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 2018  gennaio 19 Venerdì calendario

Le canzoni di Sanremo

Il tecnico in camice bianco, in Rai le tradizioni sono una cosa seria, schiaccia il tasto play. «Ottanta minuti di musica», annuncia Claudio Baglioni e uno inizia a fare i conti con l’orario in cui ogni sera si chiuderà il suo Sanremo. Con tutti i limiti di un giudizio al primo ascolto, si poteva limitare il cast senza perdere nulla. 
Consiglio anche agli allergici al Festival: non perdete Ron. Porta un inedito firmato da Lucio Dalla. Il rischio era altissimo. Il business del caro estinto ci ha abituati a operazioni imbarazzanti. «Almeno pensami» è un gioiello, un testo poetico sulle distanze dell’amore che commuove come quella «goccia che mi è caduta sulla mano». Sulla strofa «fossi morto tornerei» vengono i brividi.
In categoria «promossi» c’è Annalisa: «Il mondo prima di te» è avvolgente, ritmica rallentata, elettronica e piano, lei ha aggiunto controllo alla sua voce cristallina. Ornella Vanoni si presenta con Bungaro e Pacifico: vince in eleganza e si racconta come donna che sa conservare l’infanzia senza dimenticare la seduzione. Non convince allo stesso modo il pop di «Non smettere mai di cercarmi» della terza rossa in gara: Noemi regala però uno dei pochi momenti sexy con quella «schiena nuda contro una chiesa a profanare una lunga attesa». Dimenticate le origini soul e il mondo urban/tropicale dell’ultimo album, Nina Zilli sceglie un vestito classico. Quel «donna siamo tutti» del testo è l’unico modo per riequilibrare la scarsa rappresentanza femminile in gara: 4 su 20. 
Scarseggiano le donne e anche l’impegno, ma chi ci ha provato ci ha preso. Ermal Meta e Fabrizio Moro ci mettono davanti agli orrori e al sangue degli attacchi terroristici ma ci garantiscono che «la vita va avanti» e si fa festa con una cassa folk tutta da ballare e l’allegria del banjo. Lo Stato Sociale fa satira sul tema lavoro: lo spirito è quello di Rino Gaetano, cassa dritta dance e archi alla Abba: candidato ideale all’Eurovision.
Giovanni Caccamo ha nella penna e nella faccia un lato contemporaneo che andrebbe esplorato di più: «Eterno» si affida alla tradizione di piano e orchestra, ma il brano è solido e nella serata dei duetti con Arisa la standing ovation è garantita. Max Gazzè si affida a synth e orchestra per raccontare con un testo magistrale la leggenda di un pescatore pietrificato per amore sulla spiaggia di Vieste. Il cerino del rock resta nelle mani delle Vibrazioni, fra U2 e Coldplay nel tentativo di conciliare famiglia e notti folli che arrivano all’alba, e di Red Canzian, energia alla Bon Jovi e Bryan Adams. I suoi ex compagni Pooh, Facchinetti e Fogli fanno rifugiare la storia di un’amicizia nelle sicure atmosfere sonore della casa madre. 
Mario Biondi e The Kolors hanno cambiato lingua. Il primo guarda alla classe senza tempo dei crooner ma «Rivederti» evapora rapidamente. Con «Frida» Stash e soci puntano sull’elettropop: quel «mai mai mai mai» si piazza in testa e il ritmo non ti molla. L’inglese lo recuperano i Decibel di Ruggeri con «Lettera dal Duca»: David Bowie parla dall’aldilà su atmosfere anni 80. Luca Barbarossa sceglie il romanesco per illustrare le fasi alterne della vita di coppia. Enzo Avitabile ha un passaggio in napoletano: «Il coraggio di ogni giorno» fatica a trovare una strada, ma sul palco peserà il valore aggiunto della teatralità di Peppe Servillo. La stessa su cui deve puntare Renzo Rubino. A Diodato e Roy Paci manca freschezza. L’addio, anzi «Arrivedorci», di Elio e le Storie Tese, autobiografia e follia con cambiamento di sesso provocato dagli alieni, non è all’altezza della loro carriera: grande tecnica, poca anima, si salva il finale fra psichedelia e Sgt Pepper.