Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  gennaio 18 Giovedì calendario

Chiude “El Grafico”, un mito dello sport un Sudamerica

Il grande Alfredo Di Stefano raccontava che ogni giocatore di futbol, in Argentina, aveva soltanto tre sogni: giocare nella prima squadra del club dove era cresciuto; vestire la maglia della nazionale; finire sulla copertina di El Grafico. Il mantra della Saeta Rubia ha attraversato generazioni di ragazzini, si è tramandato da padri in figli, ha resistito a genocidi, dittature militari e ritorni alla democrazia, ma adesso l’ultimo sogno è svanito. Quella copertina non esisterà più, El Grafico chiude le pubblicazioni, ultima vittima della crisi globale che colpisce i giornali di carta. Quindici dipendenti, tra i quali il nostro collaboratore Martin Mazur, si sono trovati da un giorno all’altro per la strada. È la fine di un mondo. Premi Nobel come Gabo Marquez e Mario Vargas Llosa, assieme ad altri milioni di ragazzini dell’America Latina, sono cresciuti leggendo questa rivista sportiva che per molti anni è stata la migliore del mondo. Ancora oggi, in Italia, si ricorda come un evento straordinario il fatto che Dino Zoff. Negli anni Settanta, fosse finito sulla copertina di Time. Era una consacrazione, definiva la statura del personaggio. Bene, fatte le debite proporzioni, rapportate al mondo dello sport, la fine di El Grafico pesa come se fosse il Time a chiudere i battenti. Per me e per gli altri inviati che, da giovani, hanno frequentato il Sudamerica e percorso Buenos Aires in lungo e in largo, soprattutto negli anni d’oro di Diego Maradona, El Grafico è stato un magnifico punto di riferimento e un grande esempio di giornalismo. In Europa siamo abituati a dividere le cose con steccati, in Argentina non c’è un confine tra lo sport, la cultura e la musica, non c’è l’alto e il basso. Tutto scorre tra tante contaminazioni e molto, quasi tutto è passato per quelle pagine, che sono esistite dal 1919 e spariscono adesso, a un amen dal traguardo del secolo. Ogni decennio ha avuto i suoi protagonisti. Negli anni Cinquanta, Fangio si era aggiudicato la maggioranza relativa delle copertine, gli anni Ottanta e Novanta sono stati dominati da Maradona, mentre Messi è il padrone della scena da quando (2002) la rivista che era settimanale è diventata mensile. Prima che tivù, web e social scarnificassero peso e qualità della stampa scritta El Grafico aveva raggiunto il punto più alto della diffusione nel Mondiale ‘86. Le oltre 690 mila copie vendute dopo il successo dell’Argentina in Messico segnano il record, non più battuto. La decadenza parte dal 1998, quando la proprietà passa a un’impresa di telecomunicazioni, più concentrata sui diritti tivù che sul giornalismo. Viene anche coinvolta nel Fifa Gate, prima che cali il sipario. Triste, solitario y final come avrebbe suggerito l’Osvaldo.