il Fatto Quotidiano, 18 gennaio 2018
Il leader non si sente bene: al Paese sale la febbre a 40
È il commander in chief, il leader più importante del mondo occidentale. Ed è per questo che al presidente degli Stati Uniti d’America è richiesto non solo di essere un campione di capacità politica, ma anche di essere sano, sia fisicamente che intellettualmente. Se non lo fosse, potrebbe essere rimosso in base al 25° emendamento della Costituzione.
La discussione si è riaccesa con la pubblicazione del bollettino medico di Donald Trump, 71 anni compiuti due giorni fa, che entra nei dettagli non solo rispetto a pressione e valori del colesterolo, ma anche sull’aspetto dell’equilibrio mentale.
“La salute complessiva è eccellente – ha rassicurato il medico della Casa Bianca Ronny Jackson – non c’è inoltre nessuna indicazione di disturbi della cognizione”. La serenità mentale è argomento di dibattito a Washington. Un presidente dai comportamenti puerili è stato dipinto da Fire and Fury, il libro del giornalista americano Michael Wolff, che ha rivelato come il presidente viene “giudicato un idiota da membri del suo staff”. Affermazione a cui Trump aveva risposto a colpi di tweet, definendosi “un genio”.
Il punto è se The Donald sia in buona salute per guidare gli Stati Uniti o se invece, considerata anche la povertà di linguaggio e la ripetitività degli argomenti usati nei suoi discorsi, non si intuiscano primi segni di alzheimer (malattia che aveva colpito Ronald Reagan nel 1994, cinque anni dopo aver lasciato la presidenza), come argomenta James Hamblin su The Atlantic.
Già rispetto al motto mens sana in corpore sano il presidente americano non sta messo proprio bene. Al contrario del predecessore Barack Obama – sempre in forma e dalle abitudini salutiste – ma anche del repubblicano George W. Bush, ex alcolista è vero ma appassionato almeno di golf – l’immagine pubblica dell’attuale inquilino della Casa Bianca è quella di un consumatore in sovrappeso di hamburger e bibite ipercaloriche.
La salute era stato un tema chiave nella campagna elettorale nel 2016 anche per la sua sfidante democratica Hillary Clinton, che tra svenimenti in pubblico, un precedente caso di trombosi alle vene cerebrali, e una polmonite, aveva dovuto rendere nota agli elettori la propria storia clinica. Altri tempi quelli di presidenti, anche loro democratici, come John F. Kennedy – a cui a causa del morbo di Addison era prescritta una grande quantità di farmaci da prendere quotidianamente – o Franklin D. Roosvelt, accanito fumatore con problemi cardiaci, alla guida del Paese dalla sedia a rotelle su cui lo aveva costretto dall’età di 38 anni la poliomelite.
L’attenzione alla condizioni fisiche e mentali dei leader non riguarda solo gli Usa. Nel caso del presidente francese François Mitterand, morto di cancro alla prostata un anno dopo la fine dei suoi due settennati (1981-1995), sono stati i medici dell’Eliseo a tenere nascosti tanto i dettagli delle sofferenze che quelli delle dolorose cure a cui si sottoponeva. C’è poi il caso del rivoluzionario cubano Fidel Castro, ammalatosi a 80 anni e morto a 90 nel 2016, il timore che la scomparsa di un simbolo gettasse l’Avana nel caos di una transizione disordinata. Altra storia quella del suo alleato Hugo Chavez, Il presidente del Venezuela: si era arreso tre anni prima a un cancro che i suoi sostenitori avevano trasformato in arma politica, giudicandolo “frutto di un complotto internazionale”.