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 2017  dicembre 31 Domenica calendario

Il vetraio che ha costruito la teca che protegge la Gioconda

Il lavoro più delicato e complesso fu progettare le vetrine che avrebbero protetto i gioielli della Corona nella Torre di Londra. Furono i servizi segreti della regina a verificarne il grado di resistenza facendo esplodere bombe su un prototipo in un luogo segreto. Come andò? «Questo non me lo hanno fatto sapere», dice Alessandro Goppion, «ma il vetro, che è anti kalashnikov, deve aver fatto il suo dovere perchéAlessandro Goppion abbiamo vinto la commessa». Alessandro Goppion è il figlio di Nino, fondatore della vetreria nata a Milano in via San Vincenzo nel 1952. Una piccola ditta che negli anni sarebbe cresciuta sino a diventare leader mondiale nella progettazione e realizzazione di allestimenti e teche.
La svolta per la vetreria, che nel frattempo si era ingrandita e trasferita fuori città a Trezzano sul Naviglio, avviene 35 anni fa con la decisione di puntare sui musei. «Cominciammo da quelli italiani, poi tentammo le gare all’estero e grazie alla commessa con Buckingham Palace ci fu un cambio di passo, un salto dimensionale, ma anche culturale», dice Goppion. La reputazione cresce, si vincono le commesse del Victoria and Albert Museum, del British Museum e del Louvre, dove le teche Made in Italy proteggono il quadro più famoso, la Gioconda. Le vetrine del cavalier Goppion arrivano poi al Museum of Fine Arts di Boston e al National Museum of
La teca che protegge i gioielli della Corona britannica alla Torre di LondraAfrican American History & Culture di Washington Dc, dedicato alla cultura afro-americana: racchiudono l’abito indossato da Rosa Parks. «Di recente abbiamo avuto l’incarico dal Metropolitan di New York per le British Galleries e per l’ala sull’arte islamica del British Museum».

Ogni progetto è un gioco di equilibri tra le esigenze diverse di architetti, designer, conservatori e addetti alla sorveglianza e alla manutenzione, senza trascurare il pubblico che deve poter ammirare l’opera. «Ho lavorato con archistar del calibro di Norman Foster e Jean Nouvel, mi devo confrontare con giganti che vogliono continuamente portare al limite la fattibilità».
Le teche espositive sono un gioiello di artigianato tecnologico: devono essere iper-resistenti, ma al tempo stesso invisibili. «La vetrina è come se fosse la casetta degli oggetti: li deve difendere dai furti, dal clima, dalle scosse sismiche, ma anche essere trasparente e bella. Le teche di oggi sono multistrato, composte da pellicole differenziate e fatte anche da cento componenti. In più, sono intelligenti, in grado di inviare un’allerta al minimo problema e sono comandate a distanza per l’igrometria (misura dell’umidità, ndr) e la ventilazione».
Prodotti di altissima tecnologia, che costano da un minimo di 500 mila euro fino a 5 milioni: come può realizzarli da sola una pmi con 50 dipendenti? «Il mio segreto è la rete di fornitori. Utilizzo componenti fatti su misura da decine di costruttori della regione. Mi producono il vetro, il metallo per la cerniera o la materia prima dei materiali compositi. Io assemblo tutto in fabbrica a Trezzano e spedisco o installiamo in situ».
In Italia Goppion ha realizzato le teche del riallestimento del Museo Egizio di Torino, del museo del Duomo di Firenze e del Muse di Renzo Piano a Trento. «Purtroppo il nostro Paese ci dà pochissimo lavoro. In Italia manca una visione che si ponga come obiettivo la salvaguardia e valorizzazione del patrimonio artistico». Goppion realizza all’estero circa il 90% dei 20 milioni di fatturato. Il sogno ora è partecipare a progetti sulla tutela dell’arte delle popolazioni meno abbienti in Africa e America Latina: «Posseggono tesori che meriterebbero di essere valorizzati».