il Giornale, 19 gennaio 2018
Un paesino di 90 anime diventa cimitero nucleare
Il sito e le carte e le idee. Gli studi e i progetti, le simulazioni, i documenti da ottenere. Le valutazioni e le verifiche, e poi eccolo il sì. Dopo anni di attesa, il permesso definitivo. Le scorie nucleari saranno spedite a Bure, nord est della Francia, paesino ai confini dei dipartimenti della Meuse e della Haute Marne, a ridosso delle colline, dove coltivatori grandi e piccoli curano, con precisione maniacale, le vigne che danno alla Francia lo champagne. È qui, tra questi 96 abitanti, che sorgerà la più grande discarica di scorie radioattive d’Europa. E il cartello di benvenuto già racconta tutto. «Città gemellata con Chernobyl, Fukushima e Three Mile Island».
Era il 1994 quando è iniziata la lunga ricerca del posto giusto. La Francia sezionata in lungo e in largo. I criteri severissimi per un obiettivo che fa paura solo a parlarne: stoccare scorie radioattive sotto terra. E chi le vuole? La zona non deve essere a rischio terremoti e nel profondo della roccia dove l’acqua non può infiltrarsi. E Bure risponde a tutti i principi. Anche quello della povertà. La Haute Marne infatti, è una delle aree più difficili della Francia, con un’agricoltura in forte crisi e un comparto industriale estremamente debole. Si partirà il 2022 per un costo di circa 60 miliardi di euro. E anche con la promessa di ridare vigore all’economia della regione, le autorità locali hanno dato il via libera alla realizzazione del sito di stoccaggio in un’area vasta 3mila ettari: secondo il progetto dovranno essere realizzati 30 chilometri quadrati di gallerie nel sottosuolo per poter ospitare i rifiuti nucleari di tutta Europa. «Le cavità adatte- spiega Bertrand Vignal, dell’Andra, l’organismo francese che si occupa della gestione dei rifiuti radioattivi e del laboratorio di Bure- sono il sale, il granito e l’argilla».
Difficile convincere, assicurare, rassicurare. Uno il dubbio lo ha sempre, al di là delle precauzioni, indipendentemente dalle perizie di tecnici, ingegneri, esperti. A dormirci vicino non si è mai tranquilli davvero. Qualche Comune ha protestato e si è tirato fuori, altri hanno accettato di farsi scavare sotto campi e foreste. Come Bure appunto. Che il governo ha gratificato con 20 milioni di euro da investire in costruzioni di scuole e infrastrutture. Un piccolo indennizzo per un progetto faraonico che renderà famoso questo borgo e i suoi abitanti. Otto minuti di ascensore per arrivare in fondo: 500 metri sotto terra dove nascerà il cimitero delle scorie. Attorno pareti e grate per stipare bare d’acciaio piene di rifiuti. Catacombe dell’atomo l’hanno ribattezzata. E lungo le pareti di questa roccia grigia si aprono i loculi. Dentro al contenitore d’acciaio inossidabile i residui sono schermati da un secondo involucro in vetro. Il termine tecnico è «scorie ad alta radioattività e a vita lunga». In ogni cunicolo se ne stanno dodici: sarcofagi lunghi poco meno di una bara, un metro e sessanta, in successione che ne prevede uno pieno e due vuoti, per limitare il carico radioattivo e disperdere più facilmente l’enorme calore accumulato. Precauzioni su precauzioni perchè la materia è più che delicata: letale. Non tutte le scorie sono così a lungo pericolose. Una quota minima deve essere trattata con mille cautele e attenzioni, ad esempio seppellendolo nel cemento, poco meno del 90 per cento dei rifiuti nucleari ha una vita radioattiva inferiore ai 30 anni. E meno del 5% sono quelli con una vita semieterna e un’altra radioattività. Bure si prepara ad accogliere. A scavare e stipare. Ma non senza protestare. La spinta degli ambientalisti forte anche qui. L’estate scorsa le proteste e le rivolte si sono fatte sempre più violente. Lanci di granate lacrimogene e accerchiamenti da parte della polizia, feriti. Da un anno ormai è stato occupato un bosco di 220 ettari. Ad Agosto, più di mille persone si sono ritrovate nel paese per dire no al centro di stoccaggio. C’è un sito archeologico neolitico, quello di Saudron, che verrebbe spazzato via per portare avanti il laboratorio. A dare forza alle associazioni ambientaliste, anche le riserve espresse dall’autorità di sicurezza nucleare. Ma c’è di più: dopo la rinuncia del presidente Macron al nuovo aeroporto di Nantes, resa nota mercoledì scorso, si potrebbero intensificare le proteste contro una trentina di progetti considerati a rischio per l’ambiente dagli attivisti. E tra questi ovviamente c’è Bure.
Ha coraggio questo paese a tre ore di distanza da Parigi. I finlandesi sono gli unici al mondo che stanno costruendo un deposito definitivo per le scorie. Ad Olkiluoto, vicino ala nuova centrale in costruzione dove ci sono rocce di granito. Solido e compatto, ma più permeabile alla radioattività dicono gli esperti. Nel progetto finlandese i sarcofagi delle scorie ad altra radioattività prevedono una precauzione maggiore: una camicia di rame a isolare ulteriormente. I francesi invece pensano di poterne fare a meno. «Entro 300 anni sappiamo benissimo che i contenitori si bucheranno- dicono dall’Andra. Ci saranno i primi forellini. Ma a quel punto a contenere la radioattività ci penserà la roccia». Teorie. Auspici. Scommesse davanti a un problema che si accumula. Solo in Francia ci sono 58 reattori nucleari attivi centrali e i rifiuti sono un problema da affrontare. L’argilla, rispetto al granito ha il vantaggio di far muovere più lentamente la radioattività. Ostacoli di natura tecnica e politica. In Germania è dal 1977 che si sta studiando la possibilità di usare una vecchia miniera di sale Gorleben in Sassonia. E in Italia? A oltre trent’anni dal referendum, la mappa nazionale dei siti di stoccaggio, la Carta nazionale delle aree idonee, continua a slittare. E l’Europa minaccia sanzioni.