaio 2018
Giulia Bongiorno divide la Lega. Maroni: «Io e Bossi combattevamo Andreotti»
Da stalinista ad andreottiano. Sono sempre più tesi i rapporti all’interno della Lega tra Roberto Maroni e Matteo Salvini. Si erano appena spente le luci sull’accusa di «stalinismo» rivolta dal governatore uscente della Lombardia al segretario del Carroccio che esplode una nuova polemica. Questa volta a dividere le due anime della Lega – quella nazionalista e quella nordista – è Giulio Andreotti. A tirare in ballo lo statista scomparso quattro anni fa è Giulia Bongiorno, la penalista che negli anni ha difeso lo stesso Andreotti dall’accusa di mafia e ora è candidata ufficialmente da Salvini nelle file della Lega dopo un passato con Fli. «Andreotti avrebbe approvato questa Lega nazionale e concreta. Quella che si preoccupava solo del Nord no». Frase che provoca un vespaio tra gli ex democristiani ma soprattutto la replica polemica di Maroni: «È davvero cambiato il mondo – scrive su Twitter – io e Bossi quelli come Andreotti li abbiamo sempre combattuti». Basta andare a rileggersi le cronache di quegli anni. «Andreotti capobastone» ringhiava Bossi. Per i leghisti della prima ora il divo Giulio era l’incarnazione di «Roma Ladrona».
Ogni riferimento alla svolta nazionale di Salvini è voluta ed è il segnale del grande gelo che si è manifestato in tutta la sua evidenza dopo la rinuncia di Maroni a ricandidarsi per la presidenza della Lombardia con relativi interrogativi sul futuro dell’ex ministro dell’Interno come possibile «riserva della Repubblica». «Sono orgoglioso della scelta per la Lega di Giulia Bongiorno – replica Salvini senza mai nominare Maroni —. Io guardo al futuro, e nel futuro c’è che la Lega governerà questo Paese». «Non giudico le persone che candidiamo sulla base dei clienti che hanno difeso nella loro carriera professionale di avvocato – gli fa eco Roberto Calderoli —, ma le giudico sulla mia conoscenza ed esperienza diretta». Poi, Salvini a Otto e mezzo aggiunge un’altra battuta, all’apparenza distensiva, ma con una buona dose di veleno: «Non ci sono rapporti tesi con Maroni. Sono orgoglioso del suo lavoro alla Regione Lombardia. Fortunatamente avremo altri esponenti che possono fare amministratori e ministri. Non litigo con nessuno, figuriamoci se litigo con miei». La Bongiorno, su Corriere Live, preferisce non replicare a Maroni, ma lancia un avvertimento: «Io oggi mi candido perché voglio fare battaglie su sicurezza, legalità, immigrazione, legittima difesa e certezza della pena. Per favore non mi toccate Andreotti. Né – è la stoccata in chiave anti lumbard-bossiana – mi vedrete con un’ampolla sul Po». E spiega il senso della sua frase: «Il presidente (Andreotti, ndr) era contro la secessione e a chi mi ha chiesto cosa avrebbe detto della mia scelta, ho detto che se mi fossi candidata in una Lega che la voleva ancora mi avrebbe detto “riflettiamo” ma in questa Lega, che è diversa, siccome il presidente era un uomo concreto e curioso, difficilmente avrebbe detto no».
Non la prendono bene gli ex dc. A partire da Cirino Pomicino «Bongiorno, politicamente non ha nulla a che fare con Andreotti». Gianfranco Rotondi parla di battuta di cattivo gusto: «Si lasci riposare in pace il divo Giulio». «Fa torto sia a Salvini che ad Andreotti» conclude Marco Follini.