Libero, 18 gennaio 2018
L’odiato Trump in un anno ha fatto centro
Un anno di record. Tutti gli indicatori economici promuovono Donald Trump. E non si può dire che non faccia notizia. Non c’è stato un giorno del 2017 che Dio ha mandato in Terra che i titoli dei giornali del mondo non fossero sul Presidente degli Stati Uniti d’America. Una ne fa e cento ne pensa. Per questo piace ai giovani. Parla come mangia e non se ne tiene una. D’altronde, ha vinto solo contro tutti e questo gli dà la libertà di fare quel che gli pare. Non ha finanziatori o gruppi di interesse a cui rispondere.
E per la prima volta sta realizzando punto per punto il programma che ha presentato agli elettori. Una rivoluzione in politica, dove a quello che si dice e promette in campagna elettorale non viene quasi mai dato seguito. Su questo sarà valutato a fine mandato e, se deciderà di ricandidarsi, molto probabilmente verrà confermato per altri quattro anni alla Casa Bianca.
LEZIONE AI POLITICI
Dal meno politico di tutti, una lezione di stile e di morale ai colleghi del resto del mondo. Che per questo lo odiano: mette l’asticella troppo in alto e raggiungerlo in termini di risultati diventa impossibile per chiunque altro. Ne è un esempio la lettera che i ministri delle finanze europei hanno inviato al segretario al Tesoro Usa, Steve Mnuchin, per tentare di bloccare la riforma fiscale. Gli Stati Uniti diventeranno troppo competitivi sul mercato globale e gli europei faranno fatica a tenere il ritmo. Lo stesso dicasi per il trasferimento dell’ambasciata americana in Israele da Tel Aviv a Gerusalemme. Va da sé che nei prossimi anni dovranno spostarla anche gli altri Paesi, ma che figura ci faranno i loro governanti dopo che hanno sparato a zero contro la decisione di Trump?
Così per i famigerati accordi di Parigi sul clima. Con l’uscita degli Usa dal gruppo dei Paesi che li hanno firmati nel 2015 capitanati da Barack Obama, è emersa tutta la superficialità, l’insensatezza e l’inconsistenza degli impegni in essi contenuti, oltre al grande spreco di denaro pubblico.
LAVORO
Nel primo anno di amministrazione Trump sono stati creati oltre due milioni di posti di lavoro, specie nel settore manifatturiero, grazie al ritorno negli Stati Uniti delle aziende americane che avevano delocalizzato la produzione in Messico o in Cina. Non solo: con un Presidente «razzista» alla Casa Bianca sono aumentati i posti di lavoro regolari occupati dagli afroamericani e dagli ispanici. Addirittura gli immigrati messicani festeggiano il nuovo corso economico con rimesse sempre più ricche che inviano ai loro parenti oltre confine. Il tasso di disoccupazione in Usa è al 4,1%: minimo storico da diciassette anni. Giusto a titolo di esempio, in Italia è all’11%: quasi il triplo.
Facciamoci delle domande e diamoci delle risposte. Una veloce veloce la diamo proprio a Matteo Renzi, che in queste settimane di campagna elettorale si riempie la bocca della proposta di innalzamento del salario minimo per i lavoratori. Se l’economia cresce, non c’è bisogno del governo per aumentare le buste paga: gli stipendi lievitano in maniera quasi automatica, o perlomeno volontaria da parte delle aziende che premiano l’aumento della produttività dei loro dipendenti. È avvenuto, per esempio, da questo mese con Wells Fargo e Fifth Third, società operanti nel settore del credito bancario.
TASSE
Così come altre più di cento grandi aziende, inclusa Fiat Chrysler, hanno riconosciuto bonus da duemila dollari a operai e impiegati grazie agli ottimi risultati conseguiti nel 2017. Un premio di cui hanno beneficiato oltre due milioni di lavoratori americani.
Basta guardare i dati del mercato del lavoro per capire l’andamento della politica di un Paese. E Trump ha potuto conseguire i risultati positivi che abbiamo visto grazie a un certosino lavoro di semplificazione burocratica e alla sua grande rivoluzione fiscale. Millecinquecento miliardi di taglio delle tasse in dieci anni: centocinquanta all’anno che restano nelle tasche dei cittadini piuttosto che passare in quelle dello Stato. Mentre in Italia ancora ci scandalizziamo se la Flat tax ne costerà quaranta. Tanto più che le nuove aliquote fiscali porteranno l’economia americana a crescere più del 4% all’anno. Sempre solo a titolo di confronto, in Italia tocca baciare terra se il Pil cresce dell’1,5%. Come conseguenza, la Borsa Usa ha creato valore, solo in un anno, per quasi ottomila miliardi di dollari.
POLITICA ESTERA
Non c’è dubbio che la forza economica restituisca centralità politica. E nel suo primo anno Donald Trump ha giocato un ruolo centrale sullo scacchiere internazionale. Come aveva promesso in campagna elettorale, dopo pochi mesi dall’insediamento ha di fatto annientato l’Isis, ridotta ormai ai minimi termini, salvo qualche «foreign fighter» facilmente neutralizzabile con i mezzi di intelligence dei servizi segreti. In accordo con la Cina, tiene sotto scacco il dittatore nordcoreano Kim Jong-un. Mentre in Medio Oriente, dalla parte di Israele e contro l’Iran (che dalla sua, invece, ha Federazione Russa e Turchia), ha stretto un’alleanza forte con l’Arabia Saudita.
Il resto della diplomazia la fanno i suoi incontri sul campo da golf a Mar-a-Lago, in Florida, con il presidente giapponese Shinzo Abe e la grande attenzione all’abbigliamento di Melania e Ivanka nei lunghi viaggi di Stato all’estero. Sembrano stupidaggini, ma in politica estera i simboli contano.
IMMIGRAZIONE
Anche per l’immigrazione parlano i numeri. La costruzione del famoso muro al confine col Messico era cominciata già sotto l’amministrazione di George Bush (figlio) nel 2006. Il numero degli ingressi clandestini di chi varcava il confine in maniera illecita si ridusse drasticamente da 122.261 a 12.251. Di pari passo scomparvero quasi del tutto la criminalità e il traffico di droga, come testimoniano gli abitanti di El Paso, città del Texas al confine con il Messico passata ad essere dalla più pericolosa alla più sicura d’America.
Brutta sorte, insomma, per i nemici di Trump: dopo il fallimento dell’inchiesta sui rapporti con la Russia, che si è dimostrata un polverone dannoso più per Hillary Clinton e il partito democratico che per il Presidente e la sua famiglia, dopo gli innumerevoli tentativi di impeachment, tutti risoltisi in nulla di fatto, dopo i milioni di notizie false su di lui divulgate dai media nel tentativo di azzopparlo, da ultimo è venuto pure fuori che non solo è mentalmente stabile, cosa che più volte, sia pur senza riscontri effettivi, è stata messa in dubbio, ma è pure sano come un pesce. Anzi, aggiunge il suo medico, ha dei «geni pazzeschi». Con tutto il cibo spazzatura che mangia solo un metabolismo forte e un Dna potente gli consentono di resistere.
Già, il cibo spazzatura. Quello di McDonald’s, per intenderci, di cui come Trump si nutre la quasi totalità degli americani. Un altro punto su cui è in sintonia con il suo popolo. «Donald uno di noi», si sente camminando per strada. Non come Obama e la moglie Michelle. Carini sì, soprattutto per i commentatori dei salotti chic, ma altrettanto lontani dall’anima del Paese. E per nulla rimpianti.