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 2018  gennaio 19 Venerdì calendario

Niente rivoluzione Sanremo è classico

MILANO Fosse per me l’avrei fatto durare due settimane», sostiene l’entusiasta neodirettore artistico del festival Claudio Baglioni, gettando il panico tra gli addetti ai lavori, nella sede storica milanese della Rai, ma è uno scherzo, ovviamente. Sembra serio però quando nega un possibile bis: «Considero questa esperienza solo un passaggio», dice, ma lascia intendere che se proprio deve cantare le sue canzoni sarà con un ospite (Laura Pausini?). Il primo pensiero è dare tutto lo spazio ai venti brani in gara. Si è battuto perché fossero tolte le eliminazioni, che i pezzi potessero durare anche 4 minuti e che si ascoltino anche nella serata del venerdì. Era legittimo supporre una rivoluzione, in fondo è la prima volta che uno dei grandi autori della canzone firma in prima persona un festival, ma la rivoluzione non c’è stata. Almeno non in fondo. Ascoltando di seguito le venti canzoni che saranno sul palco dell’Ariston dal 6 al 10 febbraio, si percepisce che qualcosa è cambiato, sì, diciamo lo sforzo di rispettare maggiormente la musica, non ci sono evidenti brutture, i folcloristici orrori che caratterizzano la rassegna mancano, il livello medio è più alto del solito, si è evitata la sudditanza ai talent, ma se proprio dovessimo cercare qualcosa che lega le venti canzoni è più che altro un tono generale di classicità. Nulla di dirompente, né di particolarmente fantasioso.
Anche i più giovani, come spesso accade al festival, suonano più classici dei loro più maturi rivali.
Diodato, The Kolors, Caccamo, Rubino, quelli da cui ci si aspetterebbe più fantasia e innovazione, rimangono più indietro. A smuovere qualcosa ci pensano quelli de Lo Stato Sociale, allegri e sboccati, e a ricordarci in che tempi viviamo ci sono Ermal Meta e Fabrizio Moro, e perfino Elio e le storie tese sembrano al di sotto della loro imbattibile fama.
Vince l’amore, come sempre, vince quando lo canta la Vanoni, quando lo cantano Noemi e Nina Zilli, vince perfino quando lo canta Gazzè che almeno ha scelto una strada molto originale. Alla regola aurea del festival non si sfugge, e del resto Baglioni è per definizione il più amato cantore di sentimenti che abbia attraversato la canzone italiana.
Non mancherà qualche brivido.
Uno per tutti ha a che vedere con Lucio Dalla, che sarà ricordato all’Ariston nel modo migliore, con una canzone rimasta inedita e che la Fondazione ha voluto offrire al festival. Toccherà a Ron cantarla e in quel momento ci ricorderemo come la musica può unirci in un sentimento collettivo. Come facevano le canzoni di Lucio.
1) Annalisa
Il mondo prima di te
Apprezzabile il tentativo di nobilitare la sua identità, e usare la voce per obiettivi più alti.
2) Enzo Avitabile con Peppe Servillo
Il coraggio di ogni giorno
Doveva accadere prima o poi. I due insieme trasudano essenza teatrale e tribalità, per una preghiera pagana molto suggestiva.
3) Luca Barbarossa
Passame er sale
È uno struggente bilancio di vita di una coppia, ingentilito da un dialetto romanesco di nobile tradizione, che rende tutto più reale ed umano.
4) Mario Biondi
Rivederti
Un crooner dalla voce profonda, come se Isaac Hayes si fosse messo in testa di cantare un raffinato standard.
5) Giovanni Caccamo
Eterno
Incredibilmente classico per la sua età, perfino troppo, a partire dal titolo.
6) Red Canzian
Ognuno ha il suo racconto
Lui è da solo, un Pooh solitario, e si batte come un leone, ce la mette tutta, ci mette perfino del ritmo, quasi rock, quasi attuale, quasi...
7) Decibel
Lettera dal Duca
Il gruppo osa, come se il messaggio fosse arrivato direttamente dal Duca bianco, direttamente dalla leggenda David Bowie.
8) Diodato e Roy Paci
Adesso
Tra i pochi pezzi intenzionati a parlare del presente, anche se lo strumento retorico non è nuovissimo: torneremo a parlare?
Torneremo a guardare il cielo? E ovviamente il diavolo in questo caso è la tecnologia.
9) Elio e le storie tese
Arrivedorci
Sarà che l’attesa era altissima, eppure questo ennesimo capitolo dell’addio infinito del gruppo sembra debole. Ma trattandosi di loro è giusto aspettare. Magari hanno ragione loro.
10) Roby Facchinetti e Riccardo Fogli
Il segreto del tempo
Due Pooh si ritrovano dopo anni distanti e la canzone sembra parlare di questo: amicizia, memoria, rimpianti, il tempo che passa.
11) Max Gazzè
La leggenda di Cristalda e Pizzomunno
Un gioiello, un pop sinfonico con un testo ispirato a una fantastica leggenda popolare trovata dal fratello di Max, Francesco, a Vieste nel Gargano.
12) The Kolors
Frida
Ci si aspetterebbe una follia, una sana irragionevolezza, e invece sono, sentimentalmente parlando, quasi classici.
13) Ermal Meta e Fabrizio Moro
Non mi avete fatto niente
Molto potente, com’era nelle previsioni. Attuale, appassionato, tra i pochi pezzi con una marcata sensibilità verso il presente.
Si parte dalle stragi alla musica, per un rabbioso inno pacifista.
14) Noemi
Non smettere mai di cercarmi
Tra i pochi ritornelli che ci ritroveremo a cantare. Trattasi di canzone d’amore, va da sé, ma la personalità di Noemi è forte.
15) Ron
Almeno pensami
Sarà anche una canzone di quelle che rimangono nel cassetto, ma è pur sempre una canzone di Dalla e si sente. Quando Ron canta “fossi morto tornerei” c’è da piangere.
Classe infinita.
16) Renzo Rubino
Custodire
Una canzone tutta da decifrare da riascoltare con calma: “Puoi custodire l’affetto nell’insolenza”, dice. Cioè?
17) Lo Stato Sociale
Una vita in vacanza
A loro il compito di regalarci una botta di energia, disincantata, giovanilmente cinica e esuberante.
18) Ornella Vanoni con Bungaro e Pacifico
Imparare ad amarsi
Difficile capire fino in fondo la necessità di presentarsi in trio su una canzone che poteva essere cantata in solitario. Prendiamolo come un tributo alla carriera.
19) Le Vibrazioni
Così sbagliato
Sono l’unico episodio veramente rock del festival, sguaiati il giusto, vibranti e passionali.
20) Nina Zilli
Senza appartenere
L’unica donna al festival a cantare di donne. E oggi non è poco.