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 2018  gennaio 19 Venerdì calendario

Pochi controlli e molta criminalità nel mercato che vale 77 miliardi

È un mercato che, nonostante la crisi ed una concorrenza selvaggia, vale ben 77 miliardi di euro. Una torta ricchissima ma anche un mercato molto frammentato, dove operano circa 100 mila imprese (116 mila quelle ufficialmente iscritte all’albo, anche se almeno 10 mila sono fittizie), ma anche un settore molto poco controllato e quindi facilmente permeabile da parte delle organizzazioni criminali. Viaggiano su gomma i due terzi delle merci italiane, spostate dal Brennero alla Sicilia e viceversa da un esercito di 400-450 mila mezzi pesanti a fronte di un parco nazionale di carri e autocarri che a fine 2016 superava quota 4 milioni. Pochi quelli di ultima generazione dotati dei più moderni sistemi di sicurezza, tanti quelli vetusti e poco sicuri (età media 15 anni). In Italia coi camion si trasporta ovviamente di tutto: entro un raggio di 50 km soprattutto minerali e prodotti delle cave (29%), lavorazioni industriali (17,1%), materie prime secondarie e rifiuti (12,7%) e alimentari (8,6%); sopra i 50 km invece vanno per la maggiore gli alimenti (17,9%), quindi metalli e manufatti (9,3%), lavorazioni industriali (9,3) ed infine prodotti agricoli, pesce e legname (8,9%).
Secondo l’ultimo Dossier sul trasporto merci redatto dall’Anfia, l’Associazione nazionale dei costruttori di auto e mezzi di trasporto, nel 2016 il valore della logistica in Italia era pari a 109 miliardi di euro, con circa 77 miliardi generati dagli operatori che lavorano conto terzi.
L’Italia, con una quota complessiva del 7%, è al sesto posto della graduatoria europea dietro a Germania (17% dei volumi totali e 310 miliardi di tonnellate/chilometro trasportate in un anno), Polonia (15%), Spagna (12%), Regno Unito e Francia (9%). In totale, secondo le ultime stime di Confcommercio, in Italia quest’anno viaggeranno su gomma all’incirca 167,5 miliardi di tonnellate/chilometro, contro i 22 trasportati via ferrovia. «Il sommerso? È certamente tanto – spiega il presidente di Conftrasporto, Paolo Uggè – ma è difficile quantificarlo. Servirebbero controlli mirati, che nel caso dell’operazione “China Truck” hanno dimostrato di funzionare, controlli a campione con pattuglie dedicate e norme più stringenti sull’Iva come chiediamo da tempo ed il problema emergerebbe in tutta la sua evidenza».
Non ci sono però solo i traffici dei cinesi a guastare il mercato: a danneggiare il settore, spiega Uggè, è soprattutto «il dumping sociale messo in atto da imprese italiane che sempre più spesso si trasformano in imprese “comunitarie” e operano dalla Romania o da altri Paesi entrati più di recente nell’Ue e da parte di imprese che invece ne prendono semplicemente in affitto lavoratori pagandoli appena 25 mila euro l’anno. In base alle norme europee qui da noi potrebbero effettuare al massimo tre operazioni di cabotaggio alla volta e non certo piazzarsi qui per sempre: anche in questo caso basterebbe effettuare un po’ di controlli di limitare notevolmente questo fenomeno». Rispetto ai cinesi Uggè lancia poi un avvertimento: «La Via della Seta per noi può essere una buona opportunità – spiega – però teniamoci il controllo dei porti, non vendiamoli ai cinesi, perché altrimenti perdiamo una delle poche leve di controllo che ci restano».