il Giornale, 18 gennaio 2018
L’Italia è sempre più vecchia: spesi 10 miliardi per le badanti
Milano Non è bello trasformare in numeri e somme di denaro la fatica e la sofferenza di tante famiglie, così come la difficoltà degli anziani, soprattutto gli over 80, a vivere in autonomia una stagione spesso non facile della vita. Eppure, tra i dati del rapporto Aiop (Associazione italiana ospedalità privata) che arrivano oggi in Senato c’è anche questo: gli italiani spendono 10,7 miliardi di euro per le badanti, portando così a quasi 40 miliardi di euro le spese sanitarie e assistenziali out-of-pocket, pagate di tasca propria. Sia aggiuntive (come i ticket) che sostitutive (il medico in libera professione o il ricovero in clinica privata) rispetto al sistema sanitario nazionale.
Il sociologo Nadio Delai, presidente di Ermeneia e autore del rapporto «Ospedali e Salute», che negli anni ’70 al Censis è stato tra i pionieri nel calcolare il sommerso, ritiene che 10,7 miliardi siano una stima decisamente al ribasso: «La popolazione tende a crescere, perché invecchia, e le famiglie interessate dal tema sono 723mila. Sono stato prudente, perché la somma è più alta, ho ricostruito il dato da varie fonti, non solo l’Inps. La media ufficiale risulta abbastanza bassa perché alcuni la tengono in nero, ad altri non va neanche di dirlo, molti dichiarano prestazioni ridotte. Spesso una persona ha tre badanti di tipo diverso. Io ho avuto mia mamma non autosufficiente ed è arrivata ad avere cinque badanti».
La spesa sociale per badanti è un esempio macro di ciò che avviene in sanità in molti altri campi. Nell’ultimo decennio le spese sanitarie out of pocket sono cresciute del 22,4 per cento, mentre la spesa sanitaria pubblica è lievitata solo del 14,2 per cento, a differenza di quel che è accaduto in Paesi come Francia e Germania.
Secondo il rapporto, i cittadini spendono di più e allora, come forma di difesa, usano il pronto soccorso impropriamente. Il 20 per cento sostiene che in linea di principio, se ha un problema, va al pronto soccorso e questo determina la territorializzazione dell’ospedale. In pratica «un uso improprio del pronto soccorso» quale strada alternativa di accesso ai servizi ospedalieri.
Secondo lo studio, le persone dichiarano di preferire rivolgersi a uno specialista ospedaliero o privato, così risulta più facile effettuare analisi, accertamenti o farsi ricoverare (59,2 per cento) o addirittura ammettono di usare la «scorciatoia» del pronto soccorso anche quando le liste d’attesa per le visite specialistiche, gli accertamenti diagnostici o i ricoveri sono troppo lunghe (26,8) o addirittura scelgono di rivolgersi sin dall’inizio al pronto soccorso ospedaliero piuttosto che ai servizi Asl «per non perdere tempo» (19,7). Inutile dire che le lungaggini riguardano le Regioni del Sud più che quelle del Nord e che gli spostamenti fuori regione sono in direzione Sud-Nord. Ma anche nelle Regioni più virtuose fare una Tac, una visita oculistica o un elettrocardiogramma non urgente può diventare una questione non esattamente delle più brevi.