La Stampa, 19 gennaio 2018
Sua Maestà il carciofo, nobile esempio di contaminazione tra orto e giardino
Nelle campagne che costeggiano l’Alhambra, a picco sull’antica città di Granada, da secoli si coltivano i carciofi. Crescono disseminati qua e là con le loro foglie argentate e vistose, tra folti ciuffi di cipressi, qualche nespolo del Giappone, molti allori e gli immancabili e celebri melograni. Un semplice ma in realtà elaboratissimo sistema di pozzi, cisterne e canaletti li protegge dalle terribili afe estive del posto, testimonianza diretta di quel sofisticato genio mediorientale che ha trovato ben più note e scenografiche realizzazioni nei giardini lì intorno...
La storia
Furono infatti gli arabi, pare, i primi a coltivare il carciofo nelle terre di Spagna, ed è dalla loro lingua (al-karsufa) che deriva il nome comune. Da noi il carciofo, quello selvatico e amaro al gusto, era già conosciuto ai tempi della Magna Grecia e poi dei Romani: furono però gli arabi i primi a crescerlo nei loro giardini di delizia della Conca d’Oro e a selezionarne varietà via via migliorate. Dalla Sicilia l’ortaggio si diffuse rapidamente in tutt’Italia e soprattutto in Toscana, dove secoli dopo incontrò la passione della futura e raffinata Regina di Francia Caterina De Medici, che lo portò con sé oltralpe. Iniziò così una concitata riscoperta del carciofo (Cynara scolymus) in tutta Europa e in Inghilterra in particolare, dove le sue enormi foglie grigie tutte frastagliate, degne del più celebre Arts and Crafts, e gli eleganti ed appariscenti fiori violetti cominciarono a venire guardati con speciale interesse anche al di fuori dei kitchen gardens. Oggi è diventato uno degli esempi più vistosi della moderna e gradevolissima contaminazione tra orto e giardino e, almeno all’estero, viene sempre più spesso proposto nei mixed-border. Ricordo un giardino nel quale lavorai ormai molti anni fa vicino a Poitier, affacciato sulla Vienne: rigorose e geometriche aiuole in bosso piantate al loro interno con carciofi e soltanto loro, in un gioco di foglie che faceva degli opposti, sia di forme che di colori, la sua vera attrazione...
Da noi rimane ancora, e chissà perché, poco utilizzato al di fuori dell’orto. E pensare che in quell’ambito siamo invece una riconosciuta eccellenza e deteniamo addirittura il primato mondiale della produzione. Il nostro è un territorio ricco di cultivar e varietà, secondo l’affascinante microgeografia che è poi una delle vere ricchezze del nostro paese e uno degli aspetti più complessi e spesso sottovalutati della nostra cultura giardiniera e non solo. La principale distinzione è tra carciofi spinosi (non per nulla il nome del genere, Cynara, fa riferimento ai denti del cane) o meno: tra i primi si ricordano soprattutto il buonissimo “Spinoso sardo”, il “Violetto di Chioggia”, il “Verde di Albenga”, nonché quello assai rinomato che cresce nelle terre acquitrinose ma leggere di Venezia, sull’isola di Sant’Erasmo in particolare che era e rimane il vero orto della Serenissima, il famoso “Violetto di Chioggia”.
La pianta
Veloci ed esigenti, i carciofi pretendono sole, acqua ed un substrato ricco e concimato, meglio se mescolato con un po’ di sabbia: sono piante rustiche e resistenti, ma un cattivo drenaggio induce con facilità marciumi radicali. Poiché è una pianta perenne che può venire coltivata per più anni nello stesso posto è consigliabile non lesinare ed essere generosi, in modo da arricchire bene il terreno. Tra le varietà non spinose la più comune è invece il «Romanesco», con il suo famoso «cimarolo», vero primogenito, e i piccoli «nipotini» o «braccioli» che chiudono un quadro orticolo-gastronomico con la loro ben conosciuta e scabra simpatia. Le piantine di carciofo possono venire messe a dimora in maggio o seminate in vaso, al riparo, già verso aprile, trapiantando poi all’aperto in giugno, in modo tale che la pianta abbia tutto il tempo di acclimatarsi gradualmente all’arrivo dell’inverno. Nella loro prima estate è consigliabile rimuovere le gemme a fiore, per fortificare l’apparato radicale: nelle estati successive, previa una fugace rassettata primaverile, gli alti fiori blu-viola saranno seguiti da preziosi raccolti. Poi arriveranno i freddi: tagliati i vecchi steli, meglio coprire tutto con paglia o cumuli di foglie e, almeno qui nel gelido Nord, rincalzare la base delle piante con un po’ di terra. Il carciofo di suo vorrebbe inverni corti ed estati calde: sole alla testa e fresco al piede...